Mi hanno spifferato che, qualche giorno fa, in uno dei ristoranti più rinomati romani di pesce, Matteo Renzi disinvoltamente si è abbuffato con una pasta all’aragosta. A pranzo! A pranzo?!? Chiedo scusa all’ex premier e ai lettori per questa futile – in apparenza – chiacchiera gastronomica, ma i motivi d’interesse sono almeno quattro…
1. Il filotto culinario è stato aperto da Calenda e Zingaretti: ormai esiste, non è colpa mia se diventerà un tormentone.
2. Aragosta a pranzo è segno di un buon appetito: se sarà limitato alla cucina, è apprezzabile.
3. Anche la disinvoltura mi piace, Matteo mi sta diventando simpatico: si infischiava degli sguardi basiti che lo fulminavano dagli altri tavoli.
4. Anch’io sono, con evidenza, invidioso. Per di più sono allergico ai crostacei (che mi piacerebbero un botto). Non solo: purtroppo anche il mio portafoglio é allergico alle banconote, indispensabili per aragoste in un ristorante di élite.
In conclusione… Sono forse meschino? Confesso, non posso escluderlo. E mi rimetto alla clemenza dei lettori.
OGGI VI DICO CHE… I SALUTI
“Mi auguri un buon giorno, o vuoi dire che è un buon giorno che mi piaccia o no? O che quest’oggi ti senti buono, o che è un giorno in cui si deve essere buoni?” (J.R.R. Tolkien)
“E’ la frase più vuota e al tempo stesso piena di messaggi umani: ‘Arrivederci’.”
(Kurt Vonnegut, scrittore americano)
“Nessun uomo che non sia un gentiluomo nell’animo è mai stato, da che mondo è mondo, un vero gentiluomo nei modi. ” (Charles Dickens)
“Creare un luogo comune è genio. Devo creare un luogo comune.” (Charles Baudelaire)
ATTUALIZZANDO… MI SALUTI LA SIGNORA
“Mi saluti la signora!” Ma se la signora non gradisce affatto di essere salutata? Penso che sarebbe molto utile, per le nostre relazioni, evitare di cadere nella trappola dei soliti luoghi comuni, frasi fatte, banalità prive del pur minimo calore umano. Da tanti anni sogno di scrivere un libro che raccolga – una sorta di piccolo dizionario – le sciocchezze del nostro linguaggio.
ARROGANZA MASCHILISTA…
Non ci riesco, non trovo il tempo. E intanto la società cambia, cambiano le mode, i costumi. Soffermiamoci sul citato esempio: “Mi saluti la signora!”. Che roba è? Due maschi si incontrano, chiacchierano, prendono un caffè e al momento di salutarsi si scambiano questo cenno di falso riguardo, di cortesia cavalleresca. C’è chi ci ha (intra)visto un indizio di prepotenza maschile. Salutami la tua signora (siamo noi che comandiamo…) e cosi mi tolgo il fastidio di farlo di persona, all’occorrenza, in modi dovuti, più opportuni e rispettosi.
ME TOO È IN AGGUATO
E se la signora non avesse la minima voglia di essere salutata, neanche sfiorata, da questo omaggio? Spero – ma non ci giurerei – che non sia imminente un intervento di “Me Too”. E di Asia Argento. Nè penso che, almeno a breve, assisteremo a due signore che, al momento di congedarsi, si dicano: “Mi saluti suo marito!”…
TANTE BELLE COSE? È ANCHE PEGGIO
È solo una stupidaggine, lasciamo stare sia le signore che i signori. Ancora più insensato mi sembra il saluto accompagnato da “tante belle cose”. Ma quali sono le belle cose? Ah, a saperlo! Sarebbe risolto l’irrisolvibile problema della ricerca della felicità. E poi, belle a giudizio di chi? Non scherziamo: ciò che è bello per te, non è necessariamente bello per me. Anzi, se ci mettessimo a stilare un elenco, probabilmente salterebbe fuori qualche bella, anzi brutta, sorpresa. Per fortuna, i saluti sono sempre più frettolosi e forse questo è il motivo che ci spinge alle frasi fatte.