Alessandro Barbero, Kirsten Dunst, Alan Friedman, Lars Von Trier.
MORTI: Eva Braun, Luisa Ferida, Adolf Hitler, Sergio Leone, Edouard Manet, Osvaldo Valenti.
QUANDO OTTONE LICENZIÒ MONTANELLI
Lascio la parola a Stefano Mignanego, figlio di Ottone (nome d’arte di Piero).
“INDRO MONTANELLI E MIO PADRE…
In questi giorni sono uscite dall’archivio storico di Spadolini alcune lettere, una delle quali ha destato l’interesse dei giornali: è quella nella quale Montanelli racconta il suo licenziamento dal Corriere, avvenuto per decisione di mio padre, d’intesa con l’editore Giulia Maria Crespi. Sono pagine interessanti della storia del nostro giornalismo. Una bella ricostruzione della vicenda è dovuta a Cesare Lanza, che l’ha pubblicata sul suo sito qualche anno fa, da testimone diretto dell’intera vicenda. Qui di seguito allego quello che ha scritto. Aggiungo solo qualche frammento di ricordo, da figlio già allora appassionato di giornali…”
LA MIA INTERVISTA…
“Montanelli nell’intervista a Lanza contestava la linea editoriale del Corriere e si dichiarava pronto a fondare un giornale alternativo. Mio padre, in quanto direttore, non poteva accettare un attacco del genere, ricordo che ci diceva “è come se un alto dirigente della FIAT dicesse che le macchine che producono sono inaffidabili e non sono da comprare…”. Cosa poteva fare? D’accordo con l’editore, si tenne anche un consiglio di amministrazione, decise che Montanelli doveva lasciare il giornale. Andò a comunicarglielo a casa sua. Ci disse che si commosse, e aggiunse che così fece anche Montanelli: piansero entrambi.
La perdita era grave, mio padre ne soffrì, ma era anche convinto dell’inevitabilità della decisione, il principio andava salvaguardato.
Concludo con una accenno alla famosa prima pagina del Corriere sulla gambizzazione di Montanelli, visto che Lanza ne parla, preciso nella ricostruzione.
Mio padre quel giorno era a Venezia per un incontro. Organizzò il giornale per telefono. Chiese di far intervistare Montanelli da Enzo Biagi, e così fu fatto. Lo spazio dato a Montanelli fu di tutto rispetto. E a riprova di ciò, ricordo che qualche giorno dopo Montanelli chiamò al telefono mio padre (in quel momento era a casa) per ringraziarlo. Qualcuno potrà pensare che si trattasse di ringraziamento ironico. Ma io non credo. Anche perchè negli anni successivi ripresero a sentirsi e a vedersi. Su tante cose la pensavano in modo molto differente, con prese di posizione anche forti, ma il rispetto reciproco non è mai mancato. E avevo allegato questa prima pagina”
ATTUALIZZANDO… LA MIA VERITÀ SUL LICENZIAMENTO
Sono passati molti anni, ma è facile prevedere che del licenziamento di Indro Montanelli dal Corriere della Sera si discuterà ancora a lungo. Le versioni si sono moltiplicate, sono diventate dieci, cento. Mi ha scritto Lucio Palombini, professore emerito di anatomia patologica all’università Federico II di Napoli: “La scomparsa di Ottone è stata ricordata anche per il licenziamento di Montanelli dal Corriere. Leggo che Montanelli rilasciò poi a lei una dura intervista. Pensa di potere dare oggi il suo punto di vista sulla vicenda?” Rispondo: l’intervista non fu “poi”, ma prima, e fu il motivo – o il pretesto – del clamoroso licenziamento.
L’INTERVISTA A MONTANELLI
All’epoca ero vicedirettore del “Secolo XIX” di Genova e collaboravo al prestigioso “Il Mondo”. Indro mi accolse nella sua bellissima casa in piazza Navona, a Roma. Non mi aspettavo la requisitoria con cui parlò della svolta filocomunista – a suo parere – del Corrierone, i toni sprezzanti verso la proprietaria Giulia (Giuda, così la definì), il tradimento verso la borghesia lombarda, il progetto di fondare un anti-Corriere. Quando mi congedai e gli dissi che l’intervista sarebbe apparsa su “Il Mondo” entro un paio di giorni, Indro ebbe un attimo di perplessità: forse aveva pensato che lo sfogo finisse nelle pagine del giornale di Genova, autorevole certo, ma con una diffusione regionale. Non so, non disse niente, allargò le braccia; “Va bene così”. Forse non aveva ancora maturato la rottura, forse pensava semplicemente di mandare un avviso, un messaggio. O forse fu solo una mia sensazione.
UNA REAZIONE CLAMOROSA
Questi sono i fatti, che vissi direttamente. Il botto fu notevole. Non ho mai ricevuto tante telefonate come in quei giorni, e allora non esistevano i cellulari.
Montanelli avrebbe potuto smentire, come fanno molti, troppo spesso, di fronte al chiasso suscitato dalle sue dichiarazioni. Non avevo registrato nulla, non l’ho mai fatto: allora come oggi mi fido dei miei appunti e della mia memoria. Indro non smentì una virgola. Non era uomo da abbassarsi a volgari meschinità.
COME FU COMUNICATO IL LICENZIAMENTO
Quanto al seguito, ecco ciò che so e presumo. Il licenziamento fu voluto da Ottone o dalla signora Crespi? Non ho una testimonianza personale. Piero ha dichiarato che fu lui a muoversi, dicendo alla proprietaria, Giulia Maria, che il rapporto con Indro non era più sostenibile. Un mio amico, Gaetano Greco Naccarato, presente all’incontro, mi disse che solo Ottone pianse, quando comunicò il licenziamento a Montanelli, che ne prese atto freddamente. Secondo altri, si commosse anche Indro.
Sia Ottone che la Crespi, successivamente hanno riconosciuto, più volte, che il licenziamento del più famoso giornalista italiano fu un errore.
ERO E MI SENTO LEGATISSIMO A OTTONE
La mia stima per Piero Ottone è totale, con l’aggiunta di un immenso affetto: mi aveva assunto come capo dello sport, quando era direttore del “Secolo XIX“, poi mi promosse caporedattore, accordandomi fiducia, nonostante fossi il piu giovane, nel giornale. E quando passò al Corriere, suggerì a Sandro Perrone, direttore del Messaggero e proprietario del quotidiano romano e di quello genovese, di promuovermi ulteriormente. Dopo una breve direzione di Marco Cesarini Sforza diventai vicedirettore del popolarissimo Sandrino, che però, in lite col cugino Ferdinando, non si muoveva da Roma e mi aveva dato la massima fiducia per la confezione del “Decimonono“.
LA MIA OPINIONE CONCLUSIVA…
Penso di essere oggettivo, di non essere influenzato dalla stima e dall’affetto. Licenziando Montanelli, Ottone commise un errore. Anche i grandi possono sbagliare, anche Piero che è stato grandissimo. Così come grandissimo, anzi mitico è stato Montanelli, sempre per l’inimitabile scrittura e poi anche come fondatore e direttore del Giornale. Infine, non credo alla diceria, secondo cui Montanelli avesse preteso per sé, dopo l’esonero di Giovanni Spadolini, la direzione – che fu affidata a Ottone. Non credo che le divergenze tra i due fossero legate a questo, per me non credibile, retroscena.
LA DIVERGENZA ERA SULLA LINEA DEL GIORNALE
Si trattò di due modi diversi di concepire il Corriere. Montanelli, liberale illuminato, era un conservatore, anticomunista, pregiudizialmente sostenitore della democrazia cristiana, anche a costo “di turarsi il naso”, come scrisse argutamente in una vigilia elettorale. Ottone era un liberale progressista, trattò i partiti in ugual modo, apri ai comunisti, fino al suo avvento emarginati. Era inflessibile e sicuro di sé. Non ebbe timore della fuga delle grandi firme, che seguirono Indro: il Corriere non perse una copia. Col Giornale Montanelli pensava di creare un anti- Corriere, diffuso a Milano e nella regione, a difesa della borghesia lombarda, a suo parere tradita. Invece il quotidiano diventò da subito un quotidiano nazionale, sostenitore dei più alti valori della destra.
ULTIMA PUNTUALIZZAZIONE…
Fuori tema, colgo l’occasione per rettificare una diffusa e violenta critica verso Ottone: avrebbe nascosto il nome di Montanelli in prima pagina, quando Indro fu gambizzato dalle Brigate Rosse. La verità è più complessa. Vero (e fu un’omissione grave) che il nome non apparve nel titolo di apertura. Ma nello stesso giorno gli attentati furono due, anche Vittorio Bruno del Secolo XIX fu gambizzato. E in prima pagina fu pubblicata un’intervista di Enzo Biagi a Indro. Infine: fu Ottone a decidere o era assente, quel giorno, da via Solferino? E fu informato per telefono? Non so rispondere, non c’ero. Le versioni sono diverse: è incredibile come la cronaca sia deformata (spesso anche in malafede) e la ricostruzione storica inevitabilmente ne risenta.
OGGI VI DICO CHE … OTTONE E MONTANELLI
“Sarò ricordato solo come quello che ha pubblicato Pasolini in prima pagina e ha licenziato Montanelli”. (Piero Ottone)
“Chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore.” (Indro Montanelli, dalla lezione di giornalismo all’Università di Torino, 12 maggio 1997; citato in La Stampa, 14 aprile 2009.)
“A leggerlo sembrerebbe un disordinatore di professione: sempre pronto a mugugnare, sempre a prendersela con qualcuno. Poi però, quando si tratta di scendere sul pratico, ci consiglia di turarci il naso e di andare a votare per l’Ordine. vallo a capire”. (Luciano De Crescenzo)
“Indro è naturalmente inclinato, direi quasi condannato a vedere più i tics degli uomini che le loro qualità e nessuno come lui fa più uso, nei suoi ritratti, dell’acido prussico”. (Eugenio Montale)
“La stampa italiana funziona male: noi contribuiamo al degrado dispensando notizie con licenza di uccidere”. (Piero Ottone)
cesare@lamescolanza.com