RICORRENZE. NATI IL 24 MAGGIO

Ilaria Alpi, Nathalie Caldonazzo, Eric Cantona, Eduardo De Filippo, Bob Dylan, Daniel Gabriel Fahrenheit, la Regina Vittoria del Regno Unito.
MORTI: Niccolò Copernico, Duke Ellington.

TOTÒ, UOMO GENEROSISSIMO, AMAVA I CANI

Totò, nel 1965, fece costruire un canile a Roma: “L’Ospizio dei Trovatelli”. Era un uomo generosissimo, tra tante testimonianze ecco cosa disse Vittorio de Sica: “A parte l’artista ricordare l’uomo Totò mi riempie di commozione: era veramente un gran signore, generoso, anzi, generosissimo. Usciva di casa con molti soldi in tasca per darli a chi ne aveva bisogno e, comunque, a chi glieli chiedeva”.

L’OSPIZIO DEI TROVATELLI

Totò, nel 1965, fece costruire un canile a Roma: “L’Ospizio dei Trovatelli”, per il quale spese 45 milioni di lire, una cifra enorme, non solo all’epoca. Il principe della risata era famoso anche per questa cura dei “trovatelli” (non “randagi”, una parola che lo irritava). Lietta Tornabuoni, grande firma de “La Stampa”, una volta lo accompagnò in un canile. In un articolo scrisse un ricordo personale del rapporto che univa Totò ai suoi trovatelli. “… si poteva osservare sempre la stessa scena. Totò scendeva dall’auto e entrava dai suoi “randagi”. Una festa: gli si precipitavano addosso tutti insieme abbaiando, mugolando, scodinzolando, puntandogli le zampe sul cappotto. Lo riconoscevano, ma Totò aveva la vista danneggiata e non riusciva a individuarli. Né avrebbe potuto distinguerli dal nome. Ai cani quasi mai attribuiva un nome (“Mica sono figli”). Li chiamava tutti “cane” e basta”. In questa definizione, “cane” e basta, era racchiuso tutto il suo grande amore per ciascuno di loro, indistintamente. Per molti anni però i nomi li aveva dati, scegliendoli con la sua arguzia.

L’INTERVISTA A ORIANA FALLACI

In un’intervista alla celebre scrittrice, alla domanda sui motivi per i quali recitasse anche in film di scarsa qualità, Totò rispose:
–“Signorina mia (…) io non posso vivere senza far nulla: se vogliono farmi morire, mi tolgano quel divertimento che si chiama lavoro e son morto. Poi sa: la vita costa, io mantengo 25 persone, 220 cani… I cani costano…”.
– “Duecentoventi cani?!? E perché? Che se ne fa di 220 cani?!”
– “Me ne faccio, signorina mia, che un cane val più di un cristiano. Lei lo picchia e lui le è affezionato lo stesso, non gli dà da mangiare e lui le vuole bene lo stesso, lo abbandona e lui le è fedele lo stesso. Il cane è nu signore, tutto il contrario dell’uomo. (…) Io mangio più volentieri con un cane che con un uomo.”

DICK, IL BARONE, E IL VISCONTE PEPPE

Totò ha avuto anche cani “suoi”. Uno dei più noti era Dick, un pastore alsaziano, un cane poliziotto in pensione. Dick apparve anche in uno dei suoi film, “Totò a Parigi”, ed è proprio a lui che Totò dedicò una delle sue bellissime poesie.
Totò giocava anche a dare titoli nobiliari ai suoi cani…: “Dick, il mio cane lupo, era barone. Peppe, il mio cane attuale, è visconte. Visconte di Lavandù. Gennaro, il mio pappagallo, è cavaliere. Li ho investiti io”.
Ad ognuna delle bestiole Totò aveva dato un nome: Stortone, che aveva le zampe anteriori sbilenche; Tabù, che era un incrocio di molte razze; Rosina, Martino….. Ben presto i cani da venti diventarono più di duecento e Totò non li abbandonò mai.
Una volta, per uno di loro che non aveva le zampe posteriori, aveva fatto costruire un congegno con due piccole ruote, in modo che, sia pure a fatica, potesse muoversi.

OGGI VI DICO… I CANI

“Chi non ha avuto un cane non sa cosa significhi essere amato”. (Arthur Schopenhauer)

“Il cane è la virtù che, non potendo farsi uomo, si è fatta bestia”. (Victor Hugo)

“La storia offre più esempi della fedeltà dei cani che di quella degli amici”. (Alexander Pope)

“I cani sono migliori degli esseri umani perché sanno ma non dicono”. (Emily Dickinson)

“Quanto più conosco gli uomini, tanto più amo i cani”. (Madame de Sévigné)




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