Il mal di schiena – non posso più definirlo sciatica, medicine in attesa di accertamenti – si è puntualmente riacutizzato, vado avanti con Brufen e Oki (preziose medicine con nomi che potrebbero essere quelli di campioni esotici di football): chiedo ai miei gentilissimi lettori e visitatori di avere un po’ di comprensione. Non avrò, oggi, un filo conduttore, mi abbandonerò a qualche volo pindarico – là dove mi spingono le fitte insieme con la fantasia. Lo spunto iniziale è il dolore, ma non farò la vittima, mai più. Ho sempre inteso questo cosiddetto blog come un diario personale, la mia unica preoccupazione, scrivendo di me e di ciò che penso, è quella di non annoiarvi.
OGGI VI DICO CHE… IL DOLORE IMPREZIOSISCE L’ANIMA
“Il dolore è il gran maestro degli uomini. Sotto il suo soffio si sviluppano le anime”. (Marie von Ebner-Eschenbach, “Aforismi”, 1880)
ATTUALIZZANDO… LEGGO, SCRIVO, STUDIO. MUSICA E CALCIO
“Il miglior antidoto al dolore è il lavoro”: lo dice Arthur Conan Doyle ne “Il ritorno di Sherlock Holmes”, 1905. E io al lavoro mi aggrappo, come principale antidoto al dolore e al disagio. Leggo, giornali e autori preferibilmente classici, scrivo, tre libri da ultimare, e studio anche un po’. Forse star seduto per ore davanti al computer non fa bene al mal di schiena. Forse è triste restar chiuso in casa, mentre a Roma, dopo una meravigliosa settembrata, una splendida ottobrata continua a regalarci preziose giornate di sole. E tuttavia Conan Doyle (non solo lui) ha ragione: niente di meglio che il lavoro, bellissimo in solitudine, come rifugio terapeutico contro qualsiasi depressione, che sia fisica, psicologica, sentimentale… É un consiglio che ho sempre dato a tutti. Eccomi pronto, come sempre, ad applicarlo: con qualche indispensabile intervallo, per me la musica
e le partite di calcio. Anche per evitare di pensare al non senso assoluto della nostra vita, come meglio di tutti la descrisse Arthur Schopenhauer: “La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia”.
ALFIO MARCHINI FOR SINDACO DI ROMA
Questa mattina, a “L’aria che tira”, in tivù, si è parlato molto di Alfio Marchini e della sua candidatura a sindaco di Roma, dopo la disastrosa esperienza che abbiamo vissuto con Ignazio Marino. In un video ci è stata proposta questa sintesi giornalisticamente apprezzabile: “è troppo bello per fare politica, troppo ricco per essere votato a sinistra, troppo di sinistra per essere votato a destra”. E Tommaso Cerno, direttore de “Il Messaggero Veneto”, ha affrontato con brillante acume i paradossi della politica, osservando che Marino si candidò a Milano e arrivò terzo quando vinse Pisapia, poi Marino si candidò a Roma e così fu eletto a Roma “lo scarto di Milano.” Infine, travolto Marino, si candida Marchini che da Marino fu battuto alle precedenti elezioni… Ho già ricordato che con Alfio ho un rapporto di parentela: mio padre era fratello di sua madre, quindi con sua madre siamo cugini. Non abbiamo rapporti assidui e intimi, ma credo di conoscerlo abbastanza bene per poter affermare che sarebbe un ottimo sindaco. É un manager, un imprenditore abile e concreto: non ha dissipato il patrimonio, l’impresa di famiglia. É onesto e apprezzabilmente utopista: sa guardare in alto. E quello slogan? Se è bello, avrà più voti. Se è equilibrato, e quindi sostanzialmente indipendente e apprezzato sia a destra sia a sinistra (concetti vetusti…), questo non è un handicap, ma un positivo biglietto da visita – di fronte a elettori sempre più disgustati dalla vecchia, tradizionale politica.
Ribadisco invece quale sia, a mio sommesso parere, l’unico problema che Marchini dovrà risolvere. A parte il punto interrogativo che riguarda le possibilità del Movimento 5 Stelle, ritengo che Alfio possa ottenere i voti necessari per diventare sindaco. Ma avrà anche bisogno di un largo consenso popolare, se poi vorrà governare con successo. E per conquistare (come gli auguro) un largo consenso popolare, dovrà convincere l’elettorato che non è un personaggio, un protagonista, un leader che arriva dall’elite – così oggi lo considera istintivamente la gente – ma un uomo nuovo, un moderno dirigente, un “capo” capace di cambiare Roma e risolverne i problemi, nell’interesse della città e dei cittadini.
COMPORTAMENTI CRITICABILI / 1. MAURO MORETTI, DI FRONTE ALLA TRAGEDIA
Un “Convertiplano” sperimentale, avrete letto, è precipitato nel Vercellese. Due morti: “Era in fiamme, il pilota l’ha portato lontano dalle case”. La tragedia alla periferia di Santhià, le vittime sono un pilota di Sesto Calende (Varese) e un ex ufficiale della Marina statunitense. Il velivolo precipitato, un Agusta Westland Aw 609, è un “ibrido” aereo-elicottero. I testimoni: “Ha preso fuoco sull’abitato”. La procura di Vercelli indaga: “Omicidio colposo con disastro aviatorio”.
Raggiunto dalla notizia nel corso di un convegno sull’innovazione a Expo, l’ad di Finmeccanica, Mauro Moretti ha chiesto un minuto di silenzio per i due piloti deceduti. “Abbiamo avuto adesso la notizia che un nostro prototipo in prova è caduto. Stiamo aspettando altre notizie, ma questo non ci deve fermare nella ricerca e nell’innovazione”. E questo, salvo errori deprecabili, è tutto. Su internet non si trova nulla di un suo sopralluogo, eppure Moretti era ad un’ora d’auto (autostrada Milano-Santhià), molti si sono chiesti giustamente come mai non abbia subito avvertito l’elementare dovere di lasciare il convegno, per recarsi sul luogo della sciagura. Per di più, si è subito avuto notizia del sacrificio del pilota, l’eroe che ha evitato una strage, con l’estremo e disperato tentativo di atterrare in emergenza, lontano dalle case, in un campo agricolo.
Il pilota era Pietro Venanzi, 53 anni e quattro figli, la bimba più piccola ha solo sei anni, collaudatore storico dell’Agusta (nell’incidente ha perso la vita anche Herbert Moran, dell’Oregon, che viveva vicino a Novara). “Hanno perso la vita mettendo in sicurezza la gente – dicono gli operai -. Probabilmente avrebbero potuto salvarsi lanciandosi con il paracadute, ma dovevano portare il velivolo lontano dalle case”.
Nel 1995, leggo in una cronaca del “Corriere della Sera” di Riccardo Rotondo, in aeronautica militare aveva compiuto una manovra eccezionale sul cielo di Carpi, tanto che l’Aviazione lo aveva premiato con la medaglia di bronzo al valore. Si trovava su un elicottero monomotore, in fase di accelerazione dopo il decollo. Il motore si inceppò, dovette effettuare un atterraggio immediato in autorotazione. Impostò l’unica difficile traiettoria praticabile. Una lucidità perfetta. “Raro e limpido esempio di eccezionale capacità professionale, di coraggiosa determinazione” scrissero nelle motivazioni.
Mi auguro che Moretti faccia, ora, almeno questo: ovvero tutto ciò che gli è possibile – non è certo poco – per provvedere alle necessità della famiglia in lutto, con quattro figli minorenni, per onorare il sacrificio del suo eroico dipendente.
COMPORTAMENTI CRITICABILI / 2. MASSIMO GILETTI INSULTA NAPOLI
“Napoli indecorosa, c’è spazzatura a ogni vicolo”, dice disinvoltamente il conduttore di “L’Arena”. E subito esplode la bufera, sui social, contro il conduttore – come puntualmente riferisce il sito del “Corriere della sera”. “Tensione in un dibattito sui biglietti gratuiti allo stadio. In studio con il conduttore anche il leader leghista Matteo Salvini.”
“Voi iniziate a far andare avanti la vostra città, che è indecorosa, in certi punti abbandonata. Se si esce dalla piazza centrale della stazione uno trova immondizia in tutti i vicoli”. Giletti ha proseguito: “I cittadini napoletani, che sono per la maggior parte onesti, subiscono da troppo tempo una politica molto scarsa. Non spetta a me fare il politico. Si faccia un giro intorno alla Stazione Centrale e veda il degrado. Prenda un treno della metropolitana e chieda ai pendolari”. Al centro del dibattito, i biglietti per lo stadio San Paolo che finiscono gratis nelle mani dei consiglieri del Comune. L’avvocato Antonio Crocetta accusa il conduttore di non dare spazio ai problemi del Sud Italia: “La Rai non vuole parlare del Meridione. Lei sta facendo campagna elettorale e il governo è assente su Napoli”. Giletti replica: “Lei non dia regole alla Rai, che ha fatto un grande lavoro andando a raccontare con film e fiction i problemi della camorra”. Gli insulti alla “Napoli indecorosa” hanno immediatamente scatenato la bufera sui social network. Su Twitter: “Giletti sempre pronto a infangare Napoli addirittura con Salvini presente – scrive un follower – la vera “emergenza rifiuti” è nello studio della Rai”. E ancora si legge: “E io dovrei pagare il canone per sentire Giletti infangare Napoli? La vera emergenza rifiuti è alla Rai”.
Un semplice commento: a causa della sua ruvidità intellettuale, Giletti non è al primo infortunio, quando si occupa di argomenti complessi. Non riesce, ogni volta, a collocare un problema nel contesto della realtà: Napoli ha certamente problemi di immondizia, ma non più gravi di quelli sofferti da tante altre città, a cominciare da Roma, dove Giletti vive. Perché offendere Napoli e i napoletani? Perché non ricordare (l’ho scritto anch’io, qui, varie volte) che la stazione Centrale di Napoli è un modello di pulizia e di efficienza? Il conduttore populista si appella a chi prende una metropolitana e ai pendolari: gli sfugge che a Roma e perfino a Milano i disagi e le testimonianze dei pendolari sarebbero identici e anche più allarmanti.
Mi auguro un intervento della “nuova” Rai, una esemplare tirata d’orecchie per ricordare un dovere di sobrietà e serietà a chi rappresenta l’azienda pubblica.
INFINE, SUL DOLORE, UNA RIFLESSIONE ESEMPLARE DI ORIANA FALLACI
“Incredibile come il dolore dell’anima non venga capito. Se ti becchi una pallottola o una scheggia si mettono subito a strillare presto-barellieri-il-plasma, se ti rompi una gamba te la ingessano, se hai la gola infiammata ti danno le medicine. Se hai il cuore a pezzi e sei così disperato che non ti riesce aprir bocca, invece, non se ne accorgono neanche. Eppure il dolore dell’anima è una malattia molto più grave della gamba rotta e della gola infiammata, le sue ferite sono assai più profonde e pericolose di quelle procurate da una pallottola o da una scheggia. Sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare”. (Oriana Fallaci)
02.11.2015