“Trovo che la televisione sia molto educativa. Ogni volta che qualcuno l’accende, vado in un’altra stanza a leggere un libro” (Groucho Marx).
“Fra trent’anni l’Italia sarà non come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione” (Ennio Flaiano).
“Tutti parlano di giochi di squadra, ma c’è solo individualismo fra i politici e fra la gente: la tv ci sta abituando a pensare ognuno per sé” (Adriano Celentano).
“La televisione è come la merda. Bisogna farla ma non guardarla” (Gianfranco Funari).
ATTUALIZZANDO… Il FLOP DI SANTORO
Digitando www.ildecoder.com potete leggere, se volete, una elegante, oggettiva analisi di Davide Maggio, che nel suo blog riflette sui pessimi risultati di Michele Santoro, mercoledì sera al suo ritorno in Rai (“Italia”, sul secondo canale). Il flop non mi stupisce, su “La verità” sono andato oltre: “Michele chi” vive ormai nel culto di se stesso, di ricordi e d’indomabili ambizioni. Perciò i suoi fastidiosi toni autocelebrativi non mi hanno stupito. Anzi, ho previsto che Santoro si inventerà qualcosa, una qualsiasi polemica politica con i dirigenti Rai, come ha sempre fatto, per provocare chiasso, uscire e continuare a scorrazzare da un network all’altro, incassando buoni contratti e nascondendo i risultati sempre più deludenti. È stato un grande e innovativo conduttore, un attore: ora è finito, succede. Sappiamo che non è facile ritirarsi dalle lusinghe del video. Ma c’è un limite. Non so se sia un buon produttore, un imprenditore: cioè non so se gli affari gli tornino. Me lo auguro per lui, penso di sì, se è vero che sa far bene i conti.
A GIULIA INNOCENZI / CONSIGLI NON RICHIESTI
Non conosco Giulia Innocenzi. Avendola vista alla conduzione, mesi fa ne scrissi con entusiasmo, stima e ammirazione. Avevo solo un dubbio e, dopo aver seguito la prima puntata di “Italia“, la perplessità si è rafforzata. La Innocenzi mi sembra soffocata dalla personalità, dagli indirizzi e dalle esigenze di Santoro. Per affermarsi farebbe bene a trovare altre strade.
a
CARESSA / DIMENTICA GLI ALGORITMI!
Mi sembra di aver già scritto quanto sia ridicola la pretesa di Fabio Caressa, ch’era un ottimo telecronista (erede all’altezza dei leggendari Nicolò Carosio e Nando Martellini), di proporre algoritmi per valutare il rendimento e le potenzialità delle squadre di calcio. E non sapevo se ci fosse attendibilità scientifica! Ora, consiglio a Caressa di leggere un gran bel pezzo di “L’Espresso” del 2 ottobre. Il titolo già dice tutto: “Com’è ingiusto l’algoritmo”. E poi: “I modelli matematici che decidono sulla nostra vita non sono neutri e oggettivi come si crede. Anzi: sono arbitrari, ideologici, irresponsabili e privi di ogni trasparenza. Durissima accusa della comunità accademica a un dogma contemporaneo”.
Aggiungo: applicato nel calcio, l’algoritmo è incomprensibile. Fabio, ravvediti: se non altro, per evitare le risatine e i sorrisi irridenti dei tuoi ospiti in studio (Bergomi, Mauro, Vialli…).
ATTACCO (IN MALAFEDE?) AL GIOCO
Se volete, digitando www.lamescolanza.com, troverete la cronaca di un ultimo episodio in cui si tende a demonizzare il gioco d’azzardo o anche semplici giochi, che rientrano nello standard di piccole lotterie. Io non so se ci sia buona o malafede, o pura incompetenza. Per l’ennesima volta invito a tre riflessioni. La prima: in nessun Paese, tra i tanti non meno civili del nostro, esiste questa furiosa campagna censoria, moralistica, ingiustificata. La seconda: per le casse dello Stato, gli introiti provenienti dal gioco sono preziosi per il bilancio. La terza: se il gioco fosse proibito, dallo Stato passerebbe alle mafie e alle camorre, come è sempre successo, di fronte a illiberali proibizionismi.
Conclusione: non c’è motivo per osteggiare le attività del gioco o per progettare di proibirlo; tocca allo Stato, come succede dovunque, vigilare e intervenire, in caso di abusi e reati.
cesare@lamescolanza.com
06.10.2016