“Del passato ricordo solo le speranze nel futuro”
“Tutto passa, e quel che resta passerà presto” (Roberto Gervaso)
ATTUALIZZANDO… METTI UNA SERA IN TERRAZZA DA GERVASO (E CON MONORCHIO)
Una splendida serata della primavera romana, il cielo con luci e bagliori che inteneriscono il cuore: la terrazza di Roberto Gervaso a fronte del Colosseo, il mio vecchio amico gentilissimo con un foglietto in mano, un prezioso regalo. Un bouquet dei suoi aforismi, con un biglietto: “Mi permetti, con l’umiltà evangelica che mi contraddistingue e con mecenatesca magnanimità, farti dono di questi frutti maturi della mia ancora immatura saggezza?”. A seguire un centinaio di aforismi, con digitazione incerta e numerose correzioni, battute a macchina su una mitica Olivetti 22 che gli regalò Indro Montanelli. Seduti fianco a fianco, a rievocare ricordi remoti, durante un ricevimento proposto a tanti suoi amici di rango (me escluso, s’intende) convenuti e raccolti dal desiderio di votare – indovinate chi? – Franco Romeo alle imminenti elezioni per il Comune di Roma. Anche Gervaso, come me, non vota da lustri, ma questa volta lo farà per amicizia e gratitudine perché l’insigne medico gli ha salvato la vita. Io no, ma sostengo pubblicamente Romeo e andrò a votarlo nelle prossime elezioni, dopo questa del 2016, se potrò farlo, ovvero se salverà la vita anche a me…
Tanto per essere crudi, eravamo due vecchietti seduti su due sedie e dovevamo ispirare tenerezza, visto che molti si fermavano a salutare Roberto, anche i giovani, perfino qualche bellissima ragazza, ormai lontana dai nostri possibili desideri. Per me, l’incontro più piacevole è stato con Andrea Monorchio, ragioniere dello Stato per una quindicina di anni, servitore della Repubblica, stimato da tutti. Non lo conoscevo di persona, ma lo seguivo da sempre, senza osare di disturbarlo per avere il privilegio di una conversazione con lui. Monorchio possiede quel poker di virtù – rarissime – che immediatamente mi affascinano: serietà nell’impegno del lavoro, coraggio, competenza e cultura, libertà di mente. Ho scoperto un uomo affabile, ironico, gentile: addirittura mi ha dato del tu e, vi assicuro, lo dico da giocatore incallito, quando incontro questo poker di qualità mi emoziono di più rispetto a quando lo vedo nelle mie carte, al tavolo verde. Di più: Monorchio mi ha detto che legge questo diario con piacere e mi stima perché mi riconosce indipendente e libero d’intelletto. Arrossisco nel riferire qui tutto questo, ma un diario di confidenze è il solo diario che io possa scrivere.
METTI UNA SERA A CENA, DA LINUZZA
Si chiama Angela Passalacqua, Lina per gli amici, Linuzza per me perché è un gioiello particolare, tra le mie amicizie. È una pittrice di fama importante, considerata l’ultima futurista. Ahimè, l’ho conosciuta tardi, quarant’anni fa mi sarei steso ai suoi piedi. L’occasione arrivò da un libro che dedicai a una futurista, “Rosa Rosà”, pseudonimo di Edith von Haynau, una nobildonna austriaca (la mamma era dama personale della principessa Sissi) venuta in Italia per uno sciagurato amore con un cazzaro genovese: amica di Marinetti, intellettuale e viaggiatrice curiosa, pittrice certamente inferiore alla mia adorata Linuzza e tuttavia accolta nella grande rassegna che si è tenuta l’anno scorso a New York sul futurismo. Rosa Rosà è la prozia di un mio caro amico. D’impulso, perché così sono fatto, avevo deciso di scrivere una trentina di pagine da regalare al mio amico, scontento che l’eminente parente non fosse adeguatamente apprezzata in famiglia. Quel regalino natalizio divenne invece un libro di oltre duecento pagine, grazie alla qualità del mio gruppo di ricercatori.
Ed eccoci al punto, e non sorridete! Sono un bon vivant e un buon gustaio, come ben sapete. Linuzza organizzò una cena con il mio amico e con Fiammetta Jori, di cui tenacemente ripeto che la considero il mio premio Nobel personale per la poesia. E si rivelò, Linuzza, una raffinatissima cuoca, anche creativa. Così le cene si susseguirono. Quella di ieri mi resterà impressa non solo per la grazia di Linuzza e di una sua amica archeologa, Maira, ma anche per le tartine di pomodori secchi e salsa di fichi, per una pasta al pesto che solo mia moglie Antonietta sa eguagliare, e, soprattutto, per un pollo all’ananas, con una salsa la cui bontà intender non può chi non la prova! Con la solita sfacciataggine, ho chiesto a Linuzza di darmi un gavettino da portare a casa, per mostrare ad Antonietta come un pollo in cucina, in una pentola, possa diventare un’opera d’arte.
P.s. E sapete cosa ho portato alla mia dolce Linuzza in regalo? Una straordinaria immagine di Kate Moss, nuda. Che pensate? La mia amica ha perfino finto di gradirla.
LOIERO, RIACE E ROMEO / ULTIMA PUNTUALIZZAZIONE
Spero di non dovermi più occupare di questo (mis)fatto, intuisco la noia dei miei lettori. Tuttavia, un amico mio e di Agazio Loiero mi stuzzica con la più banale tra le domande possibili: “Ma tu e Agazio, non eravate, non siete amici?”. Sull’amicizia sto scrivendo un libro dal titolo provvisorio “Cento buone ragioni per non credere nell’amicizia”, e questa è la mia prima risposta. Poi, dal momento che siamo tutti amici, aggiungo che Loiero è un amico a suo modo schietto, intelligente e colto, e probabilmente anche affezionato. Tuttavia, in cinquant’anni (lo conosco da quando mandava al “Corriere dello Sport” interessanti pezzetti dalla Calabria), abbiamo avuto qualche problema, uno importante, ormai seppellito, e ne ho già parlato. Qual è il problema di Agazio, perlomeno con me? La sua democristianità purissima e inconfondibile, un’identità incancellabile, un moto perpetuo e stabile dell’anima. Questa caratteristica lo ha portato alla politica dove ha avuto indubbiamente successo, a destra e a sinistra, di passaggio sempre al centro, due volte ministro, governatore della Calabria. La priorità per il proprio ego e per le proprie ambizioni, nella democristianità (non solo nella democristianità) è una radice ferrea. Per me, insopportabile.
Questo benedetto convegno per noi calabresi – decine di migliaia solo a Roma – per proporre vita e opere del sindaco di Riace e di Franco Romeo è stato suggerito e strenuamente caldeggiato da me. Lo immaginavo come un confronto interessante e stimolante tra il sindaco che è riuscito a risolvere il problema delle migrazioni, il medico apprezzato in tutto il mondo da una parte, e noi “compaesani” calabresi, che avremmo posto qualche domanda utile. Invece, Loiero, past president, e Mario Oliverio, attuale governatore della Calabria, si sono appropriati della scena, ci hanno stordito con un alluvione di chiacchiere politiche banali e autoreferenziali. Di più: Oliverio è arrivato con un’ora di ritardo, di fatto contribuendo a soffocare i tempi previsti per il dibattito. Sono cose che mi indignano. Proprio l’amicizia verso Loiero e il rispetto per chi mi legge mi hanno spinto a scrivere. Spero di finirla qui!
“FIRENZE MAI VISTA”, IN RAI IL 9 GIUGNO…
Piovono gli spot, si annuncia un reportage di Piero Angela su una Firenze “mai vista” (ed è d’obbligo crederci, conoscendo le qualità di Piero). Presumo che il programma sia stato registrato e confezionato con la consueta meticolosità angiolesca. Ma qualche giorno fa sia i fiorentini che i telespettatori d’ogni angolo del mondo sono rimasti esterrefatti per un’altra Firenze mai vista, deturpata sui lungarni. Una domanda sorge spontanea: il programma sarà adeguatamente aggiornato?
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“MALEDETTI TOSCANI”? MA NO, LI BENEDICO…
“Maledetti toscani” è il nome di un ristorante che si ispira al celebre libro di Curzio Malaparte. Penso che Malaparte condividerebbe: in questo caso sono d’obbligo le benedizioni, senza limiti. La cucina è eccellente grazie allo chef Ciro, che ha girato tutto il mondo e inventa piatti deliziosi. Il servizio ai tavoli è attento, veloce, professionale: in primis cito Giacomo. L’arredo è divertente, almeno duecento fotografie di personaggi di tutto il mondo, devo citare Oliviero Beha (lo stimo molto, però forse la collocazione è esagerata) tra Spadolini, Montanelli, Churchill e Oriana Fallaci. Alla fine, ragazzi miei, viene il bello: il conto, tra dieci e venti euro, è di una mitezza che considererei, vista la qualità del cibo, senza precedenti. Vi consiglio un’invenzione di Ciro, come antipasto, il baccalà trattato con una sorta di melanzane alla parmigiana. Ma io mi sono buttato anche sulla pappa al pomodoro, introvabile a Roma, e le polpette della nonna. Buon appetito, in via Monte Pertica 45.
cesare@lamecolanza.com
27.05.2016