“C’è di tutto: mantenute, raccomandati, epurati, miracolati. È come l’annuario del Censis: ci si possono leggere tutti i fenomeni sociali. Alcuni da baraccone”. (Enrico Mentana)
“Inutile fasciarsi la testa. Ogni volta che cambia governo cambia la Rai.” (Simona Ventura)
“Lavorare per Rai 1 è come camminare sulle uova.” (Paolo Bonolis)
ATTUALIZZANDO… IL MISTERO (POCO GLORIOSO) DEL SERVIZIO PUBBLICO
I pasticci, scandalosi e ripetitivi, in Rai, continueranno ad affliggerci ancora a lungo. Il problema è che, alla radice dei pasticci, o meglio, soprusi insopportabili, ci sono due peccati originali: il primo è la pressione politica dei vari governi e dei partiti, sia di maggioranza sia di opposizione. Il secondo è un ipocrita fraintendimento: la bandiera del servizio pubblico, che la Rai dovrebbe svolgere.
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RICORDANDO BERNABEI…
Potremmo lasciar perdere le pressioni politiche, tutti ne abbiamo continuamente consapevolezza. Vorrei solo dire che c’è modo e modo di esercitare controllo e pressione. La Rai fanfaniana di Bernabei fu criticatissima, invece si è rivelata la migliore da quando in Italia – 1954 – è nata la televisione. Il pugno di ferro di Bernabei è stato esemplare: c’era spazio (vigilato) per le opposizioni, c’erano opere teatrali di alto livello e anche popolari, trasmissioni educative, c’era soprattutto uno stile diffuso. nei programmi, dignitoso, rispettoso verso i telespettatori. C’erano esagerazioni (proibite le gambe nude delle ballerine), ma la qualità era ben superiore a quella di oggi.
SE RENZI, NEGLI ANNI CINQUANTA…
Vero è che allora la Rai agiva in un regime di monopolio, non aveva concorrenza. Ma proprio per questo avrebbe potuto approfittarsi del suo dominio: ve l’immaginate un Renzi padrone assoluto (ciò che vorrebbe essere oggi) negli anni Cinquanta? Cosa avrebbe combinato?
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IL TABÙ DEL SERVIZIO PUBBLICO
Piu semplice il tabù del servizio pubblico, che in realtà non esiste. Viene sbandierato dai politici, che così possono controllarle la Rai e inquinarla a loro piacimento. Ditemi una sola trasmissione, da servizio pubblico, che la Rai possa vantare e le altre televisioni non fanno! Non esiste. Esiste una disgustosa omogeneizzazione. Con lo scandaloso obbligo da parte dei cittadini: il pagamento di un canone, che non ha più alcuna ragione di esistere. Ci sono soluzioni? Certo: eliminazione del canone, privatizzazione. Ma la politica non ci pensa proprio.
OTTONE/MONTANELLI, QUELLA PRIMA PAGINA…
Ieri chiudevo le cinque della sera con una domanda. Chi decise e confeziono la discussissima prima pagina del Corriere della sera, il giorno dopo l’attentato a Indro Montanelli. Il direttore, Piero Ottone, era in sede?
Mi é stato inviato uno scritto di Gianni De Felice, un ottimo giornalista, sempre affidabile:
“Piero non ne aveva alcuna responsabilità. Quel giorno era a Venezia. Il vicedirettore – morto pure isso, perciò non lo nomino – gli lesse i titoli della prima pagina a tarda sera, senza scendere nei dettagli dei sommari. Dopo anni mi disse che quel sommario era “giornalisticamente sbagliato” e che lui avrebbe messo il nome di Montanelli perché era popolare e dunque “giornalisticamente significativo“. Questa è la verità e l’ho scritta in ‘Corsera sconosciuto’, il mio libro.”.
DISSENTO SU DUE PUNTI…
Testimonianza importante. Ma non concordo su due punti. Il primo, comunque il direttore – non a caso, lo sono stato anch’io molte volte – si definisce responsabile. Doveva pretendere di più dal suo vice e il suo vice aveva il dovere di informarlo con precisione. Secondo dissenso, sull’omissione del nome del vice, perché defunto. Mi dispiace dover concludere anche oggi con una domanda. Chi era il vicedirettore del Corriere, che quel giorno decise di omettere il nome di Montanelli, gambizzato, dal titolo di apertura del giornale? Franco Di Bella (non credo, ma non lo so), Michele Tito o Gaspare Barbiellini Amidei?
ANCORA DUE PUNTUALIZZAZIONI
La prima: anche Stefano Mignanego, figlio di Piero (Ottone era un nome d’arte, uno pseudonimo) mi conferma De Felice: “Quel giorno mio padre era a Venezia per un convegno. Decise per il fondo e per l’intervista, non fece i titoli della prima pagina”. Seconda: anche La Stampa, all’epoca diretta da Arrigo Levi, non pubblicò il nome di Montanelli nei titoli di prima pagina.
Tutto questo, per la cronaca. Ottone (che stimo come un direttore grandissimo) commise un errore. Levi anche, ma Montanelli non era stato un pilastro del giornale torinese.
INFINE…
Buon week end a tutti. Sarà un week end importante, spero non insanguinato. Forse si deciderà il destino della Francia e dell’Europa. Sono imparziale, ma la vittoria di Marine Le Pen eventualmente non mi fa paura, forse scioglierebbe molti equivoci.
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21/04/2017