Lieve è il dolore che parla.
Il grande dolore è muto.
(Seneca)
Il suicidio dimostra che ci sono nella vita mali più grandi della morte.
(Francesco Orestano, filosofo italiano)
Quando chi lo interrogava chiese: “Che ne pensi del prestito del denaro?” Catone rispose: “Che ne pensi dell’omicidio?”.
(Cicerone)
L’uomo è nato per soffrire e ci riesce benissimo.
(Roberto Gervaso)
ATTUALIZZANDO… IL LINGUAGGIO SULLE BANCHE
Al di là di tutti i guai e i drammatici problemi che conosciamo, per le vicende bancarie mi auguro che si possa rivedere anche il linguaggio usato dai politici e dai giornalisti. Mi riferisco alla parola “sofferenze”, che rischia di farmi venire l’orticaria ogni volta che la leggo o che la sento, nei talk show.
COSA VUOL DIRE “SOFFERENZA”
Sofferenza, in lingua italiana, è il dolore che un individuo può provare, nel corpo o nella mente. Se una delle vittime delle truffe bancarie sente parlare di “sofferenza”, è probabile che – legittimamente – pensi a un riferimento alla propria condizione di dolore, di fronte all’inganno perpetrato a suo danno.
L’AMBIGUO, MELLIFLUO GERGO…
Invece, no. “Sofferenze” è la parola che, in gergo, gli istituti di credito e gli esperti di economia, con delicata sobrietà, utilizzano per indicare i debiti dalle banche accumulati e non esigibili, non più incassabili. Sono gli investimenti di poveri clienti inconsapevoli, indotti da funzionari incapaci e/o disonesti a puntare su titoli pericolosi, inaffidabili, infine azzerati. E purtroppo sono anche e soprattutto le montagne di denaro regalate, dai vertici delle banche, a imprenditori scaltri, a finanzieri e avventurieri, sulla base di progetti inconsistenti: denaro che non sarà mai restituito né, con ogni probabilità, recuperato.
LE PAROLE PIÙ APPROPRIATE…
Queste, sono in gergo, le sofferenze! Le parole più appropriate sarebbero: ladrocini, vergogne, sprechi, debiti incauti e via dicendo. Perché le sofferenze vere e devastanti sono solo quelle (70 miliardi, nel complesso) patite dai poveri risparmiatori. Quelli che hanno avuto il torto di fidarsi della banca, considerata amica, a cui avevano affidato i loro soldi, frutto di sacrifici di una vita. Non scherziamo anche con le parole, per favore.