“Non è bello che tutti si debba pensare allo stesso modo, è la differenza di opinioni quella che rende possibili le corse dei cavalli.” (Mark Twain)
“Un inglese non scherza mai quando si tratta di una cosa importante come una scommessa.” (Jules Verne)
“Il nostro – diceva Flaiano – è un Paese di giocatori del totocalcio.” (Enzo Biagi)
ATTUALIZZANDO… CARLO ROSSELLA HA PAGATO IL PRANZO
Udite, udite: Carletto ha finalmente onorato la scommessa che aveva perduto, con me. I lettori più affezionati sanno bene di cosa parlo: avevo scommesso, con lui e Marco Benedetto, che Silvio Berlusconi sarebbe stato protagonista in remote elezioni. Elezioni rimaste memorabili, in cui il Cav, ch’era sceso in campo sfavoritissimo, recuperò in modo inatteso, tra l’altro andando in casa del “nemico” Michele Santoro e spolverando col fazzoletto la poltrona in cui era seduto Marco Travaglio. In palio c’era un semplice pranzo. Benedetto provò inutilmente a saldare la parte sua, invitandoci ripetutamente: Carlito el drito era sempre impegnatissimo, o fuggiasco. E io ho perseguitato l’amico caro cento volte, in questa rubrica, per di più con gli epiteti che gli hanno affibbiato, il più divertente Rossella 2000.
NIENTE MENO CHE ALL’HASSLER
Carletto ci ha invitato all’Hassler, non all’ultimo piano, ma a pianterreno, a destra subito dopo l’ingresso. Era vestito, presumo d’abitudine, come se dovesse essere ricevuto al Quirinale, io casual al pari di Benedetto, che è arrivato con il suo solito quarto d’ora di ritardo. Champagne, salmone, poi per me un’ottima amatriciana rivisitata dallo chef (di cui vi parlerò). Alta società, secondo la frivola rubrica che Rossella ogni giorno pubblica, da lustri, sul Foglio. In attesa di Marco, ho detto a Rossella che ero felice di incontrarlo e di averlo “obbligato” a pagare la scommessa, ma anche di essere dispiaciuto perché non potrò continuare a punzecchiarlo, a farmi beffe di lui. E poi gli ho regalato una profonda riflessione psicologica su di lui.
AL TAVOLINO DELL’ANGIOLILLO
Ci è stato dato il tavolino preferito da Maria Angiolillo. “Nel libro che Vespa, con Candida Morvillo, le ha dedicato, è scritto che io avrei un record di presenze ai ricevimenti dell’Angiolillo, nella sua casa che si affacciava su piazza di Spagna. Bruno però dieci volte più di me…”, dice Carlo. Intanto arriva il cameriere e lo scommettitore perdente ne approfitta per informarci di aver inventato un particolare hamburger agli spinaci. Evito di ordinarlo! La sensazione è di trovarmi di fronte a un elegante maestro di efferato snobismo, che nella sua vita è riuscito a collezionare direzioni e presidenze come io mettevo insieme le figurine Panini dei calciatori. Così punto dritto all’analisi psicologica.
CARLETTO SECONDO LA MIA FILOSOFIA
“Forse pochi lo immaginano”, dico a El Drito “ma per te ho una stima profonda. Perché hai qualità giornalistiche eccezionali. Purtroppo sei uno dei simboli della mia filosofia di vita, il non senso assoluto.”
Mi ha guardato interrogativamente. “Potevi raggiungere qualsiasi traguardo, entrare nella storia del giornalismo e forse ci sei entrato, comunque. Invece hai preferito accontentarti di accumulare denaro e incarichi di prestigio, senza mai litigare con nessuno, o meglio andando d’accordo con chiunque, Berlusconi e Agnelli e i papi, la variegata politica per arrivare alla poltrona del tigiuno…”
“Ho pensato ai cazzi miei”, ha mormorato anziché mandarmi a quel paese, confermando che gli snob possono consentirsi un eloquio che su altre labbra sarebbe giudicato volgare.
WOODY ALLEN E OSCAR WILDE
Ho tentato invano di indurre Benedetto e Rossellino a una nuova scommessa politica: troppo lontane le elezioni, non è stata accolta la mia previsione che Grillo arriverà al 35, anche 40 per cento. E non abbiamo formalizzato un curioso contrasto: non ho voglia di fare ricerche, vi propongo il quiz tale e quale. Sostenevo che la celebre battuta “Non mi iscriverei mai a un club che mi accettasse come socio” debba essere attribuita a Woody Allen. Secondo Rossella, fu inventata – ben prima – da Oscar Wilde. Sappiatemi dire!
HASSLER, IL MERITO A CHI LAVORA
Quattro parole sono doverose per coloro a cui va attribuito il merito del successo del ristorante, a pianoterra. Due nomi in particolare: Marcello Romano, chef capo, che lavora all’Hassler da 18 anni, dove iniziò da ragazzetto: ha il merito di aver introdotto nel menù piatti mediterranei tipici come, oltre all’amatriciana, addirittura la coda alla vaccinara. È nativo di Brussano (Napoli). Il secondo nome è quello del compitissimo maitre, Andrea Moschetti, che si ricordava (fa sempre piacere, ai clienti) delle mie incursioni, all’inizio del Duemila. Con piacere segnalo anche l’addetta alle pierre e alle relazioni esterne: Anna Pellò, attenta e tempestiva.
30.03.2017