OGGI VI DICO CHE… LA NAZIONALE NON DOVEVA GIOCARE

“Fino all’ultimo ho sperato che l’Italia avrebbe rinunciato a giocare la partita in segno di lutto e di rispetto per i morti di Dacca, lasciando alla Germania la vittoria sul campo” (Domenico Mazzullo).

 

ATTUALIZZANDO… L’ITALIA NON É IL PAESE CHE SOGNO

Concordo con il mio amico Mazzullo, con una lieve modifica: le istituzioni – il governo e le autorità sportive avrebbero fatto bene a chiedere il rinvio del match e la solidarietà degli altri Paesi europei. In caso di rifiuto, avrebbe fatto bene a ritirare
la squadra. Il punto è questo: le parole sono chiacchiere al vento, i gesti ufficiali sono atti concreti. Noi italiani abbiamo dato solidarietà a tutti: “Siamo tutti americani…” “Je suis…” questo e quell’altro. L’atroce fine dei nostri nove connazionali in Bangladesh
meritava una reazione ferma, forte, dignitosa: anche per svegliare e compattare la coscienza della maggior parte degli italiani, raramente disponibile a riflettere, abitualmente propensa a distrarsi (in questo caso dall’attesissima partita di calcio) dai doveri primari. Facile, a parole, mostrarsi commossi, emozionati, in lacrime coccodrillesche; più difficile assumere un atteggiamento chiaro di orgoglio e di cordoglio generale.
Adoro il mio Paese, ma so bene che non vivo nell’Italia che sognerei. L’Italia che sognerei sarebbe un Paese capace di ottenere giustizia per i nostri lavoratori uccisi in Libia, in circostanze misteriose; di esigere e di avere la verità sulla morte
orribile del giovane Regeni in Egitto; di ottenere quanto meno scuse ufficiali, formali ma significative, da parte degli Stati Uniti che intercettavano disinvoltamente e illegalmente le telefonate e gli atti del nostro governo. Tanto per riferirmi a episodi recenti, aggiungerei anche quello, di due giorni fa: un Paese capace di evitare la figuraccia rimediata all’Onu, dove siamo andati per entrare nel consiglio di sicurezza e siamo usciti, mortificati da 70 voti contrari perché siamo considerati (giustamente?) inaffidabili.

IL PIANTO DI BUFFON…? LA VITA CONTINUA
Buffon

Mazzullo mi ha scritto ancora: “L’immagine del calciatore italiano che piangeva perché l’Italia è stata eliminata, subito dopo le immagini di quanto è avvenuto mi ha indignato e mi induce a credere che siamo alla fine. Un abbraccio desolato”.
In questo non sono d’accordo. Mi sembra giusto distinguere, comunque la vita continua, deve continuare. Un conto è assumere un provvedimento concreto a livello istituzionale – il rifiuto di giocare la partita – mentre altra cosa é pretendere reazioni
eticamente nobili da parte di tutti. Utopisticamente, mi sarebbe piaciuto che fossero stati gli stessi calciatori a chiedere di rinviare o annullare la partita. Ma se la partita si gioca, è umano che alcuni protagonisti della nostra squadra, delusi, si siano abbandonati, peraltro pudicamente, a un pianto liberatore. Ho visto Buffon, Bonucci e altri piangere, ho giocato al calcio, comunque come tutti nella vita ho provato l’aspro sapore di una delusione forte e immeritata: non mi è mai piaciuto piangere, ma spesso non riesco a trattenermi, di fronte a notizie su ingiustizie palesi e, in particolare, di fronte a violenze inflitte a vittime innocenti, a bambini. Non mi indigna
il pianto dei calciatori, non mi sembra giusto metterlo a confronto con lo strazio per le vittime di Dacca.
Invece, e mi sembra che Mazzullo, psichiatra, si riferisca proprio a questo, altro discorso riguarda le cronache dei telegiornali. Non li ho seguiti, non ho un’esperienza diretta. Ma se è successo – non è improbabile – che alcuni telegiornali abbiano disinvoltamente mescolato l’orrore di Dacca con l’amarezza della sconfitta della Nazionale di calcio, questa sì che sarebbe un’autentica cialtroneria. Sottolineo “se” (ma spesso si sono verificate queste volgarità), per rispetto dei miei colleghi. Il problema è avere il senso della misura e dell’opportunità. Per Dacca, abbiamo ritenuto di cavarcela con la fascia del lutto al braccio dei calciatori: è vergognoso. Mi auguro che i telegiornali – ma spesso non succede – abbiano saputo distinguere la differenza ovvia che passa tra una tragedia brutale (per di più una minaccia per il nostro futuro) e una normale sconfitta nel gioco del calcio.

QUALCOSA (DI CRITICO) SULLA NAZIONALE
Vignetta di Giannino

Non mi ha stupito l’unanimità di enfasi, e di retorica, dei mass media dopo la sconfitta ai calci di rigore della nostra Nazionale nel match con la Germania. Gigantesco titolo del “Corriere dello Sport”: “Grande Italia”. E della “Gazzetta dello sport”: “Su la testa”. E non c’è stato (mi sembra) un solo commentatore in tivù o sui giornali – a cominciare dal number one Mario Sconcerti, abitualmente gelido e severo – che abbia avvertito la necessità di eccepire. Mi sento dunque spaesato e temerario. Ma in questo diario/rifugio fin dal primo giorno abbiamo deciso di dire e scrivere ciò che sentiamo giusto, e dunque consentitemi – per una partita che non avrei voluto vedere – qualche sommessa critica: 1. La nostra squadra ha giocato un discreto primo tempo. 2. Nel secondo tempo non è esistita, è riuscita a pareggiare grazie al rigore regalatoci da un giocatore tedesco. 3. Per tutta la partita ci siamo limitati a osservare il gioco, dominante pur senza frutti, della Germania: neanche un tiro in porta! 4. Conte avrebbe dovuto fare qualche cambio nel secondo tempo, Insigne doveva essere inserito dopo un quarto d’ora al massimo. 5. Anziché far entrare Zaza, a freddo, per fargli tirare (in modo sconcio, ma questo non si poteva sapere) un rigore. Era preferibile dare spazio, per questo compito, a De Rossi, uno specialista, un rigorista affidabile. 6. Abbiamo sbagliato quattro rigori in modo ridicolo: preoccupante che gli errori siano apparsi come un segno, psicologico, di sicurezza, se non addirittura (vedi Pellè) di arroganza. La squadra, alla fine, non ha avuto l’indispensabile concentrazione. 7. Dico un’eresia se sostengo, come mi ha fatto notare il mio amico Siro Brugnoli, che la prima regola nei calci di rigore dovrebbe essere quella di tirare – al minimo – il pallone in porta? 8. Tattica troppo prudente? É questa la nota meno piacevole: abbiamo dato l’impressione – non è una novità, nella tradizione calcistica italiana – di essere concentrati solo difensivamente e di confidare in un colpaccio, o ai rigori.

LA GERMANIA, COMUNQUE, AVREBBE VINTO AI PUNTI

GermaniaAmmetto che la Nazionale ha disputato un buon campionato, ha battuto Belgio e Spagna, è apparsa una “squadra”… Ma gli eccessi di retorica non mi piacciono. Quanto all’eliminazione, ho già scritto che il metodo dei rigori decisivi dovrebbe essere abolito. Ma, anche con una giuria legittimata a giudicare come nella boxe sul merito (possesso palla, tiri in porta, calci d’angolo, falli, ammonizioni, espulsioni, ecc), la Germania – anch’essa deludente – avrebbe comunque vinto ai punti.

cesare@lamescolanza.com
04.07.2016