“La memoria è tesoro e custode di tutte le cose”. (Cicerone)
“Noi siamo la nostra memoria,
noi siamo questo museo chimerico di forme inconstanti,
questo mucchio di specchi rotti.” (Jorge Luis Borges)
“Dove vien meno l’interesse, vien meno anche la memoria.” (Goethe)
“Era ancora troppo giovane per sapere che la memoria del cuore elimina i brutti ricordi e magnifica quelli belli, e che grazie a tale artificio riusciamo a tollerare il passato.” (Gabriel Garcia Marquez)
ATTUALIZZANDO… L’ETÀ DEI RIMPIANTI E DEI RIMORSI
Sono arrivato ad un’età in cui sarebbe sciocco frenare la memoria, con i conseguenti rimpianti e rimorsi. E soprattutto le riflessioni su ciò che ho imparato e ciò che non sono riuscito a capire. Non voglio tediarvi: mi limito a due confidenze. Sono pochissimi i rimpianti e i rimorsi, rifarei tutto ciò che ho fatto. Mi dispiace di non aver avuto un maestro filosofo in gioventù, il poco che ho imparato (da autodidatta) è frutto di fatica, sudore e schiaffi in faccia. Rimpiango di non essere risuscito a fare ciò che desiderava mia madre esclusivamente, e cioè studiare e scrivere, però non posso biasimarmi per aver fatto altre scelte: due matrimoni (il primo da ventenne), cinque figli, quindi l’esigenza di lavorare e guadagnare bene e subito, la curiosità per qualsiasi intrigante novità e tanto altro.
La seconda confidenza è dolorosa: non credo di essere esattamente un vegliardo – vado per i 75 – ma la memoria mi porta a tanti amici che se ne sono già andati. Persone meravigliose con cui – eccolo, un rimpianto – mi dispiace di non aver avuto frequentazioni più assidue. Tra i tanti, anche qualche personaggio importante, che non frequentavo più assiduamente un po’ perché sono un orso di natura, un po’ per il timore di apparire ingombrante: Leonardo Sciascia, Marco Pannella, Giacomo Mancini, Bettino Craxi… qui sotto, il ricordo và ad un amico carissimo, poco più anziano di me, che mi insegnò molte cose della vita e del mestiere.
GIORGIO TOSATTI, 10 ANNI DOPO
“Oggi sono 10 anni che Giorgio se n’è andato. Il vuoto che ha lasciato è sempre grande, come lo erano la sua umanità e la sua voglia di vita. 10 anni dopo vogliamo ricordarlo così, come era: buono, irruento, spiritoso dolce e insopportabile proprio come solo lui sapeva essere. Continua a mancarci, tanto; veramente tanto.
Ivana, Daniele e Bruno Tosatti”
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IL MIO RICORDO
Giorgio, al Corriere dello Sport (diretto da Antonio Ghirelli), a metà degli anni sessanta fu il mio caporedattore. Ruvido. Giusto. Generoso. Umanissimo. Non sopportava di aver torto (raramente lo aveva, pignolo com’era) o di perdere: a poker le sue urla, si sentivano in tutto il palazzo. Dunque a volte insopportabile, come ricordano con affetto Ivana e i figli. Però non ho mai conosciuto un altro uomo, come Giorgio, altrettanto insopportabile e tuttavia capace di risultare simpatico, spontaneo, insostituibile per cordialità, razionalità, altruismo, senso dell’amicizia. Questa era, umanamente, la sua singolare qualità. Quanto alla qualità professionale, un vero numero uno: come altri colleghi di quella irripetibile stagione (Gianni Brera, Gino Palumbo, il “mio” adorato Ghirelli, Maurizio Barendson, Gualtiero Zanetti, Gianni Clerici, Gian Paolo Ormezzano e tanti altri) era molto di più di un giornalista sportivo, era di classe superiore rispetto ai tanti tromboni e soloni celebrati nel giornalismo politico. Nelle analisi calcistiche introdusse i riferimenti alla statistica, come elemento di valutazione e riflessione. Non ero d’accordo (una partita di calcio può cambiare da un istante all’altro, per ragioni imprevedibili) e ne discutevamo. Però la sua intuizione fu profetica. Oggi il giornalismo sportivo, salvo pochissime eccezioni, è ben poca cosa. E di statistica di abusa, a Sky un telecronista anche bravo, Fabio Caressa, nei dibattiti ricorre addirittura ai logaritmi. Chissà cosa ne penserebbe oggi Giorgio, dotato come pochi di ironia (anche verso se stesso).
L’ITALIANO, IL LATINO, IL GRECO…
La memoria mi porta all’ incantesimo che mi ha sempre regalato lo studio della lingua italiana. E anche il latino. E infine ho sulla scrivania un libro di , che ho già citato: “La lingua geniale. Nove ragioni per amare il greco”, Laterza. Ho già confessato quanto ostico mi fosse il greco: per superare gli esami, lo studiavo “a macchinetta”, come si dice, imponendomi di rispettare i minuti necessari per memorizzare i verbi. Se ce la facevo, mi concedevo un premio: un po’ di televisione, un dolce, una telefonata a una ragazza…se non ce la facevo, per cocciutaggine, dai cinque minuti inizialmente previsti, passavo a quattro o addirittura a tre…(una regola della mia vita è sempre stata quella di equilibrare la fatica col divertimento: studiare e lavorare sì, ma divertirsi sempre, se possibile in egual misura). Quanto al greco, com’è ovvio, dei verbi nella capoccia non mi è rimasto assolutamente nulla. E molte volte ho pensato che si sia trattato di una mia lacuna intellettuale. Dal momento che niente succede a caso, eccomi la grecista Andrea piombarmi sul tavolo con questo – ho sfogliato qualche pagine – meraviglioso libro. Andrea ha viaggiato moltissimo, ha vissuto in dieci città diverse, tra cui Parigi, Dakar, Sarajevo e ora Livorno. Dice che nelle sue notti insonne ha cercato di capire il greco. E chissà se riuscirò ad imitarla.
cesare@lamescolanza.com
28.02.2017