“Un Trump vincente danneggerebbe noi politicamente scorretti. Ma adesso è uno spettacolo. Lo dice il test dell’amicizia” (Giuliano Ferrara, il Foglio, martedì 26 aprile 2016)
ATTUALIZZANDO… TRA IL FOGLIO E IL FATTO
Quest’ennesima perla di giornalismo firmata da Giuliano Ferrara mi era sfuggita. Sarebbe stato un gran peccato perché (vi prego di rintracciarla sul web), oltre alla mia devozione verso Giuliano, l’articolo è ricco di spunti preziosi per un libro che sto scrivendo, su questo argomento. La politica – aggiungerei la cultura, ma il campionario sarebbe lungo: denaro, sesso, potere, capricci, figli… – è una lama insidiosa che spesso si insinua nei rapporti di amicizia, e li divide. L’ultimo esempio, citato da Ferrara, è quello di Trump – che spacca i repubblicani e i conservatori: a fronte di quelli che lo sostengono, affascinati, ci sono quelli che ragionevolmente temono, in caso di vittoria dell’ “irredimibile cialtrone”, disastri universali (Giuliano è tra questi, però “in tutta amicizia e inimicizia riconosco che oggi è il più grande spettacolo del mondo”).
UN RIFERIMENTO PERSONALE
Per ora, qui, porto un riferimento personale. Si può essere amici del “Foglio” e del “il Fatto”? Io lo sono, mi proclamo tale, con il legittimo timore di non essere ricambiato né dall’uno né dall’altro: oltre per qualsiasi motivo, proprio perché gli amici del Foglio, temo, non possono sopportare che io esalti il Fatto; e viceversa. Ma questo è. Non ho pregiudizi, non ho appartenenze: penso che i due giornali siano imperdibili e perciò rappresentano la mia lettura prioritaria, quotidianamente. Il Foglio ha sublimi lampi di raffinatezza culturale, approfondimenti originali. Il Fatto pubblica notizie e rivelazioni, ignorate, in buona e qualche volta in male fede nascoste dagli altri giornali. Tutti e due sono giornali per bene, compilati con passione. Preziosi per gli uomini liberi di mente, che vogliono avere un quadro completo, visto da destra, ma il Foglio è il simbolo di una destra che non esiste più; e da sinistra – anche se Marco Travaglio spesso è più a destra de il Foglio. Confido nell’indulgenza di tutti e, chissà, porrò a Marco e Claudio Cerasa la domanda di fondo: posso sentirmi amico di tutti e due, senza avere contemporaneamente la vostra disapprovazione?
ROMA / E ADESSO VI DICO CHE MI PIACCIONO TUTTI E QUATTRO I CANDIDATI
Mi sa che oggi vado a buttarmi in una voragine. Non mi accontento di quanto scritto sopra, no: vado oltre. Sapete cosa penso dei quattro candidati a diventare sindaco di Roma? Parlo di Bertolaso, Giachetti, Meloni, Raggi. Nessuno dei quattro mi piace, a prescindere. Però, ciascuno di loro mi piace molto per alcune qualità, a prescindere. Bertolaso non ha empatia, non è simpatico, ha la solita spaduccia di Damocle pendente su molti politici, nelle vigilie. Però, è uno che ha fatto cose, è concreto, chiaro, è un organizzatore. Fosse eletto, risolverebbe molti problemi.
Giachetti a molti sembra fragile, inconsistente. Mi permetto di esaltarne, fino alla fatidica frase “ci metto la mano sul fuoco”, la probità, l’onestà. Se fosse eletto, con l’esperienza e le prove che ha dato in passato, sono certo che riuscirebbe a mantenersi integro anche nel selvaggio putridume burocratico e affaristico, che aleggia sempre su Roma. Meloni non mi è piaciuta per alcuni comportamenti, ad esempio come abbia voltato le spalle a Berlusconi, suo mentore. Però è tosta, romana che conosce Roma come pochi altri, affezionata alla città, con una spina dorsale molto dura: sono doti importanti, anche lei farebbe bene. La Raggi, infine: a sentire il colto e l’inclita, è strafavorita, più o meno (secondo alcuni ci sono anche sondaggi in flessione). Di lei so pochissimo, nelle prime apparizione televisive mi è piaciuta. Amici (suoi) che la conoscono mi dicono acidamente che è un po’ sussiegosa. Anche questo non mi interessa. Se diventasse sindaco, l’accoglierei senza pregiudizi, curioso e fiducioso delle possibilità di una svolta totale.
E VI STUPIRO’ PURE, CHISSA’: COMINCIO A CONVERTIRMI?
Se avessi 100 euro, ma anche meno, per ogni volta che ho scritto o detto che sono agnostico, non credente, per non dire brutalmente ateo e senza Dio, sarei ricco. E anche ho scritto e, vi giuro se necessario, è assolutamente vero, che spero di non convertirmi, per paura, sul letto di morte. Se devo convertirmi, che accada dignitosamente e nobilmente prima, grazie a impulsi di mente e di cuore.
A farla breve, cos’è successo? Alcuni preti illuminati, dicono che – se non proprio come San Paolo sulla via di Damasco – si può trovare la fede in qualsiasi momento, per qualsiasi episodio, futile che sia. E allora, non sorridete: ho visto il film “Le confessioni”, prima di tutto vi esorto ad andare a vederlo e se possibile darmi il vostro parere. Per me, è una perla di fronte ai troppi porci che inquinano il derelitto cinema italiano. Al di là di ogni mia inquietante considerazione mistica, c’è un Servillo che supera se stesso, nel ruolo di un frate certosino. C’è un regista abilissimo, che mi piacerebbe conoscere. Ma torniamo all’indizio, che cerco di trattenere e ostacolare, di una possibile conversione. Nessun prete, nessun sacerdote, nessun cardinale, nessun frate (e ne ho conosciuti a decine), mi ha mai parlato come il personaggio interpretato da Servillo si esprime, anche con i silenzi, nel film. Sono rimasto colpito, turbato. Per ora, mi fermo alla domanda di base: e se avessi sbagliato tutto, se non avessi capito proprio niente?
UN CURIOSO INVITO / BERLUSCONI INCONTRA BERTOLASO, FARO’ UN DISCORSO?
Torniamo con i piedi sull’arida terra. Ecco un altro episodio, che si inserisce nella stupefazione (spero, almeno questo) che oggi posso avervi suscitato, col mio diario. Ho scritto che ho amicizia e solidarietà verso i gemelli Marcello e Alberto Dell’Utri. Non mi interessano le loro vicende giudiziarie, le sentenze, le calunnie, le dicerie. Mi interessano gli uomini, tutti e due di grande valore e simpatia. Marcello è tuttora ingiustamente detenuto in un carcere di massima sicurezza, come un criminale pericoloso, è malato, è più vicino agli ottanta che ai settant’anni, a mio parere non è trattato con l’equità che si è dimostrata generosamente verso gaglioffi di ogni genere, con la rituale concessione degli arresti domiciliari. Lo stimo anche perché, a quanto mi dicono, resiste alla prigionia con fierezza, senza lagnarsi, occupando il tempo come più gli piace: leggendo. Il gemello, Alberto, gli somiglia non solo fisicamente. È arguto, ironico, capace di ascoltare, sa affrontare in modo ammirevole le traversie della vita, considera inevitabili – e le sopporta – le lacune di tanti amici che dovrebbero essere grati e riconoscenti a lui e al fratello.
Ebbene, il curioso episodio di stamattina è questo: Maria Pia, la frizzante e impetuosa moglie di Alberto, sta organizzando un incontro con Bertolaso a sostegno della sua campagna elettorale. All’incontro sarebbe prevista la presenza di Berlusconi. Risum teneatis, mi è stato chiesto di essere presente e di tenere un discorsetto introduttivo. Se si farà, ci sarò. Ma aggiungo anche e subito, per rispetto di quanto scritto qui sopra (sarò a volte incoerente, ma non nel giro di cinque minuti) che sono disponibile, allo stesso modo, verso gli altri tre candidati al Campidoglio.
Mi dicono: ma perché non parli più di Afio Marchini? Perché non lo capisco e perché, in particolare, tutti mi dicono che è impossibile che arrivi primo o secondo, e che solo per il ballottaggio potrebbe risultare decisivo. Comunque anche Alfio, se riuscisse a farsi accettare, a livello anche popolare e non solo elitario, sarebbe un buon sindaco.
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27.04.2016