«E perché io devo volare?» strideva Fortunata con le ali ben strette al corpo. «Perché sei una gabbiana e i gabbiani volano» rispondeva Diderot. «Mi sembra terribile, terribile! che tu non lo sappia». «Ma io non voglio volare. Non voglio nemmeno essere un gabbiano» replicava Fortunata. «Voglio essere un gatto e i gatti non volano» (“La gabbianella e il gatto”, Luis Sepúlveda).
“È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo. Sei una gabbiana e devi seguire il tuo destino di gabbiana. Devi volare. Quando ci riuscirai, Fortunata, ti assicuro che sarai felice” (“La gabbianella e il gatto”, Luis Sepúlveda).
“Egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a rendere così breve la vita di un gabbiano” (“Il gabbiano Jonathan Livingston”, Richard Bach).
ATTUALIZZANDO… MA STAMATTINA TRE GABBIANI MI HANNO AGGREDITO
È un episodio curioso e vale la pena di parlarne. Mi è successo a metà mattinata nel quartiere di Piazza Vescovio, dove abito. Passeggiavo in attesa di chiamare un taxi, tre gabbiani, uno dopo l’altro, mi hanno aggredito (ma sarà la parola giusta?), beccandomi delicatamente sui capelli. Di solito, mi vanto di avere una certa prontezza di riflessi. Questa volta, solo dopo la terza incursione ho capito che potevo proteggermi con un golf che avevo sulle spalle. Poi mi sono rifugiato in un bar e lì mi hanno detto che da ieri pomeriggio è un susseguirsi di questi anomali attacchi. Una vecchietta è scoppiata a piangere, atterrita, e ci sono volute molte coccole per confortarla.
Prima riflessione: a chi segnalare questo spiacevole episodio? Esiste la protezione animali, ma non credo che esista la protezione degli umani.
Seconda riflessione: ricordate il celebre film di Hitchcock “Uccelli”? Era del 1963: spero sinceramente che non sia stato un presagio da visionario, ma solo – com’è noto – il gusto del regista per mettere tensione nei suoi film e incutere ansia e paure agli spettatori.
Terza riflessione: a me i tre gabbiani sembravano incazzati… Comunque, che cosa poteva spingerli? Nel bar si è aperto il dibattito. La fame (pare che mangino anche carne). Un gioco pericoloso. Esibizionismo tra maschi di fronte a una gabbianella da conquistare. Infine, vendetta e competitività verso l’uomo, finora dominante. È certo che fino a venti anni fa un gabbiano nel centro di Roma era una rarità. Oggi l’invasione è notevole. Pacifica, ma fino a quando?
LETTERE / 1. PERCHÉ SOSTENGO LA VIVIANI
Me lo hanno chiesto in tanti, che non la conoscono, per e-mail, sms e al telefono. Se non la conoscete, sarà per tutti voi una fortuna conoscerla: è una donna onesta, positiva (quindi mi attira perché io sono pessimista globale), concreta, generosa, altruista. Se sarà eletta a Milano, farà certamente bene a una città che, comunque, è avanti anni luce rispetto a Roma, degradata. Anzi: mi sarebbe piaciuto che Maria Alberta vivesse a Roma, una città che avrebbe bisogno di amministratori come lei.
Infine: alcuni giorni fa la si è proposta con le sue idee in una cena a casa sua. Dovevo esserci anch’io, ma ero bloccato non ancora dai gabbiani, da una maligna febbriciattola. Al contrario di quanto sostiene mia moglie, non sono vittimista. Voglio dire che mi è dispiaciuto non esserci: c’erano Maurizio Lupi, il suo capolista, Stefano Parisi, riferimento politico, Stefano Pillitteri, Alessandro Colucci, Alessandro Sallusti, Giuseppe Calarico, Giuliana Rotario, Giampiero Biancolella, Roberto Recalcati, Laura Pagani, Lucio e Francesca Stanca, Pier Angelo Lonzelli, Francesca Caitani Lovatelli, Alina Arat, Carla Pieretti, Antonella Merloni, Daniela Forcella, Stefano Zani, Gianluca Cornelio Meglio. In molti hanno fatto le ore piccole. Mi direte: ma stai sponsorizzando sfacciatamente la Viviani? Ebbene sì, se volete dire così: in verità la sostengo perché è una persona di primo ordine. Non voto a Milano, anzi, come sapete, non voto mai. Però ho abitato lustri a Milano, ho diretto giornali: raccomando ai miei amici lettori, amici e simpatizzanti di dare un voto alla mia preziosa amica.
LETTERE / 2. PERCHÉ MI PIACE ALFIO MARCHINI
Sarebbe semplice dire: è mio cugino, sua mamma e io siamo figli, rispettivamente, di una sorella e di un fratello della numerosa e valorosa famiglia Lanza. Ma non è proprio così. Ci conosciamo relativamente poco, non ci frequentiamo, abbiamo perfino litigato una volta, ovviamente per colpa mia. Alfio mi piace perché è un’anima che a me sembra innocente e pura, tipo Forrest Gump, e spero che non si offenda, perché ammiro molto i Forrest Gamp della vita. La sua innocente naiveté è dimostrata dall’incomprensibile infortunio, se tale si può chiamare, della Ferrari parcheggiata per poi entrare in una utilitaria. Se avete visto le spiegazioni di Alfio da Lilli Gruber, sicuramente metterete la mano sul fuoco, come me, sulla sua integrità.
Oggi leggo che “L’Espresso”, giornale che apprezzo molto, ottimamente diretto da Luigi Vicinanza, gli butta addosso un rosario di legittime domande sui suoi affari immobiliari. Ma io giurerei, per istinto e conoscenza, che Marchini è un galantuomo, per di più tormentato nella vita da drammi familiari che non voglio citare. Qual è dunque la conclusione? Consiglierei ad Alfio, se me lo avesse chiesto, ma non lo ha fatto (avrà le sue ragioni), di farsi assistere da persone integre sì, ma anche esperte di politica. L’unico timore che ho è semplice: nel nido di vipere che insidia il Campidoglio, all’interno e all’esterno, un uomo idealista come lui potrebbe essere ingannato, e così si dice, “preso in mezzo” a inevitabili cattive compagnie. Ha un solo modo per difendersi, prima e dopo le elezioni. Assoluta trasparenza. Guidi pure la Ferrari, tutti sanno che può permettersela. Ma su bilanci, affari, amicizie e sconcertanti rapporti di alleanze, lo obbligherei, ma non sarebbe necessario, a dire tranquillamente tutto di sé e a rendere nitido ciò che può apparire confuso.
LETTERE / 3. SU “LA PAZZA GIOIA” MI SPIEGO MEGLIO
Mi invita a farlo Sergio Vincenzi, con due domande: 1. Davvero il film di Virzì ti è sembrato un capolavoro? 2. Perché ti ha tanto devastato? Pensavo di essermi spiegato per bene. È un film artisticamente perfetto, ma dolorosissimo, anche se nel finale lascia una piccola luce di speranza: sul mio pessimismo globale ha inciso in maniera distruttiva, ma non importa. Virzì, come qualsiasi artista, deve proporre ciò che voglia e che senta. Un’unica obiezione, che ho trascurato di dire: si avvertono echi di capolavori significativi nella storia del cinema, “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, “Thelma e Louise”, “Ragazze interrotte”, “Un tram che si chiama desiderio” (su quest’ultimo, Virzì ammette di aver fatto un furto). Spettatori malevoli dicono che sia una scopiazzatura, io penso, semmai, a nobili citazioni in un film drammatico e, a suo modo, poetico. Se volete saperne di più, potete digitare www.lamescolanza.com.
LA RAI SI SPOPOLA, SE NE VA ANCHE DE SIERVO
Luigi De Siervo, 1969, lascia la Rai. Anche lui. Ha capito, come altri, l’aria che tira: spazio zero per gli eccellenti professionisti che lavorano in viale Mazzini e dintorni, De Siervo da ben 17 anni. Non compresi, non accettati, non valorizzati da Antonio Campo Dall’Orto, detto anche l’Ortolano, che però non ama le piante rigogliose che ha trovato in azienda, ma ha deciso di inserire esclusivamente i suoi fiduciari, arbusti di discutibile rendimento e avvenire, per lo più radici toscane. E cosa farà De Siervo? Subito, lavorerà per “Infront” per rilanciarla e restaurarla dopo inchieste devastanti. Ma già quelli che la sanno lunga prevedono che arriverà alla presidenza della Lega Calcio.
PER IL WEEK END / I LIBRI CHE VI CONSIGLIEREI
Una gentile collaboratrice di “Velvet” mi ha chiesto quale libro abbia sul comodino. Le ho detto che sono una decina e forse più… La mia deplorevole abitudine è di leggere anche quindici libri per volta, aprendoli a caso: se mi intrigano, vado avanti, sennò ciao e mai più a rivederci. Tanto per confidarvi la mia eclettica superficialità. Attualmente sul comodino ci sono: Gianluigi Nuzzi, sto finendo di leggere “Via crucis” (Chiare Lettere); Gianpaolo Pansa,”Controstoria d’Italia: la destra siamo noi, da Scelba a Salvini” (Il Giornale). Nell’infinita legione di giornalisti/scrittori (quorum ego), la mia medaglia d’oro è per Pansa, il più libero di mente, il più coinvolgente nella scrittura. Massimo Franco, voi penserete al suo ultimo libro appena uscito, invece no, sto rileggendo il magnifico “Andreotti visto da vicino” (Rizzoli, 1989); poi, per addentrarmi in una foresta che non conosco, Giovanni Berlinguer, “La salute tra scienza e politica” (Donzelli). Non ho ancora aperto, anche se la mia ansia di redenzione mi sollecita, il libro di Francesco “Il nome di Dio è misericordia” (Piemme). E ancora, ancora: sto rileggendo “Il processo” e “Amerika” di Kafka, ma solo perché ho appena pubblicato un libro sull’amico Franz. Ottimo Marco Lillo, “Il potere dei segreti”. E poi non mi sottraggo all’accusa di bizzarre curiosità: “Hai voluto la bicicletta/Il piacere della fatica”, una raccolta di articoli pubblicata da Sellerio su uno sport distrutto ahimè dalla droga e dagli scandali. E perfino, così concludo con un sorriso, “L’arte del riordino” di Maria Letizia Polverini, editore Giunti: era un regaluccio per mia moglie, ma lo leggo avidamente perché temo di essere una delle persone più disordinate di questo mondo.
20.05.2016