OGGI VI DICO CHE… MA COS’É UN EDITORE?

“L’editore è niente, puro luogo d’incontro e di smistamento, di ricezione e di trasmissione… E tuttavia: occorre incontrare e smistare i messaggi giusti, occorre ricevere e trasmettere scritture che siano all’altezza della realtà” (Giangiacomo Feltrinelli).
“Per un buon editore dovrebbe valere soprattutto una massima: Non sempre la virtù è punita. Ed è un sollievo vederla ogni tanto confermata dai fatti” (Roberto Calasso).

ATTUALIZZANDO… LA CONCRETEZZA DI URBANO CAIRO

Cairo 2Pubblico queste due citazioni, considerandole due perle intellettuali nel mondo dell’editoria. In realtà oggi vorrei parlare soprattutto di Urbano Cairo, che non ha nulla a che fare con l’ingegno fuori d’ogni regola del grande Feltrinelli, e neanche con la complessità nobilmente culturale di Calasso. Cairo però è l’ultimo editore “puro”, cioè privo di altri interessi, nella carta stampata: ha appena espugnato Rcs, ha conquistato il controllo de “Il Corriere della Sera” e aggiunge questo dominio a una già imponente attività nell’intrattenimento popolare, con decine di riviste, nella pubblicità e nel settore televisivo, con La7.

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LA BATTAGLIA PER RCS / MODESTE OPINIONI…

bonomiPosso dirvi come la penso, con l’abituale schiettezza? Innanzitutto, parliamo della cordata clamorosamente perdente: ho maturato l’impressione che Bonomi non volesse tentarla con determinazione, questa impresa. Sensazioni? Sì, ma – ad esempio – il leader del team di Mediobanca se ne è rimasto tranquillamente negli States per tutto il tempo della battaglia, contro Cairo. Perché, allora, si è lasciato coinvolgere? Penso per orgoglio del suo cognome storicamente prestigioso nell’alta finanza, per il coinvolgimento voluto da Mediobanca… Di più: Bonomi mi ha dato l’impressione di essere consapevole che l’editoria non è il suo mestiere, e forse per questo, pur avendo grandi possibilità finanziarie, non ha spinto a fondo l’acceleratore.

IL RUOLO DI MEDIOBANCA E DEI GRANDI AZIONISTI

Collage1Qui, per quel che valgano le mie sensazioni, penso che Nagel – Mediobanca – abbia deciso di scendere in campo, di forza, per la stranota rivalità con Banca Intesa e Bazoli: non ha valutato bene le difficoltà e, soprattutto, i rischi di una certo inaspettata, ma possibile, sconfitta. Inoltre, gli altri componenti (Tronchetti Provera, Della Valle, Cimbri…) hanno dato l’impressione di muoversi più per antipatia verso gli altri che per solidarietà: la determinazione necessaria non c’è stata. Del resto, cosa unisce un gigante come Tronchetti con Della Valle, pronto sempre a dichiararsi disposto alla battaglia, salvo più o meno regolarmente fare un passo indietro (“armiamoci e partite”). Oggi il re delle Tod’s sente di aver subìto un brutto colpo per la sua immagine, recrimina, annuncia ricorsi. Ma non è tardi? Comunque sia, mi sembra che tutto il team della tradizione non abbia voluto giocare, o non abbia giocato di fatto, fino in fondo la partita. Un errore, da parte di Mediobanca, non solo far sentire la sua pesante presenza, ma anche di assumere la regia della sfida. A Milano, nei salotti che contano, non si parla d’altro. Attenzione, però: Nagel non è finito, Mediobanca non è (ancora?) kappao.

CAIRO IRROMPE, TERREMOTO IN ARRIVO

Collage2Diamo uno sguardo alla squadra vincente: Cairo, Micciché, Erede, Messina e Bazoli. Come ho scritto ormai un’infinità di volte, Cairo scende in campo quando è sicuro di vincere. Anche questa volta è andata così. La carriera di questo ormai vecchio ragazzo cominciò quando chiese a Berlusconi di essere assunto come una sorta di assistente per imparare. Via via si fece largo e ottenne risultati magnifici, poi mortificato da alcune scelte del Cavaliere, se ne andò, lasciando un ruolo importantissimo nel settore della pubblicità. L’orgoglio e il coraggio sono sue evidenti caratteristiche. In proprio, Cairo ha ripetuto il boom nella pubblicità, ha comprato l’editrice Giorgio Mondadori, ha fondato riviste strapopolari e tutte di successo, ha acquistato il Torino, ha preso La7… Non solo a mio giudizio, è una sorta di nuovo Berlusconi: senza gli investimenti grandiosi e la profusione di denaro di Silvio, ma con simile lucidità, con tenacia e determinazione.
L’impresa è stata possibile grazie al sostegno, in primis, di Bazoli e Micciché. A Bazoli interessava mostrare al mondo di essere sempre il cervello più intelligente e vincente, Micciché voleva un clamoroso riscatto dopo alcune candidature irrisolte (Cassa Depositi e Prestiti, forse anche Rai, etc): oggi, con la deliziosa compagna Jacaranda Falck, sono – nell’ineffabile Capalbio – la coppia più ammirata, regina e reginetto. Bazoli ha dato, nell’alta finanza, garanzie politiche e istituzionali per Cairo, fino a ieri considerato ancora un outsider. Erede e Messina, un passo indietro, hanno vigilato e collaborato a evitare errori da parte di una squadra, probabilmente meno ricca ma più forte e compatta.
Per Cairo era il momento giusto per la scalata, per l’Opa e il suo Ops pubblicizzato, con un linguaggio divertente, su giornali e televisioni.

E ORA? COSA SUCCEDERÀ?…

Collage3Cairo sarà l’amministratore delegato, nominato dal Cda che rivoluzionerà tutta la fisionomia di Rcs. E il presidente? Con insistenza, come ho già scritto, si parla della volpe per antonomasia, il super diplomatico giocatore di scacchi, Ferruccio de Bortoli. Dietro l’angolo, anche il sempre enigmatico Paolo Mieli. Ma i giochi non sono ancora decisi. La presidenza potrebbe toccare a Micciché, Bazoli potrebbe essere il presidente onorario… Certo è che Banca Intesa vigilerà su due nomine, la presidenza del gruppo e l’eventuale sostituzione dell’attuale direttore del Corriere, l’ottimo Luciano Fontana. Non credo che ci saranno ribaltoni a breve perché Fontana ha mostrato una qualità notevole nella confezione del giornale e, diciamolo, gode nella rivalità con Repubblica di una sorprendente inconsistenza di Mario Calabresi, alla guida di un giornale che ogni giorno rischia di perdere la sua anima, costruita e alimentata – in quarant’anni – da Eugenio Scalfari e da Ezio Mauro, checché se ne pensi di tutti e due. Penso che Cairo, al momento, non interverrà sulle nomine istituzionali, ma su quelle tecniche è pronto a un terremoto: primi a cadere mi dicono saranno Raimondo Zanaboni, capo della pubblicità da una vita, e Riccardo Taranto, addetto alla finanza. Ma penso che gli avvicendamenti saranno numerosi, in ogni settore.

COM’É CAMBIATO, IN POCHI ANNI, LO SCENARIO ITALIANO!

rai-cavalloÈ uno spettacolo davvero incredibile e impensabile, fino a qualche tempo fa. La Fiat, come dicono a Napoli, “se n’è juta”. La Confindustria dov’è? Mediobanca esce con le ossa lesionate dalla sfida con Cairo. Il grande capitalismo è finito. Oggi sappiamo che anche Pesenti vende, comunque l’Italia sembra un supermarket dove grandi e piccini, i giganteschi Fondi e anche avventurieri d’assalto, fanno shopping. Berlusconi sta mollando sia Mediaset sia il Milan. Sì, consentitemi di aggiungere alla svendita generale anche il crollo del nostro hobby più amato, il calcio: in Europa e nel mondo non contiamo più nulla. In attesa (è il mio prossimo capitolo, leggete qui sotto se volete) che anche la Rai venga ceduta, chissà, a Murdoch, all’ingordo Bolloré, o a qualche altro potente conquistatore (ovviamente se il Cavallo, già azzoppato, sarà privatizzato, prima che diventi – scusami, Francesco Messina, non rivoltarti nella tomba, manteniamo qualche speranza – un misero ronzino). Del resto, nel 1966, il grande scultore, forse per presentimento, aveva battezzato la tua opera “Cavallo morente”.

RAI / 1. GLI STIPENDI DISCUSSI. IL MERITO, IL MERITO, IL MERITO!

campo_dall-ortoCome sempre, quando ci si occupa della Rai, in questo caso della pubblicazione degli stipendi dei dirigenti, ho incassato un pandemonio di obiezioni e consensi… Molti mi chiedono di essere più chiaro. Ma cosa diavolo posso aggiungere? Gli stipendi non sono affatto scandalosi, in linea teorica e di principio, rapportati al mercato. Sono cifre lorde, potete leggere tutti i nomi e i rispettivi compensi, digitando www.lamescolanza.com.
Il punto cruciale è un altro: con quale merito i vari dirigenti della Rai ricoprono il loro ruolo, che sarebbe delicato e importante, nel quadro degli intenti istituzionali di un’azienda di servizio pubblico? Come sono stati assunti, sulla base di un curriculum e di una nota affidabilità, oppure per il suggerimento di personaggi della Casta, o di una qualsiasi viscida élite? La politica politicante, il Vaticano nella sua peggior dimensione, quella del potere e delle relative pressioni, la finanza interessata ad avere amici compiacenti, etc etc?
Il merito, il merito, il merito! Questo vorrei, anzi vorremmo; e saremmo tutti soddisfatti. Il signor Campo Dall’Orto riceve un compenso del tutto normale e forse anche inferiore rispetto ad altri livelli di retribuzione in analoghe aziende. Il problema è: cosa ha fatto lui, fino ad oggi, per dimostrare di avere meriti indiscutibili? Dove sono le riforme, qual è il miglioramento del livello culturale, la dignità e la qualità dei programmi? Quale l’attenzione ai costi e agli sprechi? Ha assunto non so quanti – quindici, venti, forse di più – dirigenti a lui graditi, senza tener conto dei talenti interni e retribuiti, meritevoli di promozione e valorizzazione. E cosa hanno fatto i suoi nuovi dirigenti e tanti altri, irriducibili nelle loro poltrone? L’aspetto più scandaloso è la permanenza in posizioni retribuite alla grande di molti personaggi, rimossi dai loro incarichi, ma ben felici di mantenere poltrona, stipendio, ufficio, segretaria, a volte l’automobile e l’autista, comunque incredibili benefici. L’ho già scritto e ribadisco: Campo Dall’Orto metta fine a questo scempio, invochi pubblicamente che gli sia concesso legalmente di fare pulizia; dia spazio, vantaggi, sostegno ai giovani! E allora sì che ci esprimeremmo diversamente.

RAI / 2. CAMPO DALL’ORTO E GLI ATTACCHI PD

orfiniIl d.g. e a.d. della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, è bersagliato da critiche pesantissime, non solo da M5S e da altri partiti, ma anche dai collaboratori più stretti del premier Renzi, che lo ha designato in quel posto. Tutti si chiedono: questi attacchi sono originati dalla reazione di personaggi importanti del Pd, scontenti di non avere udienza e influenza in Rai? Si dice, infatti, che Renzi abbia chiesto a Dall’Orto di far riferimento solo a lui e a nessun altro. Oppure gli attacchi nascono con il consenso di Renzi, che sarebbe scontento – peraltro a mio parere giustamente – della gestione del “suo” manager designato e, non potendo oggettivamente sostituirlo, lo intimidisce con critiche aspre? I messaggi sembrano molto eloquenti, il dubbio è ragionevole.

26.07.2016
cesare@lamescolanza.com