“Mai fidarsi troppo del giudizio dei cittadini. Basti pensare che nel referendum più famoso della storia hanno liberato Barabba”. (Maurizio Crozza)
ATTUALIZZANDO… IL REFERENDUM INGLESE? UN NONSENSO
Debbo premettere che (molti lo pensano) considero la democrazia il male minore, non certo una formula perfetta di amministrazione, in politica. È giusto, corretto e sensato – per dirla una – che il voto di un insegnante di filosofia valga come quello di un pastore di pecore, semianalfabeta? Tuttavia, giusto che il sentire, anche emotivo, del popolo, abbia un fondamentale riconoscimento. Ma il referendum?! Mi sembra, sinceramente, una contraddizione. Il popolo vota e affida al vincitore la responsabilità di governare, secondo capacità e competenze. Considero giusto e ammissibile un referendum solo se incentrato su radici etiche. Ad esempio: aborto, sì o no? Divorzio, sì o no? Già sulla pena di morte avrei dubbi fondati perché sarebbe temibile e rischiosa la reazione emotiva, a livello strapopolare, magari anche in relazione ad un delitto che abbia colpito la sensibilità dell’opinione pubblica.
Come prendere sul serio il referendum “in” oppure “out” sulla Gran Bretagna, di fronte alla partecipazione al consesso europeo? In Gran Bretagna ha votato il 72%… Quale sarà stata la percentuale degli elettori informata, aggiornata, competente, su vantaggi e svantaggi relativi alla persistenza o alla uscita dall’Unione Europea? Voglio abbondare: diciamo il 5, il 10%? Perché una decisione tanto delicata (favorevoli e contrari hanno ottenuto più o meno lo stesso numero di voti) deve essere delegata a impulsivi sentimenti popolari? Il popolo non ha votato in precedenza per delegare a chi è al governo la responsabilità di decidere? Ricordo una divertente battuta di Beppe Grillo: “I referendum abrogativi. Dove per dire sì devi votare no. E per dire no devi votare sì. Come uno che va a sposarsi e il prete dice: “La vuoi mandare a cagare?”. “No”. “E allora vi dichiaro marito e moglie”.
E A NOI COSA INTERESSA, COSA SAPPIAMO DEL BREXIT?
Penso, con convinzione, che alla maggioranza degli italiani non interessi affatto il Brexit o il Remain inglese. Abbiamo ben altri problemi con cui misurarci ogni giorno. Tuttavia sui giornali e in televisione abbiamo assistito alla solita orgia chiassosa di politici, opinionisti, avventurosi uomini di strada e di piazza, capaci di strillare e, nell’ipotesi migliore, esprimere pareri e giudizi, ma mai una spiegazione chiara e divulgativa di ciò che il referendum inglese rappresentasse, per i nostri interessi. Un caos insostenibile! E l’aspetto più divertente, o scandaloso, era nella frequente contrapposizione di riflessioni e indicazioni assolutamente diverse, anzi opposte. Ultimo esempio, ancora stamattina. Un tale, imitato da altri, grida che le conseguenze già si vedono, la sterlina è arrivata al minimo storico di quotazione. Salta subito in scena un altro e afferma, dati alla mano, che appena qualche mese fa, la quotazione era più bassa, altro che minimo storico! A chi credere? Mi è piaciuta una rappresentante grillina che, di fronte alle ipotesi più catastrofiche, diceva ironicamente: “Ma davvero pensate che domani gli inglesi non avranno più da mangiare, in tavola? Che le banche falliranno? Che miseria e disperazione sono incombenti?”. I catastrofisti replicavano con smorfie e occhiate paralizzanti, e battute tipo: “Aspetta e vedrai…”.
Per dire la mia, ho passato la notte a seguire le schermaglie in televisione, alla ricerca di un lume di ragione, una qualche sintetica illuminazione o divulgazione. Ho visto un divertente litigio tra Bruno Vespa e Renato Brunetta, altre zuffe meno divertenti, un leghista e un grillino accapigliarsi davanti a un Mentana smanioso di calmarli, Monti che si fingeva offeso per avere il pretesto di allontanarsi e andare da Vespa, dove puntualmente lo abbiamo ritrovato qualche istante dopo. Impressionante l’assenza di idee e di valutazioni persuasive. Del resto, Ambrose Bierce sostenne che il referendum è una “legge per sottoporre una proposta di legge al voto del popolo in modo da conoscere il nonsenso dell’opinione pubblica”.
DAL REFERENDUM BRITANNICO A QUELLO DI MATTEO RENZI
Françoise Giroud afferma: “In un referendum, il popolo non risponde mai alla domanda che viene posta. Dà solo la sua adesione o il suo rifiuto a colui che la pone”. Mi sembra una battuta drastica, ma intelligente, di buon senso. Sono convinto che il premier David Cameron ha indetto questo suo referendum sulla partecipazione all’Europa allo scopo di stravincere e di consolidare la sua posizione personale tra i conservatori. Invece, ha rimediato una sconfitta micidiale per la sua carriera politica e, forse, per il destino del popolo inglese (su questo, consentitemi ampie riserve perché non sono catastrofista e nessuno mi ha spiegato quale sarebbe l’inevitabile danno per la Gran Bretagna). Gli elettori gli hanno semplicemente voltato le spalle: forse stuzzicati dalla sicurezza, arrogante, del loro premier. E in Italia? Molti consigliano a Renzi, che a parer mio non ha bisogno di consigli e sa benissimo sbagliare da solo, di fare un passo indietro… Anche lui, però, come Cameron, ha ideato il referendum sulla riforma della costituzione, allo scopo di conquistare una vittoria e mettere nell’angolo i suoi critici. È verosimile che, come nel caso di Cameron, il calcolo sia quantomeno azzardato, temerario. E, anche alla luce degli ultimi risultati nelle elezioni amministrative, Renzi rischia di essere bocciato dall’alleanza, forse confusa ma temibile, di tutti i suoi oppositori – quelli che, per i motivi più diversi, vogliono mandarlo a casa.
UNA MODESTA RICHIESTA A VIRGINIA RAGGI
Come ho già scritto, ribadisco di avere molta simpatia per la neosindaca e di considerare frettolose e maliziose tutte le critiche e le assillanti domande che le piovono addosso, e si è appena insediata! E quindi: penso che nessuno, né la Raggi e neanche Gesù bambino in terra, potrebbe miracolosamente risolvere gli spaventosi problemi che affliggono la capitale. Però, la Raggi farebbe una cosa intelligente se indicasse le sue priorità. E sarei contento, se la Raggi dicesse: primo, metterò a posto le strade di Roma, eliminando le buche e affidando i lavori attraverso appalti chiari e trasparenti; secondo, le strade di Roma, i monumenti, le piazze, i luoghi storici e le periferie saranno liberati al più presto dalle vergognose immondizie; terzo, in tempi brevi, vareremo misure adatte a ridimensionare il caos, le speculazione, l’insostenibilità dei trasporti a Roma.
Quanto sarei felice? Felicissimo. E ancor di più se la neosindaca ribadisse, definitivamente: le Olimpiadi a Roma non si devono fare, lo stadio della Roma è un progetto che non condivido, per vari motivi. Fiduciosamente, aspetto. Nessun referendum, per carità. E sono anche preoccupato perché Cacciari, ieri da Lilli Gruber, ha pronosticato che la sindaca non ce la farà a dare lo stop alle Olimpiadi e cederà certamente a qualche compromesso. Perché? Strade da aggiustare, monnezza da eliminare, trasporti almeno da migliorare… E no secco alle Olimpiadi, allo stadio romanista e a tutti i progetti che profumano di speculazione. Qual è il problema? Se la Raggi nei primi giorni si muoverà con determinazione, e con buoni visibili risultati, sarà tutelata da un largo consenso, non solo dei cittadini che l’hanno votata.
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24.06.2016