“Se la storia la facciamo raccontare solo a chi ha vinto, che storia è?” (Giampaolo Pansa)
“Storia. Resoconto per lo più falso di eventi per lo più irrilevanti provocati da sovrani per lo più mascalzoni e da soldati per lo più folli.” (Ambrose Bierce)
“La storia è un mucchio di bugie su eventi che non sono mai successi raccontati da persone che non erano lì.” (George Santayana)
“La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.” (Eugenio Montale)
“Lo storico ha davanti a sé un puzzle da cui sono scomparsi molti pezzi. Queste lacune possono essere riempite solo dalla sua immaginazione.” (Gaetano Salvemini)
ATTUALIZZANDO… LA MARCIA DEI 40MILA
Le ricostruzioni di importanti eventi storici sono e saranno insidiati dalle più diverse interpretazioni. Lo spunto, oggi, mi arriva da una gentile lettera di Luigi Arisio, a “La Verità“, il giornale a cui collaboro ogni giorno. Arisio apprezza molto il giornale tuttavia mi contesta uno “svarione”. La famosa marcia silenziosa dei 40mila a Torino, a sostegno della Fiat assediata dai sindacati, non fu incoraggiata e sostenuta da Umberto Agnelli (come ho scritto io): la paternità, scrive Arisio, va attribuita a Carlo Callieri, capo del personale auto dell’azienda.
IL PREZIOSO RUOLO DI ARISIO
Cesare Romiti, amministratore delegato, visto il successo se ne attribuì il merito, “e per la sua posizione non poteva comportarsi diversamente” (concordo). Luigi Arisio è un nome entrato nella storia: fu lui, operativamente, a organizzare e guidare quella memorabile marcia, la manifestazione che cambiò radicalmente il rapporto tra aziende, sindacati e lavoratori. Il suo parere dunque mi sta a cuore.
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HO ESPRESSO UNA CONVINTA OPINIONE
Tuttavia, va precisato che ho espresso semplicemente una mia convinta opinione. Non esistono, ovviamente, documenti firmati da Umberto o da Callieri (o da qualsiasi altro), in cui la marcia venga ordinata ufficialmente! Alla domenica pubblico, su “La Verità“, ritratti di personaggi scritti sulla base di mie conoscenze e di incontri diretti: da Fanfani ad Andreotti, da Craxi a Pertini, da Cossiga a Leone, da Mancini a Sciascia. E così per Gianni Agnelli e il fratello Umberto, che a mio parere della Fiat fu un colosso, sia pur grigio, senza il fascino di Gianni.
ROMITI, CALLIERI, ANNIBALDI
Una serie chiamata “C’erano una volta“: lì riporto le mie opinioni e interpretazioni. E dunque, eccole: per me, Arisio è stato protagonista e artefice di quell’incredibile impresa e Callieri un acceso sostenitore: “un pazzo”, Cesare Annibaldi – in Fiat direttore delle relazioni esterne – ricorda che Romiti, prudente e ironico, così lo definì.
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UMBERTO, QUELLA REGÌA DECISIVA
Umberto – all’epoca avevo contatti e fonti importanti – a parer mio ebbe un ruolo decisivo per convincere Gianni e i vertici che si trattava di un’iniziativa giusta, indispensabile. Umberto, nel licenziamento dei 61 operai considerati “attigui” al terrorismo, e in altre occasioni, ebbe in Fiat la mano più risoluta. E aveva annunciato, in una clamorosa intervista a Peppino Turani per “La Repubblica“, che erano indispensabili migliaia di licenziamenti.
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UNA SCENA DA FILM…
Mi piacerebbe infine incontrare Arisio, l’eroe di quel 14 ottobre 1980, e parlarne a lungo. Quel giorno ci fu una sensazionale scena, degna di un film. Mentre a Torino si sviluppava la marcia, a Roma era in corso una riunione tra Fiat (rappresentata da Romiti e dai suoi collaboratori) con il governo e i sindacati. Arrivarono le notizie: perfino Arisio aveva dichiarato che confidava in una partecipazione al massimo di 5mila persone. Invece erano 40mila! E nel corteo non c’erano solo i colletti bianchi, esasperati, ma anche operai, dirigenti, commercianti e cittadini comuni. Una incredibile rappresentanza di dipendenti Fiat, stufi dei picchetti – da settimane – che obbligavano allo sciopero e impedivano, a chi lo volesse, di andare a lavorare.
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UNA BATTUTA (SNOB) DI GIANNI AGNELLI
Alcuni amici mi chiedono perché abbia definito, con estrema convinzione, che Gianni Agnelli fosse un personaggio di snobismo inarrivabile. Basterà forse ricordare una divertente battuta dell’Avvocato in risposta a Ugo La Malfa, che lo aveva invitato a entrare in politica, candidandosi nelle liste repubblicane: “Io candidato? Me lo impedisce il pensiero di quante mani sudate dovrei stringere, per avere i voti…”.
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26/04/2017