“L’arroganza, la presunzione, il protagonismo, l’invidia: questi sono i difetti da cui occorre guardarsi”. (Plutarco)
“Chi è malato di protagonismo non riuscirà mai a stabilire il momento di smettere per non cadere nel ridicolo”. (Giorgio De Luca)
ATTUALIZZANDO…LE PREDICHE DI SCALFARI
Ci fu un tempo in cui le articolesse, gli editorialoni (o chiamateli come volete) di Eugenio Scalfari alla domenica su “La Repubblica” facevano vendere decine di migliaia di copie in più al giornale da lui fondato. Da molto tempo non è più così e tuttavia il prestigio del venerabile giornalista e gli argomenti da lui trattati ci obbligano a essere fedeli alla lettura, almeno noi (quanti siamo rimasti, ormai?) meschini e compulsivi, superstiti seguaci dei quotidiani di carta stampata. E il divertimento che il novantenne Scalfarone ci procura è, quasi sempre, assicurato.
DIVERTENTE! VOTI A RENZI E POI MATTARELLA…
Per quanto mi riguarda, mi diverto: come si fa a incazzarsi con un grande giornalista che ha compiuto 92 anni? Chissà se mai ci arriverò io, e se ci arrivassi mi piacerebbe poter contare su una pur minima tolleranza. Quindi mi ha molto divertito questa predica domenicale, in cui Scalfari, appassionato renzista da qualche settimana, dà perfino i voti al premier. E’ astuto, Eugenio, questo sì. Dunque Renzi è ben lontano da un 10 e lode, però la sufficienza del 6 se la merita tutta e si può confidare, a breve, in un ottimo 8, a metà strada. Ma leggendo oltre, si trasecola: Scalfari riferisce di aver avuto l’onore di scambiare quattro chiacchiere con Mattarella, dopo essere stato invitato al Quirinale, qualche tempo fa. E le chiacchiere stanno a zero, perché il Fondatore, tomo tomo cacchio cacchio come direbbe Totò, riferisce che il presidente della Repubblica gli avrebbe detto esplicitamente di essere favorevole al referendum. Un autentico scoop! Ne sorrido perché, non da ieri, Scalfari – ripeto – mi induce più al divertimento che all’incazzatura. Non approfondisco a dire il perché, non voglio essere impietoso.
DIVERTIMENTO? IL FATTO NON SORRIDE E NON PERDONA
Gli amici de “Il Fatto Quotidiano”, Antonio Padellaro e Marco Travaglio, invece non si divertono, giustamente – se la rivelazione di Scalfari deve essere presa per buona – si inalberano e protestano. Mattarella vota sì? Ma, come presidente, non sarebbe tenuto all’imparzialità? Di più: il quotidiano, inesorabile, riferisce di aver chiesto lumi al Quirinale e di aver avuto questa risposta diplomatica: “Il presidente parla solo per atti ufficiali”. Cosa dire? Se mi allontanano dal divertimento e dai sorrisi tolleranti, dico che siamo di fronte a un ennesimo pasticciaccio. Mattarella dovrebbe essere, per il suo ruolo, il garante di imparzialità, istituzionale per tutti. Ora, il problema è questo. Padellaro esclude che Scalfari possa aver scritto il falso. E anch’io lo escludo. Però, possibile, anzi probabile e forse, alla fine, si dirà che è sicuro, che Scalfari abbia fatto un bel po’ di confusione, giustificabile, insisto, alla sua età.
In ogni caso, l’incidente va chiarito, la soave replica del Quirinale non è accettabile. Come sono cambiati i tempi! Ricordo che, per un infortunio di cui neanche aveva colpa, Antonio Ghirelli fu licenziato su due piedi dal presidente Pertini…Ghirelli, maestro di giornalismo, era l’addetto stampa di Pertini e a nulla valse la solidarietà di tutti i colleghi inviati al seguito di un viaggio dell’allora Presidente in Spagna. Non sono qui a chiedere il licenziamento di qualcuno, peraltro secondo quanto abbiamo letto ci fu un incontro diretto tra Mattarella e il nostro Scalfarone. Erano presenti altre persone? Presumibilmente sì. Ritengo che l’incidente debba essere chiuso con chiarezza, sulla base di una precisazione di Mattarella o di Scalfari o di un testimone. Non si può lasciare sotto silenzio che alla vigilia di un delicatissimo appuntamento elettorale il presidente della Repubblica faccia sapere, in circostanze ambigue, che voterà sì per il referendum. Ne abbiamo visto di tutti i colori, in questi anni, a proposito di calci costituzionali e istituzionali, ma questo è davvero troppo. E non dimentichiamo che Mattarella dovrebbe essere il primo difensore di quella Costituzione che Renzi vuole cancellare o modificare, comunque stravolgere.
PAOLO CONTE ALL’AUDITORIUM DI ROMA
Una ventina di minuti di ritardo sull’orario previsto, finalmente un vecchietto che avanza sul palco, stentando i passi: è vestito più o meno come mi vesto io, malmesso, “scappato da casa”, come dice mia moglie. Una giacchetta dimessa, grigia, una polo azzurrina, pantaloni grigi da impiegato di ultima categoria. Ma poi il vecchietto, in piedi, comincia a cantare, un po’ rigido, curiosamente si batte le mani a palmo aperto sui fianchi e così si capisce che tiene il tempo: ogni tanto allarga la mano sinistra, in modo altrettanto inconsueto, per dare qualche comando alla sua magnifica orchestra.
E’ Paolo Conte. A quasi 80 anni, la voce sempre straordinaria, il suo talento affascinante particolare, nella sala gremita ed entusiasta si avverte la sensazione che stiamo assistendo a un evento fuori dal comune. Applausi e urla di entusiasmo sono quasi di continuo, durante il concerto. L’ultima volta, lo avevo visto una decina di anni fa, Conte mi sembra molto cambiato nei comportamenti. Certamente, salvo che per la voce, è palpabile la vecchiaia. Ma dieci anni fa era ruvido, sdegnoso come sempre era stato, nessuna compiacenza verso il pubblico e gli applausi: sempre seduto al pianoforte, e alla fine se ricordo bene neanche un cenno di saluto col capo e subito via dalla scena.
Ieri, ha cantato alternandosi in piedi al microfono e seduto al pianoforte. Forse c’è stata qualche piccola astuzia, maggior spazio all’orchestra (bravissimi, per me, soprattutto il chitarrista e il violinista), le canzoni del repertorio scelte, quasi tutte, tra quelle meno impegnative. Forse. Ma certamente c’è stato un pizzico di umanità e di tenerezza in più, da parte del vecchio astigiano…ad esempio, alla fine, è tornato quattro volte in scena: una volta per concedere una canzone in più, altre tre volte – senti senti – per salutare il pubblico e dare soddisfazione ai suoi seguaci. L’incantesimo è durato 40 minuti nella prima parte, poi 20 minuti di intervallo, e poi ancora 60 minuti di godimento. Colgo questa occasione per aggiungere quanto mi piaccia questo protagonista, privo di ambiguità, per la sua riservatezza, per l’amore per le sue campagne, per il rifiuto di ogni forma di mondanità. Non ho mai capito bene cosa volesse dire con una sua celebre frase: “Si nasce e si muore soli. Certo in mezzo c’è un bel traffico”. La mia opinione è che, a parte alcuni orribili casi di cronaca in cui i neonati vengono lasciati tra le immondizie e neanche più, come una volta, davanti a una chiesa, si nasce tutt’altro che soli, accolti con esagerate e insensate (alla lunga incoerenti) manifestazioni d’affetto. E si nasce senza che sappiamo perché, all’origine uno schizzetto, forse di amore e forse di rabbia, di distrazione o di casualità. Quanto a morire, sì, è vero, la solitudine c’è quasi sempre, anche se non è sempre manifesta e plateale (e per legge non abbiamo neanche la soddisfazione di decidere di per nostra scelta o che qualcuno possa farci morire per compassione e generosità).
IL FOGLIO ESALTA VINCENZO DE LUCA
Un altro protagonista degno di attenzione è Vincenzo De Luca. Lanfranco Pace, uno che scrive da dio, gli ha dedicato sul Foglio di oggi ben tre pagine, o poco meno. I titoli dicono molto: “Il vangelo secondo De Luca”, “Libidine per un politico di razza” addirittura. Pace, ribadisco, scrive da dio e perciò ho letto tutto, dalla prima all’ultima riga. Con l’eleganza che distingue il giornalista e scrittore, con riferimenti agli eccessi e ai difetti (sempre virtuosamente e ironicamente giustificati) di De Luca: in sintesi, una esaltazione del controverso uomo politico, precisamente, come dichiarato, un “elogio della formidabile brutalità politica del più grande fustigatore italiano…dalle sberle alle bamboline anticasta fino alle lezioni ai moralisti di Italia”. Suppongo che, all’origine, ci sia l’esplicita ostilità del giornale fondato da Giuliano Ferrara verso Beppe Grillo e il suo movimento, in questo caso illuminata dalla trasparente e in fondo anche bonaria, ironica virtuosità di Pace. Una sola obiezione, oltre a questa, muoverei: non ho trovato una sola riga sulla caricatura, anch’essa formidabile e strapopolare, che Maurizio Crozza fa di Vincenzo De Luca. Eppure, quell’imitazione, più vera del vero, avrebbe meritato qualche riflessione.
PICCOLI PIACERI: BASILICO, VINI BIANCHI E VINI ROSSI
Questa è una piccola rubrica che vorrei ogni giorno inserire nel mio diario. Perché i piccoli piaceri dovrebbero essere protagonisti nella nostra vita quotidiana, a fianco di Scalfari o di De Luca e di quant’altro. Cominciamo oggi? Lo sapete che il basilico che consente al pesto di essere il miglior pesto possibile è quello che si può trovare solo a Prà (Genova)? E volete mettervi in testa, o no, che in Francia sono preferibili i vini bianchi, superiori ai nostri, ma noi ci prendiamo la rivincita con i vini rossi, che surclassano i loro? Aspetto consensi o obiezioni, la discussione e il confronto sono croce e delizia per ogni buongustaio.
cesare@lamescolanza.com
24.10.2016