“Natale è per sempre, non per un giorno soltanto, / l’amare, il condividere, il dare, non sono da mettere da parte / come i campanellini, le luci e i fili d’argento in qualche scatola su uno scaffale. / Il bene che fai per gli altri è bene che fai a te stesso”. (Norman Brooks, “Che ogni giorno sia Natale”, 1976)
ATTUALIZZANDO… CHIEDO SCUSA, DETESTO LE FESTE
Con tutto il rispetto per il signor Brooks, che ho citato qui sopra solo per compiacere i miei lettori, che immagino deliziati per l’imminenza delle vacanze festive, per quanto mi riguarda trovo odiose le ricorrenze delle festività. Ci sono tuttavia due punti a favore: a Natale e a Capodanno i giornali non escono, sono abituato, anche per dovere professionale, a leggerne in quantità industriale, quindi riprendo un po’ fiato. Il secondo motivo è che durante le feste c’è maggior tempo libero per continuare a lavorare, e per occuparmi di ciò che mi piace. Il computer è la culla del mio presepe personale, in cui per altro interpreto tutti i ruoli, salvo quello della Madonna. Gesù, il paziente Giuseppe, fantastico sulla possibilità di essere uno dei re Magi, naturalmente la stella cometa, non disdegno di sentirmi bue e asinello, un po’ meno mi vedo pecorella… Insomma, il Natale, il presepe sono me! Ma, al di là della ricorrenza natalizia e di quella (ancor più noiosa, micidiale) della fine dell’anno, mi trovo a disagio in ogni festa imposta: che sia Ferragosto, la Befana, san Valentino, la festa del papà, la festa della mamma, il supplizio della Pasqua (escludendo le uova di cioccolata), con buona pace dei sindacati anche il primo maggio, non diciamo tutti i santi, insomma tutto ciò che sa di obbligo, di induzione a spendere a prescindere, di efferato buonismo, e qui mi fermo per evitare la vostra, presumibile, ira. Però, ammetterete che Brooks esagera: Natale ogni giorno? Roba da depressione continua e irrimediabile.
INSOPPORTABILE E’ ANCHE L’ANESTESIA FESTIVA…
(SCANDALO BANCHE?)
Non è buonismo il mio: con affetto mi sento vicino a tutti i poveretti che sono stati truffati per l’intrigo delle obbligazioni subordinate, nelle banche finte amiche. Non mi sento buonista perché, prima della solidarietà ai truffati, avverto il disprezzo assoluto, la disistima, l’ira che cresce in petto, se penso a coloro che hanno ordito e organizzato la truffa. Depredare tanti umili risparmiatori, che hanno lavorato una vita per mettere al sicuro (al sicuro!) quattro soldi per la vecchiaia, mi sembra uno dei misfatti più ignobili tra quanti ogni giorno si verificano in questa terra, pur abituata a delitti ed atti criminosi di ogni tipo. E il pensiero più malinconico è che le festività potrebbero aprire una valenza anestetica per la sacrosanta indignazione popolare. Mi sento a disagio e credo, spero, che sia lo stesso sentimento di quei milioni di italiani, che sognano un Paese civile e diverso. Ma come? A noi il panettone e lo spumante, e quei poveri sfortunati che hanno perso tutto, avranno la possibilità di festeggiare e in quali condizioni si troveranno? E mentre si imbandiscono le tavole e si stappano bottiglie e siamo storditi dall’orgia insensata di auguri, come è possibile che i truffatori non siano ancora perseguiti? In che mondo selvaggio, incarognito, ci troviamo a vivere? La giustizia non riesce mai ad essere tempestiva, a sostegno dei deboli?
FOOTBALL, CRESCE IL RIFIUTO… COME PER LA POLITICA
Trovo un’affinità tra il disgusto che metà degli italiani provano verso la classe politica in generale, rifiutandosi ormai da tempo di andare perfino a votare, e il deserto, che a Roma in particolare, ma anche negli stadi di altre città, si sta verificando… La Roma e la Lazio, per motivi diversi, hanno disgustato i loro tifosi, così come quasi tutti i politici hanno disgustato i loro sostenitori, perfino le loro clientele. Seguo in particolare la Roma, che ha perso una partita a Barcellona in modo mortificante ed è stata poi eliminata dallo Spezia – un club di serie B – in Coppa Italia. A Barcellona, che vanta la squadra più forte del mondo, puoi perdere non solo 6 – 1, come è successo, ma anche 15 – 0, come poteva essere. Però, devi salvare la faccia, devi batterti, devi sudare e fare il possibile per lottare, quanto meno atleticamente, contro i tuoi avversari. Idem contro lo Spezia, idem per il Genoa, la mia squadra del cuore, eliminata dall’Alessandria! I calciatori di Roma e Genoa sono strapagati, dovrebbero vergognarsi di non avvertire la necessità morale di allenarsi, correre, battersi, sudare, non arrendersi su nessun pallone… Poi, si può vincere o perdere, ma un minimo senso del dovere, anche nel dorato mondo del calcio, si dovrebbe avvertire.
Ieri, la Roma e la Lazio hanno vinto. Grazie anche al buonismo delle festività, assisteremo a una riconciliazione con i tifosi? Esattamente come rischia di succedere per il governo, in imbarazzo di fronte allo scandalo delle banche. Ma attenzione: a forza di tirare la corda, la corda si spezza. Forse non si arriverà a una crisi di governo, forse lo scandalo sarà gestito e assorbito; nel calcio, se la Roma e la Lazio riusciranno ad azzeccare qualche buona partita, una parte del pubblico tornerà in curva sud e in curva nord. Però, le cronache ci insegnano che la fiducia verso le istituzioni si sgretola, giorno per giorno.
RAI / LA RIVOLUZIONE DI CAMPO DALL’ORTO STA PER ESPLODERE…
II direttore generale Antonio Campo Dall’Orto è sul punto di essere designato amministratore delegato con pieni poteri, l’atteso e temuto evento avverrà forse, addirittura, prima della Befana, che tutte le feste porta via. Anche senza pieni poteri, il Dg finora ha assunto una decina di dirigenti – uomini suoi fidati e di certa affidabilità politica – inserendoli nei posti – chiave. Fa e disfa, mi dicono, come vuole, sempre con il sorriso sulle labbra, senza essere contraddetto dal Cda o dalla presidentessa, o da chicchessia. Non ha opposizione, va più forte del suo sponsor Matteo Renzi che lo ha nominato: il premier qualche straccetto di opposizione ce l’ha, qualche can che abbaia anche se non morde mai.
Campo Dall’Orto fa ciò che vuole, e questo potrebbe anche essere un bene, per l’azienda, in senso generale: in Italia siamo abituati a compromessi e mediazioni logoranti, estenuanti. Il punto, e mi auguro che non sia un problema, è se i suoi provvedimenti si riveleranno positivi o negativi, per la Rai. Ad esempio: fino ad oggi ha assunto solo professionisti esterni, alcuni in odore di imprinting politico, altri con evidente impreparazione rispetto ai compiti assegnati. Mi permetto due chiose. La prima: è possibile che all’interno della Rai, ricca di risorse e di dirigenti preparati, non ci fossero uomini in grado di assolvere per bene alle stesse incombenze? La seconda chiosa in realtà è un consiglio, spassionato e disinteressato, a Campo Dall’Orto: non sottovaluti il ventre molle dell’azienda, quello che storicamente non ha risparmiato siluri a qualsiasi direttore generale, quello che riesce a compattarsi e a frenare la rabbia e a sviluppare, in modo sotterraneo, insoddisfazioni e risentimenti. Dall’Orto, come qualsiasi leader, non deve sottostare né a ricatti evidenti né tantomeno a quelli striscianti. Ma un bravo condottiero non ha alcun interesse a lasciar maturare rabbia e ostilità, credendosi dominante. Il Dg ha un cervello politico, un’abilità tattica: ad esempio, ha apparentemente congelato la riforma dei telegiornali e delle news, mentre sta preparando un ribaltone che azzererà i direttori delle reti e i capi di altre direzioni. Ha capito che non può affrontare due fronti contemporaneamente, i manager destituiti e le loro truppe, insieme con i temibili giornalisti.
Per quanto mi riguarda, vi confido che mi appresto a festeggiare Campo Dall’Orto, rinunciando di porgli la cortesia di incontrarmi. Un mese fa il mio ufficio lo aveva chiesto alla sua segreteria: mi interessava confrontarmi per avere qualche opinione sui personaggi di cui ho scritto e scriverò, nel mio dizionario sulla storia della Rai. La segreteria del Dg, gentilissima, continua a dirmi che la mia richiesta è sul tavolo di Capo Dall’Orto. Ma dal momento che per me il tempo delle mele è passato da tempo, preferisco non rubare spazi ai preziosi impegni che il Dg, futuro Ad, come ho scritto sta per affrontare. Non c’è bisogno di incontrarlo, per seguire le vicende della Rai: a volte è anche un divertissement. Tra le vicende più chiacchierate nei corridoi c’è quella di Lorenza Lei, la prima donna nella storia della Rai ad essere nominata direttora generale, e poi esonerata, oggi in prolungata assenza per esaurimento, mentre il licenziamento non è applicabile in una condizione di malattia. E infine, il braccio di ferro tra il Dg e il potente capo delle risorse umane Valerio Fiorespino. Come si risolveranno queste vicende? La Lei, che ho conosciuto bene, è un ossicino duro o, se preferite, è un legno storto. Campo Dall’Orto e Fiorespino, non è escluso che alla fine si mettano d’accordo.
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21.12.2015