Ieri ho scritto che Checco Zalone si infischia della intellighentia di destra, pilule testualmente lui “non ci capisce un cazzo”. Si tratta di un evidente qui pro quo: Zalone parlava, in una intervista a Maurizio Crozza, di “intellighenzia di sinistra”. Mi farebbe piacere, col sostegno di Freud e dei freudiani, capire perché sono incorso in questo errore. In attesa di riuscirvi, chiedo scusa a Zalone. E ai lettori: molti mi hanno segnalato lo strafalcione, in primis l’amico Marco Benedetto, sempre affettuosamente e severamente attento. Grazie per la comprensione.
ATTUALIZZANDO… LETTERE / ZALONE NON PIACE A TUTTI
Mi scrive la signora Ada Urbani: “Mi dispiace, ma preferisco Poirot che farmi distrarre delle cazzate di Zalone. Renzi è un dio rispetto a lui, per non parlare di Crozza… Quo vado?! Un tweet della commedia all’italiana che concilia una bella pennica!”. Rispondo: semplicemente per ricordare che ieri ho tracciato un’analogia tra Renzi e Zalone, una sorta di affinità elettiva: il successo di tutti e due mi sembra ispirato da una uguale astuzia, la capacità di aver compreso che mezza Italia, e forse più, non ne può più di lagne e cerebrali e inconcludenti sproloqui fondati su un pessimismo cronico e autodistruttivo. La lievità, sorridente e surreale, è la loro arma vincente per conquistare consenso. In questo diario si rispettano tutte le opinioni, non condivido le opinioni di un’amica intelligente come Ada… ma, per fortuna, nel generale tripudio che ha accolto il film di Checco – con uno straordinario record di incassi – ci sono anche voci fuori dal coro.
PER CHECCO APPLAUSI ANCHE DA ALDO GRASSO.
DA FAZIO, IL BUONISTA ELUSIVO
Aldo Grasso, il critico televisivo del “Corriere della sera”, è abitualmente un fustigatore di ciò che si vede in tivù, ironico e a volte anche intransigente. A Zalone ha dedicato elogi per lui inconsueti, dopo l’esibizione del comico nel programma di Fazio. Non ho visto “Che tempo che fa”, cerco di evitarlo spesso perché detesto il buonismo e le ipocrisie di quel conduttore. Grasso riferisce che Zalone ha proposto “una strepitosa parodia di Massimo Gramellini e infine ha cantato un omaggio ad Adriano Celentano”. Sono dispiaciuto di aver perduto queste preziose chicche, spero che qualche collaboratore e/o amico mi metteranno in condizione di rintracciarle su Internet. Ps. Grasso apprezza Fazio, ma anche lui ne individua l’astuta elusività, in questo caso nell’intervista a Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia: “A Visco”, scrive il critico, “avrei chiesto perché la Banca d’Italia interviene quando i buoi sono scappati, come nel caso del Monte dei Paschi”. Perfetto, Fazio non fa mai ai suoi ospiti domande sgradevoli, la vox populi per lui non esiste, di fronte ai potenti.
RAI / 1. CAMPO DALL’ORTO ALLA VIGILIA DELLE NOMINE, RETI E TG…
Il leader della Rai ha ormai pieni poteri e si accinge a cambiare i dirigenti che contano per i contenuti: i direttori dei telegiornali e i direttori delle reti. Le voci impazzano. Come sempre, dico con schiettezza ciò che penso: quanto alle reti, la stagione di Giancarlo (Gianka, così si firma) Leone è stata orribile: lui è un sublime democristiano fuori tempo, sopravvissuto a una stagione politica (il doroteismo) che forse sopravvive ancora, ma in altre forme, inventate da uno pseudo rottamatore, il volpino Renzi; forme, linguaggio, comportamenti, tattiche e strategie – una realtà traumaticamente estranea alla cultura e alle abitudini del direttore di Raiuno. (Colgo l’occasione – come fondatore di “Socrate”, movimento di opinione a sostegno della meritocrazia – per chiedere pubblicamente se Leone avrebbe avuto la stessa lunga e improduttiva, interminabile, stagione di potere in Rai, se non fosse stato l’erede di un grande presidente della Repubblica). Il direttore di Raidue, Teodoli, è un onesto routinier, senza qualità di emozioni e di creatività. Il direttore di Raitre, Vianello, è un bravo giovane, certamente più adatto a condurre un programma (spero che a questi incarichi ritorni) che ad ideare cose importanti nella rete che fu di Guglielmi.
Quanto ai direttori dei telegiornali, sento dire che Orfeo è l’unico in odore di conferma. E Masi, tg2? É un professionista esemplare, ineccepibile. E Bianca Berlinguer? Dev’essere fatta fuori solo perché si è opposta alla riunificazione dei telegiornali?
RAI / 2. UN PICCOLO (MA SIGNIFICATIVO?) SGARBO RICEVUTO DA DALL’ORTO
Non ho difficoltà a confidare qui un piccolo sgarbo che ho ricevuto dal potente dg di Viale Mazzini. Come i miei lettori sanno, sto per dare alle stampe un dizionario sui personaggi – giganteschi e minuscoli – che hanno fatto la storia della Rai televisiva, dal ’54 ad oggi. Ho chiesto un appuntamento a Campo Dall’Orto, ben specificando che non avevo niente da chiedergli e/o da proporre: considero concluse le mie esperienze nell’azienda pubblica. Desideravo solo un confronto, nella mia presunzione lo consideravo più utile a lui che a me. Dall’Orto mi ha fatto aspettare due mesi, mandandomi i soliti convenzionali messaggi attraverso la sua gentile segretaria. Prima di Natale gli ho mandato un biglietto per dirgli che lo liberavo da questa preoccupazione: in cinquant’anni di lavoro ho incontrato alcuni tra i personaggi più importanti in Italia e nel mondo: non tutti mi hanno ricevuto, alcuni mi hanno comunicato che non era possibile al momento, molti altri mi hanno accolto senza sottopormi a mortificanti attese.
Se Dall’Orto mi avesse ricevuto, gli avrei chiesto: cosa pensa del fatto che di lei dicono che spesso non è capace, o non ha voglia, di dire, alla svelta, sì o no?
RAI / 3. CARO DALL’ORTO: UNA MODESTA RIFLESSIONE,
SENZA RISENTIMENTO
Chi sono io, un artigiano della comunicazione senza padroni né valenze di potere, per pensare di aver diritto di essere ricevuto dal direttore generale della Rai, designato per volontà politica? Nessuno. Penso che le giornate di Campo Dall’Orto siano tormentate da plotoni di questuanti, da riunioni estenuanti e dai rapporti che egli stesso deve mantenere, mi auguro senza questuare a sua volta, con i potenti veri o presunti di questo decadente Paese. Come mi è venuto in mente che egli potesse avere spazio e tempo per me? Tuttavia, le buone maniere appartengono a un bel mondo antico che rimpiango e consiglierei a CDO! Mi viene in mente Piero Ottone, certo non meno carismatico e impegnato del dg Rai, che era puntuale – al secondo- negli incontri con le scolaresche dei bambini. O Bossi che fece aspettare un paio d’ore Giorgio Bocca, prima di dargli un’intervista. O Antonio Ghirelli, che trovava il tempo per ricevere tutti o per dire, asciuttamente, no. O Cossiga, Andreotti, Pertini (i primi nomi che mi vengono in mente) molto sensibili a chi portava opinioni estranee al Palazzo. Conclusione: non soffro di vittimismi, quindi temo che se il comportamento che Dall’Orto ha avuto con me è per lui abituale verso tutto o tutti, il futuro della Rai non sarà roseo. Perciò pubblicamente gli dico ciò che gli avrei detto in un incontro personale: si circondi di persone e dirigenti in grado di dirgli no, che lo aiutino a raggiungere traguardi, non a difendere la poltrona. I maligni dicono che non è capace di gestire un buon bilancio (messo a posto da Gubitosi): li smentisca! I suoi fans dicono che è un creativo: evviva, la Rai ha bisogno di contenuti nuovi ed originali. Nel mondo politico, molti pensano e pochi dicono che sarà il citofono di Renzi: per questo sarebbe stato nominato. Non ci credo e non voglio crederci: nelle nomine, però, troverà un’occasione eccellente per dimostrare che si tratta di dicerie e fandonie.
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08.01.2016