“Io ho condiviso la missione di mio marito e non ho mai avuto, nè avrò, alcun dubbio sull’importanza del traguardo da raggiungere. I palestinesi sono i nostri vicini di casa e la pace è indispensabile. Yitzhak fu il comandante supremo della guerra dei sei giorni, eppure il giorno successivo alla straordinaria vittoria militare chiese di andare come ambasciatore a Washington per avviare un processo di pace… Ricordo il primo storico incontro tra Rabin e Arafat nel ’93, quella sofferta stretta di mano. Un gesto davvero simbolico, per tutti coloro che desiderano accordi e stabilità definitiva”. (Da un’intervista a Leah Rabin).
ATTUALIZZANDO… E LE RISSE ITALIANE DI OGGI?
Raccolsi e scrissi quell’intervista nel 2000, pubblicata per il Messaggero, durante un viaggio in Israele, in cui accompagnavo Letizia Moratti. Leah Rabin, vedova del premier assassinato alcuni anni prima, era una donna straordinaria. Ieri mi è capitato di ritrovarmi tra le mani un mio vecchio libro e – perdonatemi – l’ho riletta, con la vanità, ma anche il piacere nostalgico, che spesso provano i giornalisti. La signora Rabin mi disse che considerava Arafat un leader affidabile, che dopo la morte del marito conservò con il capo dei palestinesi un bel rapporto. “Arafat è sempre affettuoso e gentile. Mi chiama la mia sorellina. Mi telefona sempre per gli auguri per le feste: al matrimonio di mio figlio ha inviato un regalo.” Confesso che, al pensiero di un confronto con le volgarissime dispute italiane, ho avvertito una stretta al cuore, consapevole delle nostre meschine banalità. Mi piacerebbe che fossero più frequenti, espliciti e soprattutto credibili i pensieri di pace dei protagonisti della classe dirigente italiana; mi piacerebbe che ci fosse rispetto della persona e che il confronto tra antagonisti non fosse avvelenato, dalla rivalità, dai pregiudizi, dall’odio.
DOMANDE SCOMODE. IL LIBRO SUL DIALOGO TRA SCALFARI E FRANCESCO….
Eccheallà! Il dialogo (?) tra il Papa e il Fondatore de “La Repubblica” è diventato un libro, un instant book: “Domani in edicola a richiesta con il quotidiano”. Non bastava l’estenuante dibattito tra i due e quello, a volte più interessante, tra i loro inesorabili critici, e quello, molto avvilente, tra coloro che si sono accodati ruffianamente, inseriti pretestuosamente, cercando un angolo di gloria e attenzione, con spudoratezza o discrezione non mi importa. No, non bastava il chiasso mediatico, televisivo, le reazioni sgomente nelle parrocchie, quelle politiche in Vaticano, quelle clericali in politica, e quant’altro abbiamo visto in questa insalata inedita, con maionese impazzita, Scalfari in tonaca e il Papa, comunque più credibile, in approccio civile. Non, non bastava: ci voleva il libro e forse anche il libro non basterà anche se un film (quello di Nanni Moretti, presago e intelligente) c’è già stato e sulla scena degli spettacoli prevedo solo imitazioni dei comici e leccatine, compunte, di qualche presentatore e dei talkisti indomabili. Domani acquisterò anch’io La Repubblica e l’indigeribile libretto, da bravo bibliofilo collezionista (anche contraddittorio: non vedo l’ora di vendere le montagne russe dei miei libri) e so già che mi allontanerò dalla ricerca della fede a cui mi stavo avvicinando. Ciò che non so, e chiedo, è solo questo – in sintesi: 1. Al Papa andranno i diritti di co-autore, e in quale percentuale? 2. I proventi saranno devoluti in beneficenza? 3. Oppure finiranno, come un piccolissimo satellite, nel firmamento del leggendario patrimonio di Scalfari?
ANCHE I LEGHISTI HANNO UN CUORE
Senza punto interrogativo, voglio metterla giù piatta, piatta – la mia implorazione odierna. E dunque. Assodato che la Lega aveva l’unico progetto politico, ancorché non condivisibile, nel marasma dei partiti degli ultimi lustri. Assodato anche che la secessione del Nord dal Sud si è rivelato, ieri oggi e domani, un progetto motivabile ma irrealizzabile. Premesso anche che molti leghisti sono, perché li conosco, e tanti altri sembrano, uomini onesti, semplici, idealisti, di buone intenzioni e buona volontà. Bene, di fronte alle cose orribili che troppi leghisti sostengono di fronte alla tragedia di Lampedusa, vorrei dirvi: chiudete gli occhi, immaginate che noi, noi italiani, potremmo essere come gli eritrei, i tunisini, i libici, eccetera (sì, è brutto scrive “eccetera” quando eccetera significa persone disperate, affamate e infelici) e che i nostri figlioletti siano al posto dei loro figlioletti… Non è un’immagine straordinaria né tanto remota. Anche questo siamo stati, noi italiani, all’inizio del secolo scorso: gli americani ci bloccavano nell’isoletta per spidocchiarci, in quarantena, prima di accoglierci, ma senza lasciarci morire… Insomma, cosa abbiamo noi di più e di meglio, di fronte ai disgraziati che sono morti nelle acque di Lampedusa? Non siamo tutti creature umane, divise all’origine solo da un destino diverso, oggi privilegiato per noi e crudele per loro, come fu crudele per i nostri bisnonni che cercavano un pezzo di pane in America? Cari leghisti, e scrivo cari perché mi siete cari, anche voi avete un cuore. Senza punto interrogativo. Ora aprite gli occhi e parlate, a quei disperati, di fronte a quelle vittime, con parole diverse.
C’E’ DONNA E DONNA: MARINE LE PEN E JANET YELLEN
Non mi piace Marine, in testa nei sondaggi francesi soprattutto perché invoca l’uscita della Francia dalla Unione Europea. Non sa quello che dice oppure, peggio, lo sa e lo dice per incantare le folle disordinate e inconsapevoli. *** Mi piace molto che Obama abbia scelto una donna, giusto Janet Yellen, alla guida della Fed, la banca più potente del mondo. Perché le donne (eccezion fatta per le mie due virtuose mogli, comunque poco dispendiose) hanno un più semplice senso dei bilanci, delle convenienze, dei rischi e degli interessi. Mi auguro che Mrs. Janet non ci deluderà.
TORMENTONI. AINIS INCONTINENTE E ROSSELLA VERSO LA BASSA SOCIETA’
Spero solo che i miei affezionati lettori non si stufino del piacere che provo nel proporre, quasi ogni giorno, i miei due tormentoni preferiti. Primo tormentone: gli editoriali alluvionali che il Corriere pubblica in prima pagina, costringendo i pazienti lettori a una fastidiosa ricerca nelle pagine interne, per leggere il seguito. Ebbene, avevo appena finito di scappellarmi per i complimenti ad Angelo Panebianco (uno dei più grandi “pisciatori” dell’universo giornalistico) perchè era riuscito a contenersi, per una volta, in prima pagina…ed ecco che Michele Ainis, di prostata abitualmente corretta, si scatena e dalla prima pagina sconfina all’interno. La mia personale sanzione: Michele, questa volta non la leggerò. E tuttavia non sarà una giornata triste, la mia, perché – secondo tormentone – Carlo Rossella oggi nella sua sciagurata rubrica sul Foglio, “Alta società”, ci riserva una sorpresa. Per una volta si dimentica dei nobili veri che non frequenta e dei nobilastri con cui fa comunella, dei ricchi veri, che lusinga con citazioni imperdibili, e dei riccastri improvvisati, che invece sono lusingati dal suo tocco di violinista. E – addirittura – si avvicina alla bassa società, di cui per dna faccio orgogliosamente parte: arriva a citare l’apertura dell’ennesimo ristorante romano, piatto centrale la pasta ai fagioli… Alt, Carletto mio: per il bene che ti voglio, alt. Così rischi di perdere la credibilità nel tuo mondo di Alicio nel paese delle meraviglie, addio ricchi e riccastri, addio nobili e nobilastri… E io come farei a insistere nel mio modesto controcanto? Fermati, rinsavisci: ti darò la “mia” ricetta, ineguagliabile, per la pasta e fagioli, certamente superiore a quella della piccola pubblicità che dedichi oggi a “Il Palato di Alfredo, restaurant veramente ottimo, Via Metastasio 21.” Scusami, però unicuique suum: se tu scrivi restaurante, io posso borbottare “I mej cojoni”?
10 -10- 13
cesare@lamescolanza.com