“Tagliare 170 milioni alla Rai vuol dire ucciderla” (Luigi Gubitosi, direttore generale della Rai, sui giornali di oggi, giovedi 17 aprile 2014).
ATTUALIZZANDO… UN PAESE ANOMALO, SENZA BUON SENSO
Gubitosi ha ragione, sia pure con qualche riflessione aggiuntiva. Non siamo un Paese normale, soprattutto siamo privi di buon senso. E viene sempre in mente la lucidità di quel vecchio proverbio che ammonisce “Attenzione a non buttare il bambino insieme con l’acqua sporca”. La metafora si applica perfettamente alla situazione della Rai. Il direttore generale, Gubitosi, e il presidente, la signora Tarantola, sono stati insediati un anno fa con un mandato esplicito: rilanciare la Rai in due modi, risanando i conti e restituendo dignità e valori, da azienda di servizio pubblico, ai programmi. Dopo un anno, al di là di attacchi, veleni e polemiche, il bilancio mostra che un buon risultato sui conti è stato raggiunto. Ottimo: primum, vivere! Ora – il mandato è triennale – per Gubitosi e Tarantola si tratta di metter mano ai programmi. In questo senso il lavoro da fare è notevole, in questo diario ho raccolto spesso voci critiche e da parte mia non ho certo fatto mancare osservazioni, a volte perfino impertinenti, ma costruttive, con proposte che nascono dall’esperienza… Per dodici anni ho fatto programmi Rai e Mediaset, poi sono stato emarginato e a mia volta mi sono sfilato, per motivazioni di rapporti dolorosi e deludenti, anche per mia responsabilità, che non voglio rievocare ancora una volta, qui: scriverò un libro, a mente fredda, se potrà interessare a qualcuno. Ho fatto autocritica, come dovrebbero farla l’ottanta per cento di coloro che lavorano in Rai, per la confezione dei programmi. I miei programmi, collaborando con eccellenti conduttori e con autori di professionalità a volte egregia, hanno sempre ottenuto soddisfacenti e a volte straordinari ascolti. Ma sul piano della qualità e dei contenuti, no, troppo spesso io per primo (con buone ragioni da parte dei telespettatori) non ero contento. I motivi sono molteplici, collegiali com’è giusto. Ne parleremo in altra occasione.
La riflessione, in questa occasione, è sulla nuova iniziativa di pessimo buon senso che il governo rischia di prendere a proposito della Rai, proprio in coincidenza della ricorrenza dei suoi sessant’anni di vita, prevalentemente prestigiosa e preziosa. Tagliare il canone a colpi di accetta, proprio nel momento in cui i conti sono stati rimessi a posto, in un solo anno, e quando l’aspettativa riguarda il lavoro, che finalmente si può fare, sui programmi, sui contenuti, sull’immagine, sul doveroso servizio pubblico? In Rai (e il cielo continui a benedire questi gloriosi programmi) si va avanti ancora con “Il medico in famiglia” e l’infinita, gustosa serie di Terence Hill! Dove sono le idee nuove, quale spazio viene dato alle numerose eccellenze interne? Con qualche lampo geniale e purtroppo con pessime cadute, la Rai va avanti come ha potuto, difende la sua leadership in maniera dignitosa, ma lo standard non è al livello di alcune stagioni di un passato memorabile (i primi nomi che mi vengono in mente sono Bernabei, Agnes e i padri fondatori di Rai 3 – con cui, a scanso di malizie, non ho mai lavorato). Primum vivere, perfetto! E ora che si può vivere, di nuovo proviamo ad uccidere la Rai sulla sua vitalità finanziaria?
Signori, Renzi, Cottarelli, mi rivolgo a tutti coloro che della Rai si occupano e a quanti, soprattutto, hanno possibilità di autorità politica: la giusta strada non è questa. Alla vigilia di Pasqua, non dobbiamo parlare di esecuzione, ma di resurrezione. E allora. Primo, rispettare i conti e il risanamento, e – se possibile – anzichè i tagli, studiare intelligenti incentivazioni. Secondo: esigere, da parte del governo, e Gubitosi e Tarantola hanno dimostrato di poter riuscirvi, che i tagli siano fatti sulla base dei molti sprechi ancora inesistenti, secondo strategie editoriali precise, e dando spazio ai giovani, al merito, a chi conosce l’azienda e i suoi problemi. Terzo: il servizio pubblico deve essere lineare, coerente, non solo continuo, ma quotidiano, la corretta informazione deve essere garantita, le faziosità eliminate o almeno ridimensionate. Quarto: i programmi. Spalancare le finestre, fare entrare aria fresca a viale Mazzini e in tutte le sedi Rai e nei numerosi uffici (si potrebbero razionalizzare), dove si lavora per la Rai, si “crea” per la Rai. Senza timore del giudizio del pubblico, della comunità: anzi coinvolgendolo il più possibile con tecnologie e iniziative (il web!) congrue ed efficaci.
SALVATE IL CAVALLO, SALVATE IL SOLDATO RAI
Sono perfettamente consapevole che è facile indicare la strada giusta, assai più complicato percorrerla. So bene che nelle recenti nomine (il pacchetto non è stato ancora varato interamente…) il nome di Gubitosi è stato agitato come quello di un autorevole candidato a questa o a quella azienda (la Rai è importantissima però, è cruciale). So bene che alcuni hanno insinuato che lo stesso Gubitosi sia stato incline alla possibilità di andarsene, avendo sistemato una parte del suo compito e ben avendo capito che aria tira da sempre alla Rai, tra le unghie dei politici e le insidie dei potentati interni: personalmente non ci credo, temo se mai che Gubitosi abbia fiutato il pericolo di nuovi tagli, appunto, che lo spingerebbero a fatiche senza traguardo, degne di Sisifo. So tutto questo, e so un po’ d’altro, come tanti sanno qualcosa, e pochissimi sanno tutto. E allora? Corrono anche voci contraddittorie: che Renzi voglia trovar spazio anche alla Rai, come ha fatto nelle recenti nomine, per collocare uomini e donne di sua stima. C’è anche – e l’ho già scritto – chi sostiene invece che il premier non abbia alcuna voglia di suscitare chiasso e polemiche alla Rai (così è come, al Corriere della Sera).
Non so. Quello che so, lo scrivo. Notizie, indiscrezioni e naturalmente le mie opinioni.
Quello che so è che credo in questo appello, e a Sisifo, se non lo ributteranno giù dalla montagna col macigno dei conti, a Renzi, a Cottarelli, a tutti coloro che vogliono bene alla Rai e vorrebbero tutelarne l’esistenza e i diritti, voglio dire: SALVATE IL CAVALLO, SALVATE IL SOLDATO RAI. E’ una battaglia che si può vincere.
*** Scrivete – oggi in particolare sarei proprio felice di leggere il parere di tanti, che si tratti di consenso o di critiche – indirizzando a cesare@lamescolanza.com
17.04.14