OGGI VI DICO CHE… SNOBISMO, GRAVE MALATTIA DELL’ANIMA

“Lo snobismo è una malattia grave dell’anima, medicine ma localizzata e che non la gusta tutta”. (Marcel Proust, La prigioniera, 1923)

“Lo snob è un uomo che persegue un’apparente autoelevazione sul cammino di un reale autoannientamento. È, in senso proprio, il masochista dell’ordinamento sociale”. (Arthur Schnitzler, Il libro dei motti e delle riflessioni, 1927)

ATTUALIZZANDO… UN RICORDO DI GIANNI AGNELLI, IL RE DELLO SNOBISMO

gianni agnelli

Gianni, così lo chiamavano tutti anche senza avere con lui la pur minima familiarità (succede ai grandi),  è stato senza dubbio il non plus ultra dello snobismo: non tanto per la cravatta fuori del maglione, l’orologio al polso destro, l’abitudine di girare senza una lira in tasca – tutti erano onorati nel fargli credito… Era snob nel fondo dell’anima e della sua contraddittoria personalità: ad esempio, curiosissimo di tutto e di tutti, quasi sempre mostrava o esibiva un’attenzione verso qualsiasi argomento o personaggio (preferibilmente femminile) di attualità, salvo poi, di colpo, stancarsene e defilarsi, senza nascondere la noia micidiale che lo affliggeva. Ho avuto il piacere di incontrarlo tre volte e tutte e tre le volte ho ricavato queste impressioni. Se riuscissi ad essere davvero impertinente, direi: un fancazzista di altissima qualità, ben consapevole, senza eccessi e anzi con gran simpatia, del suo ruolo, delle sue ricchezze, del potere illimitato. Gradevolissimo conversatore, ironico, con la erre moscia che tutti ricordano, elegante, ma del tutto incapace di concentrarsi operativamente sui problemi, grandi o piccoli che fossero. E attorniato da una corte dei miracoli, collaboratori zelanti ma anche servitori volgari, manager di primo ordine ma anche ruffiani senza pudore, comunque tutti accomunati da un rispetto imbarazzante, autentico o falso che fosse. In un incontro, sapevo che mi stava sondando per l’eventuale nomina alla direzione di “Stampa sera”, Purtroppo, ma lasciatemi dire anche per fortuna, fin da bambino non sono abituato a slinguare e a dire ciò che il potente interlocutore di turno aspetta di sentirsi dire. Cerco di esporre le mie idee, a volte sbagliate, con crudezza, sinteticamente, entrando nel merito delle questioni. L’Avvocato (tra parentesi, non lo era, ma tutti lo hanno sempre chiamato così) era un grande intervistatore. Mi chiese indiscrezioni e retroscena sul mondo editoriale e sul mondo dello spettacolo, i territori che frequentavo. Una raffica di domande, senza lasciarmi mai il tempo di approfondire. Poi, di colpo, mi chiese cosa pensassi di “Stampa sera”, l’edizione del pomeriggio (ridotta a misera cosa) de “La Stampa”. Commisi l’errore di sintetizzargli il mio temerario progetto: il giornale avrebbe dovuto diventare estremamente popolare e conquistare copie e simpatia in due grandissimi spazi, la fiducia e il consenso dei meridionali, presenti in massa a Torino e nella Fiat; e l’adesione e la fidelizzazione dei tifosi della Juventus, più o meno come da sempre fa “Tutto sport”. Alla parola “popolare”, Agnelli innalzò un sopracciglio. Alla parola “meridionali” mi chiese, senza apparente ironia: “Lei è meridionale, vero?”. Come in un film, ammisi: “Nessuno è perfetto. Sì, sono calabrese”. L’Avvocato sorrise e rispose così al mio riferimento alla Juventus: “Non saprei dire… Sa, il leggo solo “Le equipe”. E tornò a consultarmi su non ricordo più quale avvenente soubrette e quale corrosivo giornalista, critico verso la usa azienda. Capiì al volo che la mia candidatura era tramontata. E, come sempre, l’Avvocato mi congedò dall’alto del suo efferato snobismo, alzandosi in piedi e offrendomi la mano: “Non vorrei rubarle altro tempo…” Non amo Scalfari, e tante volte ho detto perché. Però lo stimo. E’ suo, di Eugenio, il più divertente ritratto di Gianni Agnelli che abbia letto… Non ricordo bene i passaggi dell’articolo, ma tutti ricordiamo bene l’eloquente titolo: “L’Avvocato di panna montata”.

GIANFRANCO AQUILA, IL SIGNORE DELLE PENNE, A CONFRONTO CON L’AVVOCATO

gianfranco aquila

Un caro amico mi ha parlato a lungo dell’imprenditore Gianfranco Aquila, definito il Signore delle penne, perché è proprietario e leader di due aziende, una famosa per le penne stilografiche, l’altra per gli orologi. Presto uscirà un libro su questo personaggio e sulla sua impresa. L’azienda delle penne si chiama Montegrappa, non solo a mio giudizio sono più preziose, tanto per stabilire un riferimento, ed eleganti delle Mont Blanc. L’azienda fu fondata dal padre Leopoldo Tullio, via via entrarono nell’azionariato personaggi dello sport come Jian Alesi e dello spettacolo, come Sylvester Stallone. Gianfranco ha eclettiche passioni: automobili, tennis, abiti, profumi; e ama anche cantare, nelle riunioni con gli amici. Mi riprometto di intervistarlo, ho letto – e mi ha molto colpito – che avrebbe paura per il tempo che passa, per i rimorsi… E’ assai raro che un importante imprenditore sveli in pubblico le sue intime paure, perciò, mi procurerò la biografia scritta da Claudio Ruggiero e sono quasi certo che non ne resterò deluso. Ma perché vi parlo di Aquila? Il mio amico mi ha detto che l’imprenditore (napoletano di origine, il suo regno è da lustri a Bassano del Grappa) nel libro racconta di considerare un onore un incontro con Gianni Agnelli, e di avere vissuto con emozione quell’esperienza… Ebbene, nell’Italia sfasciata di oggi, vogliamo finalmente, senza aspettare gli storici, valutare cosa realmente abbia fatto casa Agnelli per l’Italia e gli italiani? E cosa ci abbia lasciato? Un’azienda in condizione fallimentare, dopo aver scroccato dallo Stato aiuti e risorse; ci ha lasciato un manager abile e scaltro, che ha portato via i posti di lavoro che restavano e il marchio Fiat e Ferrari in bocca agli americani, per salvare le aziende. E, contemporaneamente, vogliamo valutare seriamente che cosa abbia invece fatto la famiglia Aquila, e tutte le aquile che per fortuna tengono botta nel nostro Paese, anzi primeggiano, ci aiutano a reggere i disastrosi bilanci? Con gli Agnelli siamo andati a picco, l’aquilotto Gianfranco vola in alto senza chiasso e senza strepiti, senza vana gloria. E tanti altri come lui. Questo, e non è poco, è quel che resta dell’Italia e delle speranze che ancora nutriamo per la nostra rinascita.

FEDERICA PANICUCCI, PER FAVORE NON DURSIZZARTI

federica panicucci

I blog e varie agenzie hanno reso pubblico che Enzo Iacopino presidente dell’Ordine dei giornalisti ha diffidato Barbara D’Urso, si è anche scagliato su Facebook contro la popolare conduttrice, pur senza farne mai il nome. Iacopino non vuole soubrette nell’informazione, dice che l’informazione è una cosa seria e l’esercizio abusivo di una professione va punito. Risulta che il presidente dell’Ordine si è rivolto al procuratore della Repubblica di Milano e di Roma, all’Agcom, al Garante per la protezione dei dati personali e al Comitato media e minori presto il ministro dello Sviluppo Economico, dipartimento Comunicazione. Sostiene che la D’Urso realizza le sue interviste senza rispettare la difesa della privacy e il coinvolgimento dei minori. In pieno rispetto per le autorità qui sopra nominate, come sempre vorrei fare un paio di riflessioni in buona coscienza. Iacopino, giustamente, dal suo punto di vista e per la carica che ricopre, deve sostenere che nessuno possa fare il giornalista senza essere iscritto all’Ordine. Su questo punto dissento nel merito: la Costituzione garantisce libertà di espressione a tutti, quindi a parer mio Barbara, come in passato Paolo Bonolis e Paola Perego (con i quali ho collaborato strettamente), abbia – lei come tutti – diritto di accogliere nel suo salotto televisivo i personaggi che preferisca e di impostare come desideri (nel rispetto delle leggi) le conversazioni, i battibecchi, gli scambi di opinione. Esiste poi un problema di opportunità, non vincolato dalle leggi, salvo per quanto attiene alla difesa della sensibilità dei minori, a eventuali oscenità o atti contro il pudore, eccetera. Il contenuto delle interviste di Barbara D’Urso spesso stuzzica la morbosità dei telespettatori, certamente giova agli ascolti occuparsi di cruenti fatti di  cronaca, magari intinti di riferimenti sessuali. Non è solo la D’Urso – bravissima! – a essersi specializzata in questa materia, ci sono vari programmi incentrati su delitti cruenti e passioni travolgenti. Ci vorrebbe, quindi, una uniformità di giudizio. Colgo l’occasione per dire che alcuni ammiratori di Federica Panicucci (en passant, l’ammiro anch’io moltissimo) mi hanno segnalato una tentazione che sta cogliendo anche questa affascinante e abitualmente rigorosa conduttrice di Mediaset: scivola anche lei, a tratti, verso la cronaca nera ed erotica, certamente per inseguire gli ascolti. Ebbene, cara Federica, non hai bisogno di questi mezzucci, hai qualità professionali che comunque ti farebbero emergere in ciò che sai fare. Altro elogio va a Paola Perego, magari i suoi ascolti lievemente soffrono, ma finalmente nella sua “Domenica in” assistiamo a interviste apprezzabili, senza bisogno di solleticare le esigenze, volgari, di un certo pubblico. La Rai svolge un servizio pubblico, le direttive del tandem Tarantola e Gubitosi non sempre sono seguite da autori e conduttori. La Perego dimostra che si può almeno tentare di fare televisione alta, in modo dignitoso. Mediaset non ha questo dovere, ma la Panicucci sì: per se stessa e per il pubblico che, fino ad ora, l’ha stimata e portata a indiscutibili successi.

 cesare@lamescolanza.com

 26.11.14