“Le qualità che dimostrano il nostro buon diritto a ottenere ciò che qualcun altro si prende: questo è il merito.” (Ambrose Bierce, order “Dizionario del diavolo”, Ugo Guanda Editore, 2010).
ATTUALIZZANDO… VOLETE ADERIRE A SOCRATE 2000?
Per l’ennesima volta, vi prego di aderire al mio movimento di opinione, senza fini di lucro, “Socrate 2000, per il ritorno al merito”. Restituire dignità, onore, riconoscimenti, e ruoli di comando a coloro che lo meritino, senza padrinati di sorta: questo è il problema italiano fondamentale da risolvere. In ogni epoca storica e sotto ogni regime, un vizio umano diffuso e incorreggibile è il nepotismo, la raccomandazione, un calcio ben assestato nel posteriore di chi meriterebbe poco o nulla… Ma, in Italia, si è passato ogni limite di decenza. Al mio movimento hanno aderito migliaia di persone, di ogni età, senza preclusione di idee politiche, religione, appartenenza a classi sociali, eccetera. Chiunque può aderire se condivide l’unico valore aggregante: l’impegno a far sì che il criterio del merito torni ad avere importanza. Ed è giunto il momento di fare qualcosa di concreto. Leggete, se volete, qui sotto… Se volete aderire, cliccate su http://www.socrate2000.com/ , scrivete “aderisco” e accludete i vostri riferimenti.
RAI: INCONTRO CON GUBITOSI, DOPO LA MIA LETTERA APERTA
Scrissi qualche tempo fa una lettera aperta, in questa sede, ai vertici della RAI, la Presidente Anna Maria Tarantola e il direttore generale Luigi Gubitosi. La Tarantola, molto cordialmente, mi ha ricevuto qualche tempo fa. Questa mattina ho incontrato il dg Gubitosi che non conoscevo. In sintesi nella lettera aperta dicevo tre cose. La prima: complimenti, avete lottato per mettere a posto i bilanci RAI, questo è un ottimo risultato. Primum vivere… La seconda: e i contenuti, i programmi? Non mi sembra che ci siano stati importanti cambiamenti. La terza: come avete fatto per i conti, anche per i programmi dovreste dare un segnale forte di cambiamento, un segnale anche galvanizzante per i tanti che hanno talento in RAI, ma non sono adeguatamente valorizzati. Gubitosi mi ha dedicato quasi un’ora del suo tempo. All’inizio freddo, quasi gelido, secondo i ritratti che gli vengono dedicati. Poi affabile, in possesso di senso dell’umorismo, rispettoso delle opinioni altrui, determinato a difesa delle sue. Mi è apparso convincente, affidabile: del resto il suo curriculum parla con chiarezza. Gli ho portato in regalo il mio ultimo libro “Quei magnifici spot”, incentrato sulla storia della pubblicità, con una dedica gentile e maliziosa: “Avete cambiato metà della RAI… E l’altra metà?” Mi ha risposto subito dicendo che c’è bisogno di tempo e che, comunque, molte cose sono state fatte anche per la scelta e gli indirizzi dei programmi; di molte di queste iniziative, sinceramente, non ero a conoscenza. Alla fine mi ha dato appuntamento tra sei mesi quando – secondo le sue intenzioni – molti altri obiettivi saranno stati raggiunti. Per parte mia, ho insistito sul mio chiodo fisso: il merito. Chi guida la RAI deve essere cosciente che si tratta dell’azienda simbolo della salute italiana: per l’amministrazione, per i rapporti con la politica, per gli ideali, per i traguardi da servizio pubblico assolutamente indispensabili. E perciò, con mio sommesso parere, bisognerebbe dare due segnali forti: il primo, per quanto riguarda i nuovi indirizzi, morali e culturali, sociali, verso cui orientare i palinsesti – e questo è stato fatto da Tarantola e Gubitosi ma non credo che la linea editoriale sia stata sempre rispettata con intelligenza e coerenza. Il secondo, la necessità di una esplicita forma di galvanizzazione per le tante risorse, di cui l’azienda di viale Mazzini dispone, individuazione e gratificazione dei giovani talenti in primo luogo. Darò conto di ciò che è stato fatto e di ciò che verrà perseguito nei prossimi mesi. E dichiaro di aver fiducia in questo manager di caratura inglese, pronto ad ascoltare tutti e poi, com’è giunto, ad andare avanti di testa sua. Sono affezionato alla RAI per aver collaborato ai suoi programmi per una decina di anni. Ho una certa età e desidero dare un buon esempio, con qualche passo indietro. Spero dunque che questa nota di apprezzamento non sia letta in modo malizioso. Non mi candido a niente, al massimo, se si farà, a dare qualche idea dall’esterno, da questo mio rifugio privato, se ci saranno iniziative per rilanciare la meritocrazia.
IL PAPA SCONOCIUTO: ILLUSTRE SARMI, CARA GIORGETTI, MI SPIEGATE PERCHE’?
Ho scritto qualche giorno fa di aver indirizzato una lettera a Papa Francesco con l’indirizzo della Chiesa di Santa Marta che Sua Santità frequenta spesso. Credevo, così, di dribblare la presumibile burocrazia del Vaticano. Macchè! La busta è tornata indietro con questa stampigliatura: “Destinatario sconosciuto”?!?! Com’è possibile? Intendiamoci: questo disguido in parte mi ha reso felice perché la busta è diventata un cimelio tra le mie collezioni, povere, di cose bizzarre e incredibili. Seriamente, però, mi piacerebbe avere una risposta dal leader delle Poste italiane, Sarmi, importante manager impegnato addirittura nel salvataggio di Alitalia, e proiettato dopo una lunghissima carriera verso nuovi e prestigiosi traguardi professionali, da Finmeccanica in su o in giù. E anche la solerte Simona Giorgetti, potrebbe fornirci qualche ragguaglio. Una mia collaboratrice insinua che l’incredibile disguido possa essere avvenuto per responsabilità delle Poste Vaticane, a cui vengono automaticamente smistate le corrispondenze di questo tipo… Chissà. Credo che la mia sia una curiosità legittima e ragionevole.
FONDAZIONE CARIGE, I CANDIDATI ALLA PRESIDENZA
Ci occupiamo della Cassa di risparmio di Genova con affetto e amarezza. Affetto, perché considero Genova la mia città di adozione e sono di conseguenza legato, per la stima, a questo istituto di credito. Amarezza per le vicissitudini attuali, che assomigliano molto a a quelle del Monte dei Paschi di Siena. Vogliamo provare a sintetizzare? Tutto nasce dalla rivalità tra il Presidente della Fondazione, l’industriale Flavio Repetto, e il Presidente della Carige, Giovanni Berneschi. In parole povere e brutali, Berneschi voleva imporre un aumento di capitale, indispensabile per mettere a posto i bilanci della banca, alla Fondazione. Flavio Repetto era assolutamente contrario, per timore di veder svanire l’importanza della sua partecipazione. Da qui una guerra, per nulla velata. Di recente avevo scritto: ne valeva la pena? Una domanda giustificata dalla prevedibile conclusione: sia Repetto sia Berneschi, alla fine ci lasceranno le penne. L’aumento di capitale è indispensabile, si farà prima o poi; la partecipazione della Fondazione sarà ridimensionata. Si sono accesi sulla
disputa i riflettori abituali e cruciali: da una parte quelli dei mass media, dall’altra quelli della magistratura. Mi dicono che, anche sotto la vigilanza di Bankitalia, ci siano molti pasticci da chiarire. Qualche parola sui duellanti, li ho conosciuti entrambi. Repetto è un imprenditore abile, estremamente egoista, ambiziosissimo, non direi rispettoso dei ruoli altrui. Berneschi ha vissuto la storia della Carige da quando aveva i pantaloni corti, ne conosce i ripostigli, le cantine, le persone, tutto.. Ha reso grande la banca. Probabilmente, dicono i suoi avversari, si è mosso con disinvoltura, ovvero con la spregiudicatezza con cui hanno agito e agiscono quasi tutti i protagonisti del pasoliniano Palazzo. Tutti e due sono ottuagenari e, come accade in queste circostanze, senilmente e tenacemente affezionati alle loro poltrone, alla loro immagine, alle loro prerogative. Se sono ben informato, Repetto, persa la presidenza della Fondazione, mira a restare almeno come consigliere. E Berneschi, persa la presidenza della banca, aspirerebbe a un ruolo onorario, presidenza o giù di lì, una posizione attigua alle leve di comando che ha avuto in pugno per una vita. Per ultimo, qualche indiscrezione sui candidati alla successione di Repetto, nella Fondazione. I giornali, agguerritissimi il Secolo XIX e La Repubblica, hanno già proposto vari nomi: tutti bruciati, a uno ad uno. E questo è anche il mio rischio, di bruciare, anziché, sostenere. Quindi, mi limiterò a indicare tre personaggi che a guida della Carige, farebbero uno splendido lavoro, eppure tutti e tre sono categoricamente contrari ad assumersi questo carico. I tre sono: Bruno Musso, una star del management a Genova, in prima linea all’Ansaldo e poi in Finmeccanica, e al mitico ospedale Gaslini. Ora si è ritirato a Torino e, secondo fonti attendibili, rifiuterebbe a prescindere ogni proposta di ritorno a Genova. Poi, Andrea D’Angelo: insigne avvocato, assolutamente ineccepibile quanto a bravura e onestà, anch’egli contrario (si è detto che è stato già contattato) ad accettare l’eventuale presidenza. Infine, Sergio Carbone, anche’egli importantissimo avvocato, ex Finmeccanica, con torti subiti in strane vicende portuali, strumentalizzate ai suoi danni: un riconoscimento di questo genere sarebbe una compensazione, di fronte ai suoi meriti. Sempre col desiderio di non bruciare nessuna candidatura, a fiuto, mi sembra che i tre nomi in ballo, e più validi, sulla carta in questi giorni; siano Giuseppe Casale, l’ex ministro della giustizia Giovanni Maria Flick, Luciano Pasquale. Quest’ultimo è Presidente della Camera di Commercio di Savona: non si vede perché la tradizionale genovesità di Carige possa lasciar posto ad un “forestu”. Casale, teoricamente, appare il più solido. Per Flick ho simpatia personale:abbiamo frequentato la stessa scuola, il liceo ginnasio Doria, la sua famiglia abitava al primo piano del caseggiato in cui abitavo anch’io, in via Filippo Corridoni, dietro la Casa dello Studente di Genova. Ma chissà, prima delle decisioni, quante altre novità ci aspettano.
INCONTRO CON BUFFET TRA I GIORNALISTI E LA BOLDRINI
Riprendo da L’Espresso e non aggiungo nulla di mio, perché sullo stile del lavoro e sulle delusioni procurateci dalla Presidente della Camera ho scritto più volte, senza tenerezza. “Come rilanciare l’immagine di una presidenza che, malgrado tutti gli sforzi, sembra non scaldare i cuori?” Racconta L’Espresso.. Con un pranzetto: l’ufficio stampa di Montecitorio, nei giorni scorsi, ha organizzato un incontro informale all’ora di pranzo coi i giornalisti parlamentari e le agenzie, in cui la Boldrini ha fatto la sua fugace ma significativa incursione, tra un risotto gamberetti e asparagi e “una delicatissima parmigiana di melanzane”. Eletta alla Presidenza della Camera, sostenuta da Nichi Vendola (Sel), per fare da trait d’union tra la società civile stufa del politichese ed una classe politica mai davvero pentita degli eccessi, Laura Boldrini sconta ora la perdita dell’emblema de “l’Italia migliore” che inizialmente le era stato affibbiato. La “regina della casta” com’è stata ribattezzata tra mille polemiche sui suoi reali tagli di spesa alla Camera, cerca (invano) di scaldare i cuori dei giornalisti, che hanno smesso di seguirla – complici i voli di linea che la Boldrini predilige in luogo di quelli di Stato – e delle sue cadute di stile. Ma un pranzo, se pur con dei buoni fritti – come testimonia una giornalista invitata – basterà a fare pace con i giornalisti? Molti sostengono di no..
18- 11- 2013
cesare@lamescolanza.com