“Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale. Vengo anch’io. No, tu no. Per vedere come stanno le bestie feroci e gridare aiuto, aiuto è scappato il leone, e vedere di nascosto l’effetto che fa” (Vincenzo Jannacci, Dario Fo, Fiorenzo Fiorentini).
ATTUALIZZANDO… SONO VECCHIO SE RIMPIANGO IL GRANDE JANNACCI?
Ricordate gli straordinari versi della canzone di Jannacci? E sono un vecchio nostalgico e rimbambito se rimpiango la freschezza, la fantasia di quella canzone, la qualità di Jannacci? Quella canzone mi è venuta in mente giorni fa, seguendo come tutti la sciagurata tragedia dei due giovani romani, che hanno ucciso un loro conoscente – scelto a caso – per “vedere l’effetto che fa”. I tempi sono cambiati, odio fare il moralista e, di solito, guardare malinconicamente al passato. Ma, insomma, quest’accostamento mi è venuto in mente e non riesco ad allontanarlo.
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FENOMENOLOGIA DI MARIA MONSÉ
Umberto Eco scrisse un memorabile libro alcuni lustri fa sulla fenomenologia di Mike Bongiorno. Più umilmente, dedico qualche riga a Maria Monsé, un caso significativo di come si possa fare televisione negli ultimi anni. Dunque, la bella Maria era sostenuta all’epoca da un senatore molto importante, la direzione della Rai aveva suggerito agli autori di “Domenica in” (quorum ego) di fare il possibile per darle uno spazio. Mi inventai un’ideuzza, che doveva durare trenta secondi. A conclusione di un dibattito gestito da Massimo Giletti, la Monsé, accosciata tra pile di libri, avrebbe dovuto enunciare un aforisma, teoricamente congruo con l’argomento trattato. L’ideuzza consisteva nel fatto che lei, su invito di Giletti, seriamente avrebbe dovuto aprire un libro a caso e leggere un qualsiasi pensiero autorevole, maliziosamente preparato dagli autori. In parole povere: si parlava di politica, fede religiosa, tasse, etc? Macché! Lei avrebbe letto un aforisma sul pollo arrosto o sull’arte di fare l’amore, sulla pasta al pesto o sulle eleganti divise dei corazzieri, e così via farneticando. Puntavo su un inevitabile effetto comico e Maria sarebbe diventata popolare e famosa, oca regina. Non avevo tuttavia considerato la testardaggine monsesca: per sette giorni lei preparava l’aforisma, studiava quelli che potessero essere adatti al dibattito, insomma tutto il contrario di ciò che suggerivo. Risultato: una banalità dimenticabile, che si può ricordare solo per la bellezza fisica dell’aspirante star. Oggi, la Monsé scrive libri, inventa calendari, organizza collezioni di moda e vi partecipa, con il sostegno del marito Salvatore Paradia. Per parte mia, nel dizionario che sto dedicando ai personaggi, giganteschi e minuscoli, della Rai televisiva dal ’54 ad oggi, ho inserito una voce che la riguarda: “Una volta ero fuori di me / e diedi spazio perfino alla Monsé”. Perdonatemi, lo dico sia a Maria, sia ai telespettatori di quella follia.
BERLUSCONI, DELL’UTRI, TOTTI. ESEMPLARE MANCANZA DI RISPETTO
Quante volte avrò scritto che, per me, la Costituzione potrebbe essere sintetizzata in un unico articolo: l’obbligo del rispetto per la persona. C’è tutto, nella parola rispetto! Nell’applicazione del senso del rispetto, verso gli altri, verso tutti, verso la comunità di cui si fa parte come cittadini o governanti o dirigenti con responsabilità pubbliche, ci sarebbe la linea guida per una società felice e civile. Alcuni lettori insistono a chiedermi: perché difendi con veemenza Berlusconi? Sei diventato berlusconiano? Perché sostenere Totti? Sei un passionale tifoso romanista? E perché difendi Dell’Utri? Disconosci il ruolo della magistratura? Rispondo, punto per punto.
Berlusconi. Non accettai di lavorare con lui alla fine degli anni settanta, sarei rientrato nel suo cerchio magico oppure avrei litigato dopo qualche settimana. Non gli ho mai risparmiato critiche, a teatro ho ideato “La berlusconeide”, che anticipava in modo buffonesco, con parodie visionarie, ciò che sarebbe esploso qualche mese dopo: le infinite storie galanti alla corte del Cavaliere. Ma, oggi, che è quasi ottuagenario, non ha più il potere di una volta, trovo volgarissimo, indecente, le cose che vengono scritte e dette su di lui da tanti cortigiani e ruffiani di una volta.
Totti. Sono tifoso del Genoa, per la Roma ho una simpatia perché iniziai la mia carriera, negli anni sessanta, seguendo gli allenamenti dei giocatori, ho conosciuto Totti superficialmente e ne ho sempre ammirato le divine qualità calcistiche. Le cattiverie che vengono scritte e dette su di lui, dopo ventitré anni di prodezze nei campionati di calcio giocati con una sola maglia, sono orribili, disgustose.
Dell’Utri. Ho avuto rare e simpatiche frequentazioni amichevoli con lui, lo stimo, non mi sono mai permesso di entrare nel merito di processi, di cui non conosco le carte. Rispetto la magistratura e le sue sentenze. Prevale anche il buonsenso, però. Che un anziano di settantacinque anni, accusato e condannato per un reato che neanche esisteva nei codici, “concorso esterno in attività mafiose”, un reato stigmatizzato e non contemplato in Paesi non meno civili del nostro, debba essere imprigionato in un carcere di massima sicurezza, come un criminale pericoloso… Ecco, questo mi sembra un’azione crudele e priva di buonsenso. Verso la magistratura esprimo una, direi ragionevole, perplessità. La mia indignazione è rivolta a coloro che celebravano e sfruttavano Marcello, quando era potente tra i potenti.
Allora, sperando di essere definitivamente chiaro, non sto dicendo che Totti dovrebbe giocare ed essere titolare nella Roma, non dico che Berlusconi sia stato o ancora potrebbe essere un leader esemplare, non sostengo che Dell’Utri debba essere scarcerato (ripeto, non ho studiato le carte). Dico che per tutti e tre, dovrebbe essere manifestato un rispetto per ciò che, comunque, hanno fatto, più o meno positivamente in tanti lustri, come protagonisti della società in cui viviamo. Un rispetto, che dovrebbe essere normale e obbligatorio da parte di tanti piccoli uomini, che stravedevano per loro e ne hanno tratto vantaggi personali.
MORETTI / NÉ LEONARDO NÉ FINMECCANICA… E INFURIA LA PUBBLICITÁ
Di solito, le aziende pubblicano il bilancio ufficiale per le loro attività affidandosi a una, al massimo due testate. Finmeccanica, no: ha pubblicato il bilancio sulle principali testate giornalistiche italiane. Forse per la volontà di Mauro Moretti, l’amministratore delegato, forse per buona volontà e genialità del suo comunicatore di fiducia, il cantante e poeta Federico Fabretti. Fatto sta che le uscite pubblicitarie erano in coincidenza con le visite della Guardia di Finanza, una quarantina di agenti piombati per una serie di perquisizioni nella sede di piazza Monte Grappa a Roma. Motivo? Accertamenti sulla discussa cessione di Ansaldo a Hitachi, su cui indaga la procura. A Moretti, che ha un caratterino vivace, è stato sequestrato perfino il cellulare! L’Ad, secondo “Il Tempo”, “è sbottato in urla deflagranti, percepite fino a due piani sotto”. Consentitemi una chiosa: trovo esagerato il provvedimento, anche perché, notoriamente, messaggi e telefonate restano registrati per parecchio tempo. Non è un bel momento per il “ferroviere”, così lo chiama su “Il Sole 24 Ore”, Gianni Dragoni.
Ho già scritto ieri ciò che penso: Finmeccanica prosperava all’epoca di Guarguaglini (diciotto miliardi l’anno), oggi discesa fino a dodici. Moretti era un ottimo leader alle Ferrovie, poi forse l’ambizione lo ha tradito: molti dubitano, non solo Dragoni, che sia il miglior amministratore possibile di un universo complicato come quello di Finmeccanica. Non basterà ribattezzare la società “Leonardo”, come ha deciso Moretti, per far funzionare le cose.
FUSIONE “IL CORRIERE” E “IL SOLE 24 ORE”? C’È LA ZAMPA DI PAOLO MIELI
Dopo la traumatica uscita di FCA dal “Corriere” e l’alleanza tra il gruppo “L’Espresso – La Repubblica” e “La Stampa”, i rumors sono due: il primo, che emergeranno (conflittualmente o no, non si capisce e non si sa) Rodolfo De Benedetti e John Elkann, come protagonisti; il secondo, che ci si sta preparando ad una clamorosa fusione tra “Il Sole 24 Ore” e “Il Corriere”. Mi permetto di aggiungere che, in tal caso, Paolo Mieli – che si sta attivando con la sua sommessa, ma efficiente, energia carismatica – sarebbe il presidente ideale della nuova società editoriale. Molti si chiedono quale sia la reale situazione finanziaria del “Sole”, ben diretto da Roberto Napoletano, e quella del “Corriere”, che viene descritta in modo disastroso nonostante la saggia veduta direzione di Luciano Fontana. In Rcs, l’azionista di riferimento, o comunque di maggioranza, è Diego Della Valle, quello che incuriosisce di più per la sua specificità nel settore (dalla pubblicità ai giornali popolari alla televisione) è Urbano Cairo. Certo è che ci vogliono molti soldi… Potrebbero metterli le banche come d’abitudine, potrebbero metterli gli imprenditori di Confindustria, che detiene “Il Sole 24 Ore”. Oppure, forse più verosimilmente, qualche finanziere cinese o arabo, per non parlare del solito Murdoch…
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18.03.2016