OGGI VI DICO CHE…IL MOCASSINO DI PAOLO CONTE

“L’invenzione del mocassino è una delle cose più sensazionali. Allora erano gli stivali delle sette leghe. E’ stato il massimo della goduria. Col mocassino si poteva andare dove volevi, ti faceva sognare, ti faceva venire voglia di scappare. Anche solo con la fantasia.” (Paolo Conte, 1988).

ATTUALIZZANDO… LIBERTA’ VO CERCANDO. IN UN LIBRO…

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Penso che tutti noi umani aspiriamo alla conquista – stabile – della libertà. E tutti la identifichiamo, simbolicamente, in qualcosa (pericoloso identificarla in qualcuno). Per Paolo Conte, con fantasia poetica, è il mocassino. Per tanti, a quel che sento, è un viaggio. Per altri, e li commisero, l’amore: considero questo sentimento come una perfidia, quasi sempre è schiavitù, sacrificio: un legame ingannevole, autodistruttivo; ha confini che ti trattengono, in prigione. Per me, il simbolo della libertà è un libro, un buon libro. L’azione si ferma, in movimento restano il cervello e la conoscenza, il cuore e le emozioni: la fantasia può portarti lontano, puoi andare in mille luoghi e passare da uno stato d’animo all’altro, secondo la guida dello scrittore, in una scoperta continua; oppure allontanandoti dalla guida, e immaginare per conto tuo, immedesimandoti nel racconto, ciò che allo scrittore neanche passava per la testa di proporti. Libertà assoluta!

IL LIBRO DI PIERO OTTONE

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L’ultimo libro di Piero Ottone, “Novanta”, editore Longanesi, è una delizia intellettuale per lo spirito; la prefazione che gli ha dedicato Eugenio Scalfari, invece, uno sgarbo sottile e volgare (un sopruso?). Mi libero subito del sassolino nella scarpa che mi ha provocato Scalfari, con la sua prefazione. Il Fondatore di “Repubblica” è stato un grandissimo giornalista e un cinico, ingegnoso, fortunato imprenditore (è stata per lui un’autentica fortuna, nell’impresa editoriale, l’amicizia e la collaborazione con Carlo Caracciolo, ben più bravo di lui). Con gli anni, un vizietto del dna di Scalfari – un egocentrismo assoluto – si è ingigantito, fino a diventare, secondo i casi, drammatico o grottesco; comunque imbarazzante, fastidioso. Insomma, voglio dire che se parla con un Papa, il Papa diventa lui, Scalfari; se parla con un premier, il premier è lui; se si confronta con Dio, il dio – laico, ma in grado di dettar legge nei temi religiosi – è sempre lui. Mi chiedo (e nei necrologi firmati da lui mi sembra che questo avvenga ripetutamente – se nei funerali ancora e sempre Scalfari voglia istintivamente occupare il ruolo del defunto. Figuriamoci, come nel caso della prefazione al libro di Ottone, se il confronto avviene con un collega giornalista, un ottimo scrittore come lui.

Cosa si è inventato, questa volta, il Fondatore? Ottone si definisce, con l’abituale low profile,  un semplice spettatore dell’epoca in cui ha vissuto. Compie novanta, durante questa lunga traiettoria quasi secolare, ha assistito a eventi di importanza storica, ha conosciuto personaggi famosi – senza mai, scrive sobriamente, la pretesa di voler dettare legge o di cambiare il corso delle cronache e, in alcuni casi, della storia. L’esatto contrario, in poche parole, di Scalfari, che è sempre protagonista e sempre sa cosa suggerire a Dio, ai premier, ai pontefici… A Ottone dice: tu non sei stato uno spettatore, quanto meno potevi definirti un grande testimone; e di più, perchè alla guida del Corriere della Sera hai saputo rivoluzionare il giornalismo italiano.

Commette un errore e un sopruso, Scalfari. L’errore (commesso anche da me, quando lavorai con Piero, in remoti anni formidabili) è quello di non capire che Piero proprio uno spettatore, senza presunzione, ma rigorosamente fedele alle sue idee, ha voluto essere – come poi ha dimostrato; e questa è la sua grandezza. E il sopruso – volgarotto a parer mio – è che l’elogio è storpiato, se non truccato, dall’incorreggibile vizietto del super uomo Scalfari: è lui, Eugenio, re del giornalismo e giudice supremo, ad accordare generosamente questa laurea ad Ottone, sovrapponendosi al suo libro con il suo immenso “ego”: come, ad esempio, raccontando che Piero gli suggerì di chiudere “Repubblica” e lui, ridacchiando testardo, non ci pensò neanche e alla fine ebbe ragione.

Questo sgarbato compiacimento è confermato da un particolare, del bellissimo libro di Ottone a Scalfari interessa solo questa piccola parte, il giornalismo, il confronto tra due carriere! In realtà “Novanta” – tali sono gli ani compiuti da Piero – è tante altre cose, deliziose, attraenti: riflessioni e ricordi, proposti e rievocati con quella chiarezza e discreta, rispettosa ma ferma, esposizione di idee – caratteristiche tanto lontane dalla personalità scalfaresca. Ci sono anche, per la prima volta, se non erro, lievi confidenze sulla sua vita privata, accenni di nostalgie. Ne scriverò ancora nei prossimi giorni, intanto mi permetto di consigliare a tutti una serena lettura di un libro interessante e istruttivo.

NOMINE / IL CODICE MUCCHETTI PREMIA FINMECCANICA

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Massimo Mucchetti ha stilato un codice di domande per esaminare i candidati alle cariche – imminenti – ai vertici delle aziende pubbliche. Secondo spifferi, qualificati, il presidente e l’amministratore delegato di Finmeccanica, De Gennaro e Pansa, dal questionario standard escono a pieni voti.

SCARONI, INTERVISTA RILEVANTE AL CORRIERE. MENTRE MORETTI…

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Il trilemma di Renzi, nella pratica delle nomine, è il seguente: a) lasciare tutto come sta; b) sostituire (rottamare) tutti o quasi tutti con manager di indiscutibile valore; c) sostituire tutti o quasi e piazzare, nelle poltrone che contano, personaggi sconosciuti, di discutibile valore ma di assoluta fiducia.

Alla luce di queste riflessioni, segnalo l’intervista di Paolo Scaroni, leader dell’Eni, al Corriere della sera, che mostra la qualità di un manager documentato, autorevole, che sa quel che dice e quel che fa. E segnalo il riottoso e insistente comportamento di Mauro Moretti, Ferrovie dello Stato, nella polemica sui super stipendi che corrono nelle aziende pubbliche. Per una volta dalla politica è arrivata una risposta esemplare. Il ministro Lupi gli ha detto, seccamente. “Moretti si scusi. Oppure, se non si scusa e davvero vuole andare all’estero, si accomodi pure…”.

 

 

cesare@lamescolanza.com

 

 

25.03.14