“Devo essere sincero: Renzi non mi convince. Non tanto per le idee e il coraggio: apprezzabili, specie in materia di lavoro. Quanto per come gestisce il potere. Se vorrà veramente cambiare verso a questo Paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso. Una personalità egocentrica e irrinunciabile per un leader. Quella del Presidente del Consiglio è ipertrofica…” (Ferruccio de Bortoli, Corriere della Sera, 24 settembre 2014).
ATTUALIZZANDO… DUE O TRE COSE CHE SO DI FERRUCCIO
Ho scritto tante volte (forse troppe) che assunsi Ferruccio nel 1975 o 76, se ricordo bene, quando era poco più che adolescente. In poche settimane de Bortoli diventò il mio cocco e quello dei vicedirettori del Corriere d’informazione, stimato dai colleghi al punto che fu nominato anche loro rappresentante sindacale. Erano gli anni di piombo. Ferruccio arrivava in redazione con un blazer blu, ma nessuno osava prenderlo per il sedere (tutti i giovani giravano in jeans stracciati e maglietta). Una volta, in corridoio, gli dissi: “Tu farai una grandissima carriera, non so se come giornalista, o come presidente di una banca o anche come prete… Se ti farai prete, diventerai certamente un cardinale, non dico altro perché i cardinali più meritevoli in conclave entrano da papa e escono bocciati senza apparente motivo.” Nessun commento da parte sua, solo quel sorrisino che ha mantenuto intatto da allora, cioè per quasi quarant’anni. De Bortoli scelse poi la carriera più lineare: la marcia verso la direzione del Corriere della Sera, ruolo che ha avuto per due volte, roba de guinness dei primati – e non escludo un terzo mandato, ora che la fine è annunciata per la prossima primavera.
E’ tempo di confidenze, per me. Aggiungo questo significativo particolare: come quasi tutti i giornalisti, anch’io – sebbene in tarda età – nutrii il prurito di ambire a firmare sul quotidiano di via Solferino. Ferruccio me lo promise più di una volta. Ma ogni volta rinviava, ci vedevamo a pranzo e, fin dall’antipasto, osservavo la sua espressione preoccupata… mi diceva che aveva problemi sindacali, di vertici di azienda, eccetera. Finché, un bel giorno, mi stufai e gli dissi: “Amico mio carissimo, voglio toglierti da questo malessere. Non preoccuparti più per la mia collaborazione. Ma permettimi di ricordarti una cosuccia…” Vidi, con soddisfazione, che il suo sorriso abituale si trasformò immediatamente in una lieve smorfia di preoccupazione. Il mio ex allievo conosceva bene il mio caratteraccio, la puntigliosa calabresità. “Quando ti assunsi, negli anni 70, il quadro politico era ben più ingombrante di quello di oggi, con tipini come Andreotti e Fanfani, Berlinguer e via dicendo… E le opposizioni sindacali? Furono gli anni più duri in giornalismo, con il mitico Raffaele Fiengo scatenato su ogni fronte. Ebbene, io non mi lasciai condizionare da nessun potere esterno alle mie competenze e assunsi te e altri ragazzetti, sulla base di un colloquio, dopo aver individuato il vostro talento. Massimo Donelli, Gian Antonio Stella, Gigi Moncalvo, Francesco Cevasco… E tanti altri.” Ferruccio recuperò il sorriso, condiscendente, con giustificazioni di occasione.
DOMANDA CRUCIALE: DOVE VA IL CORRIERONE?
Posso dunque dire, come debortologo ben più di Bisignani (informato, ma non oggettivo) che la complessità dell’animo, delle intime convinzioni e delle intenzioni di Ferruccio è materia di impossibile studio su questa terra. Certamente posso dire che Ferruccio è, innanzitutto, onesto e corretto. Non è poco, se questa virtù è unita all’intelligenza, alla sapienza diplomatica e al potere che riveste automaticamente il direttore di un grande giornale. Posso aggiungere che Ferruccio non fa nulla che possa rappresentare un rischio; e quando affronta un rischio, il rischio è ben calcolato, collocato in un territorio che gli assicura, quasi matematicamente, la possibilità di raggiungere l’obiettivo. Un formidabile giocatore non di azzardo, come sciaguratamente sono io per dna, ma di scacchi: sa proteggere alla perfezione il re, cioè sé stesso, e la regina, cioè le sue (legittime) ambizioni. E infligge lo scacco matto risolutivo agli avversari che gli si pongano davanti.
Nello scontro con il management, che lo ha portato alla conclusione annunciata del suo secondo mandato direttivo al Corriere, Ferruccio ha assunto la posizione giusta: la difesa della sede di via Solferino, la denuncia che il “buco” di Rcs non poteva ricadere sui bilanci, non criticabili, del giornale, l’opposizione al bonus che il management voleva attribuirsi, in tempi di crisi, l’opposizione all’aumento di prezzo… E quant’altro. Tutti atteggiamenti condivisibili, eticamente ineccepibili. Ma scommetterei che, prima di assumerli, Ferruccio abbia ben valutato le coincidenze con i suoi interessi e la sua carriera. La coincidenza tra etica, estetica e interessi strategici e benefici personali! Un capolavoro della scienza, della tecnica e, soprattutto, delle potenzialità del cervello umano…
Conclusione? L’editoriale di Ferruccio de Bortoli (potete leggerlo integralmente su www.lamescolanza.com), la vigorosa e ottimamente argomentata critica al premier Renzi rappresentano, per il giornalismo, un pezzo di antologia. Ma sarebbe superficiale fermarsi qui, a questa ammirazione. Perché de Bortoli ha scritto questo editoriale, ovvero una pesantissima ed elegante arringa (anche in salsa ironica) contro Matteo Renzi? Meditate, ragazzi, meditate. Le ipotesi sono tante, la risposta al perché non è facile da individuare, ma c’è. Ne riparleremo.
ENI E REPUBBLICA, LA PAROLA A SCARONI
Come facilmente ho previsto ed era prevedibile, dopo Descalzi e Bisignani, la puntualizzazione di Descalzi, le perle (su Il Giornale) di Nicola Porro, puntualmente è arrivata l’esternazione di Paolo Scaroni, ex leader dell’Eni. Non è una vera e propria intervista, sono attribuzioni di piccoli sfoghi da parte di Scaroni, oserei dire ingiustamente imputato in due vicende di tangenti. E Dario Cresto-Dina, giornalista esemplare, le riporta, dando l’impressione che si tratti di informazioni di prima mano. Quante volte ho scritto che, per aziende come Eni e Finmeccanica, è impossibile avere incarichi e commesse di valenza miliardaria, a fronte di concorrenze agguerrite, senza il ricorso a tangenti? Altrove viene posto immediatamente il segreto di Stato, per non mettere in difficoltà aziende simili. In Italia, si richiederebbe almeno un po’ di riservatezza. Che diamine! Il problema è solo accertare se i manager, responsabili delle trattative e quelli che decidono la concessione di tangenti e il loro ammontare, siano onesti oppure no. Lo strepito non giova a nessuno. Per quanto mi riguarda, penso che sia Descalzi sia Scaroni siano persone perbene. Rimprovero a Descalzi un’intervista troppo intima e ciarliera, per di più rilasciata a un tipo come Gad Lerner, di cui – mi dicono – sarebbe amico personale. E’ il caso di ricordare il vecchio proverbio “Dagli amici mi guardi Iddio, dai nemici mi guardo io”?
INTERVISTE FRETTOLOSE/ MICHELE ELIA, CELEBRANDO MAURO MORETTI…
A proposito di interviste frettolose, da segnalare un folgorante commentino su Il fatto a pagina 10. “In una sterminata intervista al Sole 24 Ore, il nuovo capo delle Fs, Michele Elia, si impappina sulla domanda più facile: è vero che, come accusa Diego Della Valle, alle Ferrovie comanda ancora Mauro Moretti, emigrato sei mesi fa in Finmeccanica? La risposta è tenera: “Con Moretti ho lavorato dal 1997… C’è stata una grande intesa…”. Altra domanda: C’è qualcosa in cui si vuole distinguere da Moretti? Lo sventurato risponde: “No, non c’è niente di nuovo che voglio fare rispetto ai suoi piani.” Dopo Claudio Descalzi di Eni – conclude Il Fatto – alle prese con lo scandalo Nigeria, un altro drago della comunicazione scelto da Matteo Renzi.
ELOGIO DI MARISELA AVEC ROBERTO D’AGOSTINO. BY PALOMBELLA
A Forum, egregiamente condotto da Palombella nostra, ovvero Barbara Palombelli, ho visto fianco a fianco Marisela Federici e Roberto D’Agostino. Un godimento intellettuale assoluto… Tre menti libere, più libere non si può: Barbara, Marisela, Roberto. La conduttrice garbata e appuntita, da grande giornalista, nel dibattito su argomenti di varia umanità (nella fattispecie, le esagerazioni di un vecchio signore che voleva ringiovanirsi senza freni): perfetta. La signora Federici, che amo teneramente, non ha limiti di autocensure, si esprime con schiettezza, con eleganza: dopo l’infortunio di essere passata dalle melliflue mani di Massimo Giletti, rigenerata dalla Palombella mi è apparsa nella forma migliore. La sorpresa più forte è arrivata da D’Agostino, quando ha detto che tutti noi indossiamo una maschera. Anche lui. E’ quello che pensavo da tempo. Penso cioè che la dimensione enorme del successo di Dagospia sia comunque inferiore al talento di Roberto, che forse non ha mai voluto tentare di mettersi a nudo e di cavare da sé quel meglio che certamente possiede.
OUTING? IN FUTURO SOLTANTO SU TWITTER
Negli ultimi giorni mi sono abbandonato, per impulso e istinto, a confidenze intime su argomenti di interesse comune, ma con elaborazioni private: i rapporti con i genitori, le esigenze e le complicazioni dell’amore.. Ho ricevuto una decina di repliche, tutte gentili e affettuose, con esternazioni confidenziali anche da parte dei miei interlocutori. Ma non un solo commento dal target di riferimento, a cui si rivolge questo diario: politici, imprenditori, dirigenti di aziende pubbliche… Sinceramente, ho pensato che si trattasse di una conferma di un certo disinteresse, anche cinico, verso i sentimenti, da parte di chi opera nel tuorlo o anche solo nell’albume dei poteri. Ma ammetto anche un errore professionale, che cosa possono interessare i miei sentimenti personali al target di “Alle cinque della sera”? Niente, giusto o sbagliato che sia. E dunque, per il futuro, ecco la mia decisione: via questi argomenti da questa rubrica; i miei sentimenti, secondo umori e capricci, depressione e rianimazione, saranno telegrafati a twitter, spero quotidianamente, sotto questo hashtag #statidanimo.
24.09.14