“Un politico pensa alle prossime elezioni, un uomo di stato alle prossime generazioni”. (James Freeman Clarke)
ATTUALIZZANDO… LA SFIDA A MILANO TRA GIUSEPPE SALA E
STEFANO PARISI
Al momento,se si votasse oggi, l’ex leader Expo probabilmente vincerebbe a mani basse. Ma al voto mancano alcuni mesi, i punti deboli si vedono, gli interrogativi sono obbligatori. Parisi parte in sordina, non gode della stessa visibilità, ma potrebbe crescere giorno per giorno, non si intravedono prevedibili difficoltà.
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GLI OSTACOLI SULLA STRADA DI GIUSEPPE SALA
Il più grande è ciò che potrebbe ancora scoprirsi sull’Expo. Nell’ultima polemica con il giornalista Barbacetto, ad esempio, di fronte a un’opinione pubblica matura e disincantata, Sala è apparso in difficoltà. Aveva assicurato che l’Expo si sarebbe chiusa in pareggio o in utile. Al di là dei pur ragionevoli dubbi sui numeri delle “vere” presenze.
Barbacetto e altri hanno contestato a Sala il deficit, nel bilancio finale, di oltre trentadue milioni. Il candidato sindaco ha replicato con argomenti poco persuasivi. Se l’elettorato italiano fosse simile a quello americano, molto severo verso le bugie, Sala sarebbe già saltato. Invece, non bastano le contestazioni mediatiche, oggi, a fermarlo. Ma cosa succederà ancora? L’attenzione della magistratura è evidente: se non sulla persona Giuseppe Sala, sugli impicci di molti suoi collaboratori. Altri interrogativi: si nota un nervosismo dialettico, crescerà ulteriormente? E infine l’incognita della sinistra in dissenso: in quale misura gli saranno sottratti voti e sostegni?
UNA CHANCE PER STEFANO PARISI
Il candidato del centrodestra è un uomo grigio e serio e ha davanti a sè una opportunità formidabile. Può dimostrare di non essere soltanto, come gli viene riconosciuto, un personaggio ricco di qualità…ma anche di poter essere vincente anziché puntualmente perdente (destino diffuso, in Italia, per chi ami la concretezza, senza sparare chiacchiere e proclami al vento).
Parisi trarrà vantaggi automatici da eventuali e possibili, progressivi indebolimenti di Sala. Ma la sua vera chance, se saprà afferrarla, è un’altra.
MILANO È UNA CITTÀ MODERATA…
Stefano Parisi saprà cogliere le opportunità che derivano dal gran numero di cittadini che caratterizzano Milano come una città assolutamente moderata? Questo è il nodo delle prossime elezioni. La moderata Milano aveva ben accolto i comunisti miglioristi, i socialisti moderati come Aniasi, Tognoli e Pillitteri (un socialdemocratico). E l’ultimo sindaco, Pisapia, è stato un professionista misurato, schivo, poco propenso alla vetrina. Vero è che, quando si è scazzata e si è ribellata, Milano ha premiato e sostenuto la Lega (ma il sindaco Albertini fu un campione esemplare di correttezza e di equilibrio), e comunque tolse al partito di Bossi la fiducia e il consenso elettorale con la stessa, tranquilla disinvoltura con cui lo aveva sostenuto e lanciato.
Se saprà compattare l’elettorato moderato, e se Sala scivolerà su qualche inciampo, Parisi potrebbe vincere. Dovrebbe circondarsi di esperti sapienti che sappiano dargli una sobria ma importante visibilità in tivù, nel web, nei giornali che contano, nelle esternazioni pubbliche. È abituato, Parisi, a stare un passo indietro: ora dovrebbe farne due o tre in avanti, senza eccessi ma anche senza esitazioni.
CORRADO PASSERA, COSA FARÀ?
Nella sfida tra Sala e Parisi, si inserirà Corrado Passera? La sua candidatura è stata accolta con ironia o simpatia, secondo i casi. Da parte mia non c’è ironia: simpatia e stima, sì. Ha fatto bene alle Poste e in banca, e all’origine benissimo come assistente di Carlo De Benedetti. Senza la disgraziata partecipazione al governo Monti, in cui pagò senza particolari responsabilità i problemi del momento e del premier, sarebbe stato un candidato fortissimo alla poltronissima di sindaco di Milano. Ma ora? Gli ho detto, di persona, che non condivido la sobrietà silenziosa della sua campagna elettorale: i voti non arrivano per il nome e per il curriculum. Di più: così come per Della Valle, che si accende e si spegne, per Alfio Marchini a Roma (il più concreto) e per altri personaggi colti come San Paolo sulla via di Damasco, non dalla fede ma dalla tentazione di affermarsi in politica, Passera non sembra aver colto l’ostacolo cruciale: dovrebbe mandare all’elettorato popolare un messaggio fortissimo e chiaro, di non far più parte dell’elite, o della Casta, che la gente detesta e odia (problema identico per Della Valle e, in parte, per Marchini). Purtroppo ho buoni motivi per ritenere che tutti e tre, intimamente, preferiscano la corte e i cortigiani anziché le osservazioni critiche di interlocutori disinteressati. Che dire? Tutti e tre hanno qualità ed esperienza. Se riusciranno a modo loro ad entrare in partita, ma ne dubito, certamente si alzerà il livello del gioco.
ALTRI AFORISMI SULLA CAMPAGNA ELETTORALE
Concludiamo questa pagina di un venerdì dedicato soprattutto alla campagna elettorale, proponendovi due aforismi che divertiranno sia i politici dotati di senso dell’umorismo, sia gli (e)lettori.
“Ho chiesto a un politico che cos’è la politica. Mi ha risposto: è il periodo di rottura di coglioni tra una campagna elettorale e l’altra” (Flavio Oreglio, “Non è stato facile cadere così in basso”, 2007).
“I politici cercano di usare un linguaggio altamente tecnico e complesso, persino enigmatico, per svolgere un’azione estremamente semplice e pragmatica, fottere i propri elettori” (Carl William Brown).
cesare@lamescolanza.com
26.02.2016