“La riconoscenza è il sentimento della vigilia” (Enrico De Nicola).
“La gratitudine è un sentimento del giorno prima” (Giulio Andreotti).
ATTUALIZZANDO… CASO TOTTI / 2. FRANCESCO HA RAGIONE
A parte Andreotti, che si era ispirato e De Nicola, lo aveva ben capito prima di tutti, nell’antichità, Aristotele: “Che cosa invecchia presto? La gratitudine” (Diogene Laerzio, “Vite dei filosofi”, III sec.).
Francesco Totti ha pienamente ragione. Qui sotto, spiegherò perché, è solo la mia opinione e non pretendo di liquidare l’argomento con la mia sicurezza. Però, una cosa è sicura: la gratitudine, anche nel mondo del calcio, non esiste. Può esserci un’attenuante, rispetto all’ingratitudine diffusa nei rapporti umani e personali. La Roma è un’entità astratta, l’allenatore attuale, Luciano Spalletti (che stimo molto), non ha il dovere di rappresentare e rispettare la gratitudine che la Roma deve a Totti. Se non gratitudine, Spalletti avrebbe potuto comportarsi con buon senso e intelligenza strategica, a meno che il suo proposito non fosse proprio quello – come molti sospettano, forse anche Totti – di accelerare il ritiro del campionissimo, dando una brusca, odiosa svolta a un rapporto ambiguo, tra giocatore e società, che stagnava da tempo. Mai visto, comunque, un campione fedele alla maglia da ventitré anni, mai visto un giocatore, anche di minor livello e di minor fedeltà, trattato e umiliato, per un’intervista, come è successo a Totti.
CASO TOTTI / 3. TRISTI PRECEDENTI
L’ultima mortificazione, in realtà, ha avuto un tristissimo precedente. Nella partita ormai persa con il Real Madrid, Spalletti ha schierato in campo il suo incompreso campione solo negli ultimi cinque minuti. A mia memoria, una cosa simile si verificò solo nei riguardi di Gianni Rivera, nella finalissima del campionato del mondo del 1970. Rivera fu mandato in campo solo negli ultimi sette minuti, ed era stato il protagonista determinante della memorabile qualificazione, Italia – Germania, 4 – 3… Risultato: al ritorno in Italia, gli azzurri anziché essere festeggiati per il secondo posto nel mondiale, battuti solo dal Brasile, dopo lustri di cocenti delusioni, furono fischiati: i tifosi, ecco, solo loro, conservano un sentimento romantico e leale come la gratitudine. Così successe nel 1970, così succederà nei riguardi di Totti. La Roma e Spalletti debbono augurarsi, come Totti e tutti noi auspichiamo, che la squadra giallorossa proceda in questo campionato a ritmi trionfali. Se così malauguratamente non dovesse essere, i tifosi si schiereranno dalla parte del loro (giustamente) amatissimo campione.
CASO TOTTI / 4. PRIMA DI TUTTO, COMPLIMENTI ALLA SCARNATI
Si, prima di tutto va segnalato lo scoop formidabile di Donatella Scarnati, eccellente giornalista sportiva di Rai Uno. Vero è che il merito o il demerito dell’intervista vanno attribuiti all’intervistato. È successo spesso anche a me, ma è importante, per un giornalista, trovarsi al posto giusto nel momento giusto di fronte a un personaggio che abbia voglia di parlare, fuori dalle abituali banalità convenzionali. Brava Donatella!
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CASO TOTTI / 5. ED ECCO PERCHÉ SOSTENGO TOTTI
Da qualche anno non ho più il piacere di incontrarlo e frequentarlo. Anni fa, in particolare durante una vacanza in Sardegna, ho giocato a poker con Totti e, risum teneatis, anche a calcetto. Ero rimasto colpito dalla sua ironia, di perfetta impronta romana, dal buon carattere e dall’educazione. Non conosco Spalletti, ma come ho scritto e ribadisco, lo stimo molto per le sue idee calcistiche e la capacità di realizzarle. Questa volta ha sbagliato, ma credo che farà il possibile per sistemare le cose, nell’interesse della squadra. Totti ha ragione, perché, nell’intervista al TG1 di sabato sera, si era espresso con educazione, in modo non offensivo, come un perfetto politico/diplomatico (ammesso che questa specie esista ancora). Ha detto che i rapporti con Spalletti erano al buongiorno e buonasera, che chiedeva rispetto dalla società e che a fine stagione avrebbe maturato e preso le più opportune decisioni.
Mai, in tanti anni, Francesco aveva, sia pur velatamente, ipotizzato di poter lasciare la Roma. Nient’altro… La reazione di Spalletti è esagerata – allontanare il suo giocatore, senza consentirgli neanche di andare in panchina – è incomprensibile. Avanzo due ipotesi, escludendo la prima perché, apprezzando Spalletti, si tratterebbe di qualcosa di brutto, non in linea con il suo stile e la sua personalità. Comunque: 1. Spalletti avrebbe agito su commissione della società, che non vuole, da quel che si è capito, rinnovare a Totti il contratto da calciatore, a fine giugno. 2. Spalletti, nella delicata condizione di dover rilanciare una squadra disastrata, è stato colto dalla tentazione di mostrare la massima severità verso Totti, tipo castigarne uno per educare gli altri. In questo caso, peggio mi sento: l’atteggiamento dimostrerebbe una insicurezza di fondo, che non avevo mai riscontrato, negli anni passati, nell’allenatore toscano.
CASO TOTTI / 6. RICORDATE HERRERA?
Ci sono precedenti clamorosi d’incompatibilità tra calciatori importanti e gli allenatori. Di recente, Balotelli ha mostrato insofferenze dovunque sia andato. Cassano al Real Madrid fece incazzare Capello, addirittura imitandone davanti alla squadra, con comicità irresistibile, i comportamenti e il linguaggio. In anni remoti, Mariolino Corso nell’Inter trionfalmente guidata dal cosiddetto mago Helenio Herrera, negli allenamenti insultava l’allenatore: H.H., gran paraculo, fingeva di non sentire, e Spalletti avrebbe potuto imitarne l’esempio. La paraculaggine istrionica di Herrera arrivava a punti estremi, come mi raccontò Joaquín Peiró, che era stato un suo giocatore. Helenio non lo sopportava, non gli rivolgeva la parola, lo emarginava: era convinto che bastonando un giocatore, il gruppo avrebbe filato dritto… Del resto il carisma del famoso Don Helenio era tale che poteva fingere di non ascoltare gli insulti (Corso era il beniamino della famiglia Moratti, proprietario del club), senza che la squadra si permettesse di disubbidirgli. Tra parentesi, quando H.H. aveva bisogno di Peiró, lo trattava come un figliolo, lo galvanizzava come se nulla fosse successo.
Infine, altro caso clamoroso fu quello di Rivera. Perché Rivera = Milan, così come Totti = Roma, e anche di più perché Gianni proveniva dall’Alessandria, mentre Francesco si è fidanzato e poi sposato con la Roma subito, un colpo di fulmine. Rivera dal Milan non ha avuto la gratitudine che avrebbe meritato.
CASO TOTTI / 7. VENGA AL GENOA
Da genoano, e simpatizzante romanista, lancio un appello impossibile. Se Totti dovesse, ma non credo, rompere definitivamente con la Roma, gli consiglio di venire al Genoa, dove potrebbe giocare e deliziarci fino a cinquant’anni, se ne avesse voglia. Il tifo di noi genoani non ha uguali al mondo. Siamo capaci di resuscitare i campioni in crisi, perdoniamo e giustifichiamo qualsiasi cosa, se poi vediamo la classe che Totti distilla ancora oggi, per ammissione dello stesso Spalletti, l’attaccamento alla maglia, la lealtà, la fedeltà, diventiamo pazzi di felicità.
SCONCERTI, PREGO, RISPETTO PER IL GENOA!
Già che ci siamo, me la prendo anche con l’opinionista di Sky. Seguivo Sconcerti, ieri sera, e mi sono drizzati i capelli in testa quando ho sentito che gli scudetti vinti dal Genoa non sono veri scudetti. Perché le partite e i campionati non si giocavano con le modalità di oggi. A parte il fatto che questo tipo di bizzarra, quanto scontata, riflessione potrebbe essere applicata su ogni sport e su ogni tipo di evento ripetitivo, non è accettabile il sarcasmo sprezzante: l’osservazione potrebbe valere per tante altre squadre che vinsero nel primo novecento; dal punto di vista sportivo, mi sembrano di minor valore, rispetto a quelli del Grifo, gli scudetti vinti in anni recenti con sopraffazioni, corruzioni, speculazioni da club potenti e influenti; infine, perché Sconcerti, che è bravissimo se e quando vuole, non dedica la sua attenzione allo scudetto rapinato al Genoa dal Bologna, per un sopruso del regime fascista? Sarebbe stato il decimo, meritatissimo scudetto, e oggi i nostri giocatori porterebbero la stella sulla maglia.
QUELLA VOLTA CHE… GIANNI AGNELLI, AMORE IN MONGOLFIERA
Cambio argomento, lanciando questa nuova rubrichina, “Quella volta che…” (scrivetemi, se avete qualcosa di divertente da segnalare). Gianni Agnelli era notoriamente un gran conquistatore, irresistibile seduttore. Una volta, negli anni settanta/ottanta invitò a cena una bellissima ragazza romana, non ancora matura per fare l’amore, e si fece trovare all’appuntamento con una, per altro famosa per i messaggi pubblicitari, mongolfiera. Con tanto di pilota, maggiordomo, tavola apparecchiata e, non guasta mai, un accogliente divanetto. La bellissima aveva promesso agli amici di non cedere subito al corteggiamento dell’Avvocato, che era – garbatamente, s’intende – molto sbrigativo. E invece, già lo avrete capito, non solo cedette, ma si innamorò.
cesare@lamescolanza.com
22 02 2016