“Siddharta non fa nulla. Siddharta pensa, aspetta, digiuna, ma passa attraverso le cose del mondo come la pietra attraverso l’acqua, senza far nulla, senza agitarsi: viene scagliato, ed egli si lascia cadere. La sua meta lo tira a sé, poiché egli non conserva nulla nell’anima propria, che potrebbe contrastare a questa meta.” (Hermann Hesse, ‘Siddharta’)
ATTUALIZZANDO…
Con tutto il rispetto per il divino Siddharta, volto al raggiungimento di una meravigliosa spiritualità, l’immagine di Hesse, maliziosamente, sembra raffigurare i tanti sepolcri imbiancati della nostra vecchia politica.
CHIAMAMI LETTA, AL POTERE VADO IO!
Dunque Enrico Letta, piddino, è incaricato di formare finalmente un governo per l’Italia. Non mancheranno i suggerimenti di Giorgio Napolitano, vero deus ex machina di quanto succede in Italia oggi, nella politica istituzionale. E’ obbligatorio esprimere fiducia. Ma consentitemi una rapida riflessione sulle capriole che riesce a fare la politica, specialmente quando – raramente, in Italia – decide di uscire dal doroteismo, dall’immobilismo, e procura sorprese imprevedibili. Ultimi esempi: Napolitano rieletto al Quirinale, e quasi nessuno, salvo il sottoscritto e altri pochi, lo prevedeva. Prima di arrivare alla sua nomina, bruciati decine di personaggi: i più illustri, Prodi, Rodotà, Marini, Amato… e via col vento. Poi: Bersani, ostinatamente proteso dall’ambizione di diventare capo del governo, costretto a fare un passo indietro e lasciare l’ambita poltrona al suo giovane braccio destra, Enrico Letta. E si potrebbe andare avanti. Ma vorrei ricordare che, a determinare questi giochi del destino, sono state poche migliaia di voti di differenza ottenuti dal Pd rispetto al Pdl, con un assurdo premio di maggioranza, secondo il porcellum, per l’ingresso di deputati alla Camera. Se fosse stato il contrario, forse al Quirinale si sarebbe arrivati ugualmente al nome di Napolitano. Ma per Palazzo Chigi, se non proprio per la presidenza della Repubblica, un nome di equilibrio, e pacificatore, sarebbe stato certamente lo zio di Enrico, Gianni Letta. Sul versante opposto. Come dire: chiamami Letta e al governo andrò io.
Ora, e sarebbe meraviglioso, si aprirà un periodo, breve certamente ma chissà forse anche più lungo, di conciliazione. I rapporti tra zio e nipote sono eccellenti, obbligati alla pace anche i due partiti maggiori. Proviamo a fare qualche nome… Il Bersani distrutto (e tuttavia, altro paradosso, ha assicurato al suo partito Quirinale, Camera, Senato e governo!) potrebbe consolarsi con un buon ministero. Chissà, chissà: idem per i candidati bruciati negli ultimi frenetici giorni: Marini, Rodotà, Prodi e Amato. Renzi certamente non andrà al governo, ma assumerà la guida dal Pd. Se Letta tira fuori una mossa geniale, riuscendo a coinvolgere in qualche modo anche il M5S (a me questa ipotesi sembra fantascientifica), la pappa è pronta. Ma se al governo non arriveranno anche facce nuove e giovani, lo sgradimento degli italiani sarà sempre più grande.
CONFESSO CHE AMO TRAVAGLIO
Più precisamente, anche se non ci sono dubbi in proposito: amo il suo articolo di fondo quotidiano, lo leggo per prima cosa come facevo all’epoca di Indro Montanelli. Non vedo da tanto tempo Marco, ma ricordo il talento di quando era giovanissimo e si faceva largo nel giornalismo. Ricordo anche la sua illimitabile tenacia. Ad esempio, andava in tipografia di persona, abitudine spesso disdegnata dai colleghi, per verificare che non ci fossero errori nel suo pezzo e, anche se non lo diceva, che non fossero stati apportati tagli e censure, a sua insaputa. Debbo dire che Travaglio mi diverte sempre, e questo è il motivo per cui lo leggo per primo, per cominciare senza noia la giornata. Molto spesso sono d’accordo con le sue invettive, raramente ho opinioni nettamente diverse. Una però, assolutamente diversa, vorrei esprimerla a proposito di quanto Travaglio scrive su Napolitano, in particolare nel giorno della sua rielezione. Troppa rabbia e troppa asprezza. Capisco l’animo sinceramente rivoluzionario di questa ormai grande firma de ‘Il Fatto’, capisco e anche subisco il fascino di una identità politica, un unicum, di un uomo che non fa sconti a nessuno, nè a destra nè a sinistra; una volta gli ho anche raccomandato, io stesso, di proseguire su questa linea, senza flessioni, senza compromessi. E di più: se in Italia dovesse esserci prima o poi una svolta simil rivoluzionaria (ma quando?) in un governo fatto di personaggi accettabili da Travaglio (ma quali?), il giornalista fustigatore avrebbe certamente uno spazio importante per sè. Ma ora, prediletto Travaglio, dobbiamo fare i conti con la realtà! Napolitano è una persona per bene, un gentiluomo con tanti meriti… ma, soprattutto, di fronte alle macerie che ci circondano, realisticamente è l’unico punto di riferimento possibile, un lumicino neanche fioco di speranza per una rinascita. La realtà, i conti dicono questo. Qualsiasi alternativa provocherebbe maggior caos, rispetto a quello che ci tormenta oggi. Col sincero dispiacere di non poter per una volta dargli il mio assolutamente superfluo consenso, amichevolmente però mi permetto di dirgli: ti prego di raddrizzare la rotta, consenti, tu che non sei fazioso ma inesorabile con tutti, qualche attimo di tregua per questo Paese dilaniato da tante volgari, insopportabili fazioni.
FAST O SLOW? CALCAGNO, ALTRO CHE OWENS!
Male ha fatto Fastweb a cambiare strada, a lasciare il fascino trasversale di George Clooney e di puntare sul mitico campione Jesse Owens, protagonista trionfatore delle Olimpiadi di Berlino nel 1936, in casa di Hitler, addirittura con imprese realizzate davanti agli occhi del dittatore. Credo che, come si dice popolarescamente, Owens, se ne potesse avere notizia, si rivolterebbe nella tomba. Il meraviglioso atleta nero venuto dall’Alabama, il campionissimo indimenticabile che si portò a casa quattro medaglie d’oro, sarebbe il simbolo della rapidità di Fastweb? Potrei portare, meschinamente, un esempio personale: da due mesi aspetto un modesto intervento di questa pregiata società. Ma, per non essere volgare, così come Owens era osteggiato odiosamente dalla negritudine del razzista Hitler, mi sostengono in questa protesta le frequenti lamentele che mi arrivano da utenti, amici e sconosciuti. Non protesto dunque per il mio caso, basterà cambiare compagnia, ma per coloro che non sanno cosa fare né a chi rivolgersi. Alberto Calcagno, direttore generale, sembra uno che sa cambiare rotta: nella pubblicità di Owens, c’era un’immagine, un breve fotogramma in cui appariva Hitler:sul web e Twitter si sono scatenati tanti osservatori, sostenendo che l’apparizione del Fuhrer fosse di cattivo gusto. Voilà! Rapidamente, quel fotogramma è stato tagliato. Ora, Calcagno faccia lo stesso con i suoi utenti: si meriti il titolo di fast, oppure lasci riposare in pace Owens e scelga un altro testimonial, tipo una tartaruga, o un simpatico vecchiettino selezionato a Villa Arzilla.
24/04/13
cesare@lamescolanza.com