“Spero con tutto il cuore che si faccia un governo. Spero che vi partecipino tutti… Il Pd, Nichi Vendola, Monti naturalmente, Casini con Cesa, Riccardi, chi scegliesse di uscire a malincuore da Forza Italia, e coloro che si fossero stancati di Grillo, tutti, proprio tutti. Questo spero. Poi spero che arrivi dicembre e che a Roma possa fare una nevicata sui cento, centocinquanta metri.” (Andrea’s Version, Il Foglio, 1 ottobre 2013).
ATTUALIZZANDO… MA I ROMANI NO!
La folgorante rubrica “Andrea’s Version” promette delizie ogni giorno, e così è stato anche oggi. Una sola obiezione: la speranza è che la nevicata si concentri su Palazzo Chigi e dintorni, e sarebbe una grande festa popolare, diventerebbe una ricorrenza da inserire nel calendario. Ma perché tormentare tutta Roma e tutti i romani notoriamente tanto impreparati alla neve quanto scettici, ed è dir poco, verso la politica? Sole in tutta Roma e neve (che sia anche di due, trecento metri!) che seppellisca i Palazzi con tutti i suoi politicanti! E che i politicanti siano congelati per duecento anni almeno e scongelati dai nostri posteri, studiati e analizzati, per evitare che lo scempio italiano possa ripetersi ancora da noi, e anche altrove.
ASSURDITA’ 1. LINGUAGGIO. RIECCOLO, IL GOVERNO DI SCOPO
Rieccolo, il cosiddetto governo di scopo: rispunta sempre, durante l’estenuante e infinita crisi politica italiana. E il linguaggio non cessa di stupirmi. Ma perchè i precedenti governi, e comunque un qualsiasi governo in qualsiasi parte del mondo non dovrebbe avere uno scopo? Il linguaggio politico, sempre più assurdo e sempre più lontano dal “parla come mangi” della gente semplice, è uno specchio nitido della crisi: troppi azzeccagarbugli, giornalisti compresi, avvicinano alla scena politica, o ne sono protagonisti, con una comunicazione ambigua. Se fossi un comico di cabaret, la battuta sarebbe semplice: meglio un governo di scopo che – come è successo – un governo di scopate.
ASSURDITA’ 2. LE DIMISSIONI DEI MINISTRI, LA FIDUCIA
Enrico Letta annuncia la sua decisione di voler chiedere alle Camere la fiducia. Ma per quale governo? Con i ministri del PDL dimissionari? Mai visto che un ministro dimissionario non sia immediatamente sostituito: ad interim, o con un altro personaggio. E in questo caso i dimissionari sono parecchi. Addirittura uno, Angelino Alfano, è vicepresidente del consiglio e ministro degli Interni. E dunque? Niente, niente, come se nulla fosse successo. Una scena surreale. I ministri sono dimissionari, non sono al loro posto, non vengono sostituiti, né le dimissioni sono – neanche per formalità – respinte. Non si sa. Si saprà, forse. Un gran bel governo del rinvio, anche per questi aspetti.
SCALFARI INTERVISTA IL PAPA. E IO RICORDO IL GRANDE CAVALLARI
Lo avevo detto, che la telenovela sarebbe continuata. Dopo gli scambi epistolari, Francesco ha telefonato al Fondatore de “La Repubblica” e lo ha invitato a una bella chiacchierata. Non mi permetto di entrare nel merito. Spero che un giorno qualcuno mi spieghi perchè Bergoglio abbia cercato, e insista, un colloquio con Scalfari. Da solo non ce la faccio. Ma avendo i capelli bianchi e ricordando cose buone (e cattive) del giornalismo, mi torna in mente una vera intervista a un Papa: quella, indimenticabile, firmata da Alberto Cavallari a Paolo VI, per il Corriere della sera. Mai, in precedenza, un pontefice aveva concesso un’intervista a un giornalista. Il direttore in via Solferino era Alfio Russo, un grandioso confezionatore di giornali, siciliano, un vero leader. L’intervista occupò l’intera prima pagina, neanche una riga per gli altri avvenimenti. Cavallari aveva una qualità di scrittura che Scalfari non possiede, l’intervista mi emozionò, oserei dire che fu un evento vero e inaspettato, che aveva solennità mentre questo pissi bao bao di Francesco ed Eugenio mi sembra una telenovela, dicevo, in stile Harmony.
FRANCESCO: SOLITUDINE DEI GIOVANI E DEI VECCHI
Quanto ad Harmony, allo stile rosè dell’intervista scalfariana, mi ha colpito il passaggio relativo alla solitudine dei giovani e degli anziani, denunciata per prima cosa da Francesco e accolta soavemente da Eugenio. Mi permetto di obiettare. A me solitudine vera sembra solo quella dei giovani, che abbiamo lasciato in un terrificante isolamento intellettuale, culturale, sociale – privi di guida, di scuole, di università, comunque privi di insegnamenti – al di là di scuole e università – sui valori della vita, sul rispetto della persona, sui confini che separano legittime ambizioni e ambigui arrampicamenti. Quanto a noi vecchi, la solitudine non esiste; se esistesse, sarebbe una sanzione fin troppo leggera visto che siamo stati capaci di sfasciare tutto e ai giovani non abbiamo lasciato nulla, né lavoro né
speranze, solo debiti, indifferenza e orribili modelli di comportamenti volgari (s)fioriti sulla inciviltà dell’avere rispetto alla civiltà dell’essere.
GIORNALISMO. 1. FORMIGLI E LA TELEFONATA DI BERLUSCONI
Una intervista di Silvio Berlusconi, irriverente verso Napolitano (anzi definita gravemente diffamatoria dall’interessato), è stata proposta da Corrado Formigli nel corso del suo programma televisivo “Piazza pulita”. Nella telefonata, tra il Cavaliere e un misterioso rappresentante del Pdl, si fa riferimento a un presunto, scorretto intervento del Presidente della Repubblica nella vicenda delle centinaia di milioni pagati da Berlusconi a De Benedetti, per la nota causa sul controllo della Mondadori. Tante cose sciocche sono state dette “contro” Formigli. Per me, un esemplare bel colpo di giornalismo. Questo è giornalismo: la telefonata è assai più attuale e interessante della conversazione francescana, infinitamente più significativa delle tante chiacchiere che ogni giorno si dicono sulle questioni inerenti a Berlusconi.
GIORNALISMO. 2. CHIEDO SCUSA A TRAVAGLIO E A FERRARA
Non so quante volte ho scritto che i primi pezzi che leggo al mattino sono quelli di Marco Travaglio e di (quando scrive) Giuliano Ferrara. Bugia! Da un po’ di tempo, per iniziare bene la giornata, ridendo e incazzandomi, volo a leggere “Alta società”, la rubrichina iper mondana del mio amico Carlo Rossella, sul Foglio. Chiamo Gesù a testimone, quel Cristo effigiato in un gran bel disegno nell’ufficio di Rossella 2000, quando dirigeva il tg Uno (quando dirigeva la Stampa, nel suo ufficio c’era la foto di Gianni Agnelli). Ogni giorno, si passa un limite che, il giorno prima, si pensava non superabile. Oggi, così, ho appreso che tutta (ma proprio tutta) Parigi era presente al surprise party per Franca Sozzani. E che
il ricciolo di Susy Menkes era irresistibile. Senza avere il coraggio di avventurarmi fino a Parigi, vorrei allora comunicare agli italiani – la bassa società, quelli che se ne fottono del surprise party, che io non ho più riccioli, ma una folta barba; e ieri, nel tentativo di darle una accorciatina, mi sono procurato un fastidioso taglietto al mento.
01 -10-13