“Come faccio a essere nonno, se prima non sono stato ottavo?” (Giorgio Faletti, “Dai retta a un cretino”, Zelig editore 2004)
PUNTUALIZZANDO.,. DAI PROFUGHI A PRIEBKE
Qualche giorno fa, considerando la poco felice stagione italiana di questi anni, ho scritto che l’unico modo per esorcizzare il cattivo destino, non lasciarsi abbattere e in qualche modo consolarsi, è quello di fare affidamento al nostro innato senso dell’umorismo. Frugando nella mia biblioteca, ho ritrovato un bel libretto di qualche anno, con una serie di testi scritti da vecchi e nuovi comici. Se riuscite a trovarlo, vi consiglio di acquistarlo, qualche risata e molti sorrisi sono assicurati. Oltre a Faletti, in rigoroso ordine alfabetico troverete Antonio Albanese, Claudio Bisio, Pino Caruso, Giobbe Covatta, Gioele Dix, Fabio Fazio, i Fichi d’India, Nino Frassica, Gino&Michele, Gene Gnocchi, Corrado e Sabina Guzzanti, Gianni Ippoliti, Luciana Littizzetto, Paolo Rossi, Teo Teocoli e Beppe Viola. Tuttavia, ci sono eventi, nelle inquietanti cronache nazionali, che per diversi aspetti non si riesce a metabolizzare con un sorriso. In questi giorni, a parte le costanti e imbarazzanti farse politiche, mi riferisco all’infinita strage dei profughi nelle acque di Lampedusa e alla sepoltura da dare a Priebke. Sui profughi ho già scritto: basta con le chiacchiere e con la retorica, avanti con i fatti. Diamo accoglienza e sostegno, il disinteresse perverso e disumano dell’Europa non può diventare un alibi per le nostre coscienze. Quanto a Priebke, confesso che ho fatto fatica a leggere i resoconti, anzi ho quasi del tutto rifiutato la lettura, tanto mi sembra abominevole la figura del massacratore delle Fosse Ardeatine. Impulsivamente, istintivamente, non vorrei più sentirne parlare – anche se so bene l’importanza della memoria, per avere consapevolezza, attenzione della coscienza, ammonimenti. E tuttavia, anche in questo caso, sono mosso dai miei sentimenti – non di pietà, ma di ragione. Tutta questa storia del rifiuto universale o quasi di dare sepoltura all’ottuso aguzzino, mai pentito, neanche alla vigilia della morte, nel testamento, mi sembra una cosa meschina, brutta, non degna né di noi italiani né delle vittime di Priebke né, in generale, del popolo ebraico. Non si tratta di fare un funerale che abbia la pur minima solennità, o che dia il pretesto a improbabili ma possibili polemiche, non si tratta di trovare un luogo privilegiato e neanche significativo e punitivo per l’aguzzino. Si tratta di scavare una fossa e nasconderle dentro una bara, chiudere definitivamente l’orribile stagione terrestre di Priebke: un semplice gesto di civiltà, non certo di rispetto verso il massacratore.
CITAZIONI D’INIZIO SETTIMANA. LETTA, I MINISTRI ECONOMICI, ALFANO, TRAVAGLIO, MALTESE, VANZINA….
Attingo il fior fiore dalla rubrica “Periscopio” di “Italia oggi” in edicola domani. Il direttore è uno dei più versatili, competenti e documentati giornalisti italiani, Pierluigi Magnaschi. “Tutti litigano e non sanno neppure perchè” (Roberto Balzani, sindaco di Forlì) “Il governo Letta, con la sua debole “troika ministeriale” composta da Fabrizio Saccomannni (Economia), Enrico Giovannini (Lavoro), e Flavio Zanonato (Sviluppo), si è rivelato un governo piuma. E come tutte le piume, dopo aver ondeggiato a mezz’aria fra un rinvio e un altro, ora fa fatica anche a cadere.” (Francesco Forte. Il Foglio.).. “Alfano veniva denominato dagli amici come Alfan Prodige, è alto, diritto e garbato come un maggiordomo, il colpevole per antonomasia, quello destinato a pagare anche le colpe degli altri (anche quelle del leader). Ecco, non è più così. Tutto cancellato, d’un tratto. L’assistente particolare di Berlusconi messo al governo di grande coalizione dal Padrone e Signore di Arcore, è adesso davvero il vicepremier di Enrico Letta, autosufficiente , adulto, padrone di mezzo Pdl, l’ex delfino che, come dilaniato tra la continuità e l’avventura, tra l’obbedienza e l’autonomia, adesso offre al suo caro leader i termini di un armistizio incruento, gli versa nelle orecchie le parole da incidere sul testamento politico.” ( Salvatore Merlo, Il Foglio). “La disgraziata sinistra italiana, la peggiore del mondo, è piena di gente alla Massimo Adinolfi, convinta che il principio “chi sbaglia paga” sia roba fascista. “Morale reazionaria”. Il pover’uomo forse ignora che il principio “chi sbaglia paga” è la base di ogni morale, punto, senz’aggettivi. Si chiama etica della responsabilità. Che, in campo penale, si traduce in “certezza della pena”. Ciascuno, quando compie un’azione, deve sapere a quali conseguenze va incontro. Se quell’azione è un delitto, c’è un Codice penale che l’avverte della sanzione che gli toccherà. E la sanzione, per essere efficace (“deterrente”, se non è troppo reazionario il concetto), deve essere poi irrogata. Altrimenti se uno sa che una cosa è vietata ma, facendola, non gli succede niente, o è virtuoso per natura, oppure la fa. Per impeto, per interesse, per abitudine. Solo così lo Stato può permettersi di amministrare la giustizia al posto dei singoli cittadini che subiscono un torto: altrimenti, ciascuno si fa giustizia da sé e quella sì che è giustizia di piazza, un po’, anzi molto, reazionaria e “giustizialista”. Sono concetti elementari ma la sinistra, come questa destra, è figlia di culture autoritarie (togliattismo) e impunitarie (craxismo, cattocomunismo, lottacontinuismo e gruppettarismo anni ‘70) che non hanno mai iniettato il principio di legalità (la legge è uguale per tutti) e l’etica della responsabilità. (Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano). “L’Italia è un’espressione geografica” diceva Metternich. A ben vedere, oggi, l’Europa non è neppure un’espressione geografica e non ha neppure una lingua o una cultura comuni. Da un punto di vista geografico siamo solo l’Ovest dell’Asia; dal punto di vista politico, l’Est degli Stati Uniti. Il resto è soltanto una parziale unità monetaria e doganale. La larga vittoria della Merkel e l’affermarsi un po’ ovunque di grandi coalizione eterodirette dalle banche centrali, riconfermano il modello di questa unione debole, di questa fusione fredda. Le alternative a questo modello disastroso di Europa, lontano ormai anni luce dai sogni dei fondatori, è rappresentata da movimenti populisti poco credibili. Quindi si andrà avanti sulla strada sbagliata, verso il nulla. (Curzio Maltese, il Venerdì). “Una mia simpatica amica che faceva l’attrice, invitò a cena me e mia moglie per inaugurare la sua nuova casa in centro. Insieme a noi erano stati invitati anche il suo fidanzato, un suo amico architetto e il famoso press agent Enrico Lucherini. Sedendoci a tavola, la conversazione cadde, casualmente, sulla collega della padrona di casa, anche lei attrice, molto nota, ingiustamente, nel settore dello spettacolo per certe sue doti di iettatrice. Lucherini, che nel mondo dello spettacolo ci è cresciuto e ne ha viste di tutti i colori, ci chiese, terrorizzato, di non nominarla. Ma la padrona di casa, con atteggiamento spavaldo, non si lasciò intimorire e parlò di lei con assoluta tranquillità. Anch’io, che a queste cose non credo, feci addirittura un rimprovero a Lucherini sulla gratuità delle sue superstizioni. Lucherini, per la seconda volta, ci chiese, con veemenza, di cambiare argomento di conversazione. Ma nessuno lo ascoltò. Finché non successe il dramma. Dopo aver bevuto un sorso di vino posai delicatamente il mio bicchiere sul tavolo. Un pesante tavolo di cristalli. Il quale, nel momento stesso in cui posai il calice, si squarciò a metà, come traversato da un lampo, rompendosi, letteralmente, in due. L’evento catastrofico fu così violento che venimmo, tutti e sei, scaraventati a terra all’indietro, con le nostre sedie. Qualcuno si ferì. Uscì del sangue. E restammo lì a terra, sgomenti, con gli spaghetti addosso, in un silenzio di tomba. Giuro di non aver aggiunto una virgola alla veridicità del racconto.” (Enrico Vanzina: “Commedia all’italiana”. Newton Compton).
LETTERE, BERLUSCONI AI “SERVIZI CULTURALI”?
Ricevo questa lettera da Marco Delpino, vecchio amico che risiede a Paraggi, perla del Tigullio: “Quando si parla di “affidamento ai servizi sociali”, al fine di scontare una pena alternativa, si pensa subito all’impegno della persona che sarà sottoposta al procedimento verso una struttura di carattere sociale, dimenticando che, in tempi di crisi economica, anche il settore della Cultura meriterebbe una maggiore attenzione da parte delle autorità competenti, proprio perché la Cultura è fonte del Sapere e quindi potrebbe rappresentare un momento di “riscatto” pari, se non superiore, a quello dell’impegno
sociale. Si parla tanto, nel caso di Silvio Berlusconi, di “affidamento” dello stesso ai “servizi sociali”, dimenticando che l’affidamento ai “servizi culturali” sarebbe assai più consono alla figura dell’ex Presidente del Consiglio. A tale proposito, i responsabili della “Tigulliana” hanno inviato una proposta allo stesso Berlusconi affinché possa prendere in considerazione l’idea di trasferire la sua residenza al Castello di Paraggi (nel Comune di S. Margherita Ligure) e chiedere quindi l’affidamento ai “servizi culturali” presso l’organizzazione della “Tigulliana”. Con la possibilità di redigere articoli, revisionare bozze, correggere testi, impostare la realizzazione di nuovi libri, programmare incontri letterari.” Rispondo: a parte la favolosa Paraggi, dove abitai alla fine degli anni Settanta, la proposta non mi sembra affatto bizzarra. Sarebbe utile per Berlusconi l’affidamento a un settore culturale, nella fase forse più triste e imprevedibile della sua vita. Un errore di Berlusconi è stato quello di non dare alcuna importanza alla Cultura, con la C maiuscola, e, così, rendersi inviso, criticato e attaccato – a prescindere – da chi a torto o a ragione di quel mondo fa, o ritiene di farne, parte. Eppure, con televisioni e giornali, i mezzi non gli sarebbero mancati. Oggi, con un incarico nel settore (Paraggi, ripeto, è splendida, e Berlusconi, tra le altre, possiede una villa a Portofino), che a Roma sarebbe facile individuare, il Cavaliere potrebbe scoprire l’altra faccia della luce, e meglio assorbire i colpi di quel destino che, dopo tanti trionfi, sembra avergli voltato le spalle.
14 -10- 13
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