“I cambiamenti avvengono soltanto quando le nostre azioni contrastano apertamente con tutto quello a cui siamo abituati” (Paulo Coelho, agenda 2008, Bompiani, da “La strega di Portobello”).
ATTUALIZZANDO…
Vedete segnali di cambiamento nella nostra classe politica? Ogni giorno mi chiedo come sia possibile che i vertici dei partiti, tutti i partiti, non capiscano che la gente gradirebbe un segno concreto di cambiamento. Gradirebbe, dico. Non aspetta. La gente non aspetta più niente da queste rappresentanze politiche, tanta è la sfiducia e il pessimismo, il discusso, che esse hanno provocato. Per cambiamento, in questo caso, intendo una qualsiasi iniziativa – tra le molte possibili – che dimostri come la Casta sia disponibile a eliminare uno dei tanti privilegi di cui gode! Un taglio reale e visibile di compensi, stipendi, elargizioni sotto banco, sprechi vari!
COMASTRI E BERTONE. PUNTI DI VISTA.
Negli ultimi mesi, prima e dopo l’elezione di Francesco, i mass media hanno fatto spesso riferimenti ai presunti contrasti tra il Cardinal Angelo Comastri e il Cardinal Tarcisio Bertone. C’è chi ha scritto, di fronte alla nomina di Pietro Parolin alla segreteria di Stato, che la destituzione di Bertone equivale a un successo di Comastri. C’è chi ha osato porre la domanda direttamente a uno dei due principi della Chiesa, Comastri. Il quale ha risposto con il dolce e pacato sorriso che
conoscono bene quelli che lo frequentano. E, a mio parere, anche con evidente ironia:” Ma come sarebbe possibile un contrasto tra me e Bertone? Apparteniamo a territori diversi, a percorsi molto lontani tra di loro: lui viaggia su strade e autostrade, io su stradine, viuzze di provincia e di campagna…”
LA SEMPLICITA’ DI COMASTRI… COSA HA INFLUITO NELLA SUA VITA
Ho avuto il piacere, umano, di incontrarlo e sono rimasto colpito dalla sua modesta umiltà. Nessun sussiego e nessuna ostentazione del potere, che è ragionevole attribuire ad alcuni in particolare, se non a tutti i personaggi più noti e importanti del Vaticano. Ho esposto a Comastri le inquietudini del mio agnosticismo, gli ho detto (l’ho scritto altre volte, qui) come a volte mi sembra di avvicinarmi alla fede, ma che subito mi fermo, preoccupato che la mia anima – per ragioni di età – possa essere propensa a ripensamenti e a subire la suggestione della fede, non tanto per motivazioni spirituali, ma per semplice e meschina paura della morte e dell’ignoto. Mi ha risposto, senza ironia, di capire bene il mio stato d’animo, molto diffuso nelle persone anziane. Mi ha confidato di aver avuto paura anche lui della morte, tanti anni fa, quando fu colpito da un’infezione al cuore e obbligato a un delicato intervento chirurgico. La malattia al cuore e l’amicizia con Madre Teresa di Calcutta sono i due fattori che hanno maggiormente influito nella sua vita, inducendolo a leggersi dentro, e a leggere ciò che accade nel mondo, con la maggior modestia possibile. E mi ha detto che, se avverto in me la necessità della ricerca di Dio, vuol dire che già Dio è in me. Esattamente ciò che mi diceva il cardinale Giuseppe Siri, straordinario protagonista della Chiesa, trent’anni fa, quando, ammirandolo, chiedevo di incontrarlo.
Mi piacerebbe che il confronto tra chi crede, tra chi ha in mano il destino della Chiesa, anche tra chi la rappresenta, come tanti sacerdoti, con ruoli assai umili, da una parte, e i dubbi, i tormenti, le chiusure mentali, i pregiudizi di laici, agnostici, atei, potesse avvenire con la semplicità e il rispetto che papa Francesco indica. Come è stato nell’incontro tra me e Comastri, di cui altro sarebbe non corretto riferire.
SCALFARI NON E’ CERTO UN BUON ESEMPIO
Leggevo ieri il polpettone domenicale di Eugenio Scalfari e mi dicevo, alla luce di questo mio stato d’animo, che il prestigioso fondatore de “La Repubblica” non è certo un buon esempio da seguire, sul terreno del confronto. Scalfari sale sul suo pulpito (quanti anni sono passati ormai dal suo esordio) e ci regala un eterno sermone: come dovremmo comportarci, per chi dobbiamo votare, chi dobbiamo sostenere, che cosa i partiti e i politici farebbero bene a decidere. Mi intrigano la sua cultura e la sua esperienza. Mi spaventano la sua sicurezza, il trasparente disprezzo verso chi oserebbe, o addirittura ha già osato, esprimere dubbi e dissensi. Si comporta come un generale, su un campo di rovine (di cui porta anch’egli qualche responsabilità, per la coltivazione ininterrotta del virus della faziosità), che, alzando l’indice qui e là, muovendosi a cavallo tra morti feriti e lamenti, senza alcuna perplessità, indichi a tutti le strade per tornare in battaglia con progetti diversi. Nell’ultimo sermone, dopo aver liquidato il caso Berlusconi e la nomina dei quattro nuovi senatori a vita, con poche parole disgustate verso chi la pensi diversamente, Scalfari si esercita sulla necessità di avere in Italia un nuovo partito di destra, come perseguirlo, come organizzarlo…
Gli articoli domenicali del Fondatore una volta procuravano un aumento di migliaia e migliaia di copie del suo giornale. Oggi, non più. La predica è prevedibile, come gli sfoghi, senza offesa, di qualsiasi ottuagenario. Mi chiedo perché. Perché Eugenio, l’intrepido censore e vaticinatore, non ne ha mai azzeccata una, ieri come oggi. E allora perché tanti lettori lo hanno abbandonato? Le insulsaggini su De Mita, faccio un solo esempio, non erano più sballate di quelle di oggi. E allora cosa è cambiato? Io resto fedele anzi fedelissimo. Mi diverte, mi suggestiona anche se la verbosità è ormai quella di uno sketch ripetitivo, e si sa bene che niente e nessuno, nella nostra vita, seguiranno gli indirizzi che generosamente ci elargisce.
03-09-13