“Si fanno tante parole, ma il rinnovo del contratto non l’ho visto. Quindi questa al momento è la mia ultima stagione alla Roma…” (Francesco Totti, capitano della Roma, agosto 2013).
ATTUALIZZANDO…
Totti è un unicum, non solo come campione di valore storico. E’ sempre stato legato alla sua squadra: non ha mai litigato con un allenatore, un compagno, un dirigente. Tutti ne hanno rispettato il valore, lui ha rispettato tutti. E’ sornione, diplomatico, sa far valere i suoi diritti. Solo tale Carlitos Bianchi non lo aveva capito e voleva cederlo (figuriamoci, alla Sampdoria!)… Ma lui, neanche una smorfia. Ora ha 36 anni e vorrebbe rinnovare il contratto fino a 40. Ha ragione. Non sarebbe difficile. Tre anni, dopo questo, come giocatore o dirigente, eventualmente , in accordo. Invece, incassa solo sorrisi, parole, promesse. E chiacchiere e tabacchiere di legno il Banco non le accetta in pegno, dicono a Napoli. Anche Totti, a Roma.
BERLUSCONI. DA FERRARA A TRAVAGLIO, DA MAURO A FELTRI E SALLUSTI, BELPIETRO, POLITO, MERLO, FRANCO…
Giuliano Ferrara. Passionale e oggettivo. Una qualità intellettuale e stilistica di Giuliano è la sapienza nel conciliare la propria passionale e impetuosa opinione con una analisi oggettiva. Oggi, col suo talento conia un magnifico slogan: “Il prigioniero libero”. E così è: Berlusconi è stato condannato dai giudici alla prigione, ma è libero, nessuno può togliergli la capacità di battersi e di restare libero. Oggi nella cronaca, domani nella storia.
Marco Travaglio. Gioioso. Ieri pomeriggio e sera, non stava nella pelle per la soddisfazione. Il suo editoriale, idem. Che dire? Gli voglio bene, lo stimo. Non condivido la sua gioiosità. Sia perché non riesco a gioire mai quando chiunque venga colpito da una tragedia, sia perché penso che il Cav. non sia affatto finito. Marco resta il simbolo inesorabile dell’Italia che da vent’anni voleva vedere Berlusconi alle corde.
Ezio Mauro. Solenne. Ha scritto questo articolo, con gli stessi argomenti e la stessa indignazione, tante volte. Oggi c’è una colossale differenza. Ieri Ezio stigmatizzava, auspicava, staffilava, lamentava… E la grande preda, alle elezioni o in tribunale, riusciva regolarmente a sfuggire. Oggi Silvio per la prima volta è condannato, il leader del partito Repubblica/Espresso registra il proprio successo e la caduta del nemico. Con solennità, chiude dicendo che il problema non è più Berlusconi, ma cosa sarà capace di fare la sinistra. Ragionevole.
Vittorio Feltri. Amaro e pessimista. Sul Giornale, Vitt confida che non avrebbe mai immaginato possibile una sentenza di condanna per Berlusconi, perseguitato da una giustizia che invece non si è accontentata più di indagarlo e inquisirlo, ma voleva arrivare, e ci è riuscita, a una condanna. A toglierlo di mezzo politicamente con strumenti giudiziari. Dice di non sapere come finirà: certo è che “stiamo sprofondando”.
Alessandro Sallusti. Fedele, sdegnato, fiducioso. Ieri mi sono divertito molto a seguirlo, nel talk di Vespa, per come riusciva a bloccare gelidamente e chirurgicamente l’animoso, furente Barenghi. Colpi di incontro, si dice nella boxe. Oggi Sallusti si conferma come il più fedele e leale sostenitore e difensore di Berlusconi e assicura che la battaglia non è finita…
Mario Calabresi. Scettico e visionario. La domanda che propone il direttore de La Stampa è intelligente e realista: adesso il conto lo pagheranno il Paese e gli italiani oppure per una volta si può sperare che prevalga la razionalità? Dallo scetticismo Calabresi, da copione, passa alla sua consueta visionarietà fiduciosa, costruttiva: che possa iniziare finalmente la costruzione di un Paese moderno. “Fili d’erba di ripresa”?
Maurizio Belpietro. Analitico ma dietrologico. Il direttore di Libero è ineccepibile per l’analisi priva di faziosità e per la capacità di guardare realisticamente. Ma non convince nelle ipotesi per il futuro. La grazia, ad esempio, non sarà possibile fino a quando a carico di Berlusconi ci sono altri processi. E ce ne sono tanti.
Francesco Merlo. Colto e letterario. Come sempre, la scrittura del giornalista di Repubblica è una interessante performance letteraria. Sapienza barocca, virtuosa ricerca di precedenti e di confronti. Ma qualcosa non mi torna. Merlo incanta con la descrizione di una grottesca commedia, ma a parer mio siamo di fronte a un dramma, non ancora concluso. E Berlusconi non è un guitto, ma una maschera tragica, simbolo (non il solo) di un ventennio decadente.
Antonio Polito. Governativo. Aspettando De Bortoli (il silenzio di Sua Eminenza Ferruccio è molto chiassoso), Polito viaggia terra terra. Segue le indicazioni del Quirinale, auspica che non ci sia crisi di governo. Una posizione cauta e attendista.
Massimo Franco. Alluvionale e dolente. Quella della grande firma del Corriere è una articolessa, malinconica, sul tramonto di Berlusconi. Che non è più quello di una volta, anche se pensa di risorgere, rilanciando Forza Italia. Bastavano cinque righe per dirlo…
Piero Alberto Capotosti. Se ne lava le mani. Il Messaggero non prende posizione e l’articolo di Capotosti è abbastanza scontato, nella fascia di coloro che non si espongono… Magistratura e politica sono interdipendenti, ogni scenario è possibile, doppia sconfitta, e via con le banalità, ecc… Una sola idea, avanzata come una domanda retorica: nel ’93 non fu saggio abrogare l’autorizzazione a procedere nei confronti dei membri delle Camere.
Stefano Folli. Acuto e centrale. L’ex direttore del Corriere, ora notista del Sole 24 Ore, è un editorialista equilibrato, centrale. Per Folli la sentenza è un sasso che rotola a valle e può provocare distruzione: difficile che Berlusconi riesca a mantenere le buone intenzioni di sostenere il governo e isolare i suoi problemi giudiziari.
Giuseppe Di Lello. Educato, senza proclami né tripudio. Niente di nuovo nel Manifesto. Di Lello evoca il baratro della governabilità, i buoni samaritani del centrosinistra non potranno continuare a far finta di nulla.
Claudio Sardo. Deciso. Per l’Unità è la fine di un’epoca: con le argomentazioni che si possono immaginare.
Massimo Mucchetti. Il più documentato. Firma un commento sull’Unità in cui tra presente e futuro si capisce che è quello più informato. Chapeau!
02-08-2013