“Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro” (Pier Paolo Pasolini).
“Non ha importanza dove si è nati, quando come e dove si sono avuti i primi approcci con il calcio, per diventare un appassionato, un tifoso. Il tifo è una malattia giovanile che dura tutta la vita. Io abitavo a Bologna. Soffrivo allora per questa squadra del cuore, soffro atrocemente anche adesso, sempre” (Pier Paolo Pasolini).
“In una squadra di calcio c’è una Santa Trinità: i giocatori, il tecnico e i tifosi. I dirigenti non c’entrano. Loro firmano solo gli assegni” (Bill Shankly).
ATTUALIZZANDO… MERAVIGLIOSO GENOA
Ho già scritto che essere genoano non è semplice tifo, ma un’appartenenza a una categoria dello spirito. Generosità, altruismo, solidarietà, combattività, fantasia, schierarsi a fianco dei perdenti e delle vittime, accettare la sconfitta, non esaltarsi per i successi, contestare e rifiutare la prepotenza e l’arroganza del potere, il senso della dignità e dell’orgoglio… Debbo continuare? Sono genoano da quando avevo cinque anni, ieri battendo il Milan 3-0 abbiamo vissuto un’incantevole serata di festa. Tre giorni appena dopo la sconfitta (immeritata!) nel derby, perdere un derby vuol dire un’amarezza profonda. Ma risorgere subito dopo contro la seconda in classifica, quel Milan che aveva domato la Juventus ed era considerata in corsa per lo scudetto, è una felicità indescrivibile.
TIFARE PER IL QUIRINALE? DA MOLTO NON È POSSIBILE
Ho conosciuto molti presidenti della Repubblica, avevo un rapporto amichevole con Sandro Pertini e Francesco Cossiga e ho stimato quasi tutti, tranne Scalfaro e Napolitano. Non come persone s’intende, ma per come hanno interpretato il ruolo di inquilini del Quirinale: la parzialità, la pretesa di indirizzare la politica secondo le loro idee, dimenticando di essere arbitri e garanti, e non protagonisti. Pensavo che Mattarella fosse diverso, oggi temo che anch’egli segua il comportamento dei due predecessori. Il caso è noto e all’inizio ci ho perfino scherzato, pensando che potesse trattarsi di una bislacca battuta di Eugenio Scalfari, ormai ultra novantenne. Il quale ha riferito nel suo articolo domenicale su “La Repubblica” (spesso non esente da errori, equivoci e lapsus) che Mattarella gli avrebbe confidato di voler votare sì al referendum. Cosa inaccettabile. E non ci sono state smentite. Scalfari tace, il Quirinale ha risposto a una precisa domanda de “Il Fatto quotidiano” in modo ambiguo, sibillino. Deludente, molto deludente. Troppo. E oggi non ho voglia di scrivere altro.
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26.10.2016