Oggi riprendo il mio diario e sono sinceramente felice di ritrovare il mio rapporto quasi quotidiano con chi mi segue. Spero che questo sentimento, in parte infantile e in parte senile, sia ricambiato in misura apprezzabile. Probabilmente sì, durante lo scempio vacanziero di agosto ho ricevuto decine di messaggi che mi rimproveravano l’assenza e chiedevano la data del ritorno. Durante le vacanze lavoro sempre, il problema è stato solo organizzativo: chiuso il mio ufficio, imperizia mia nell’uso del computer e di altri meccanismi tecnologici… In qualche occasione, e soprattutto per il terremoto, mi sono sfogato su twitter e Fb. Oggi, leggetemi qui sotto, dedico a questa tragedia una breve nota e, a seguire, una lettera di un mio caro amico e collega, Ezio Chiodini.
ATTUALIZZANDO… TROPPE PAROLE SUL TERREMOTO
In un tweet ho scritto che c’è un bel Paese che mi emoziona, anzi mi commuove: la solidarietà esplosa dovunque verso le famiglie e le vittime colpite dal sisma, la generosità dei volontari, in particolare quella dei giovani, accorsi negli ospedali per donare il sangue e nei luoghi terremotati per offrire aiuto e sostegno. Ho scritto anche che c’è un bel Paese che mi disgusta, ed è quello delle sgallettate che nelle ore più drammatiche continuavano a pubblicare su Fb tette e chiappe. E – altro esempio – i tifosi ultras attenti esclusivamente al calcio mercato e ad altre cazzate tifoidee.
Altra amara osservazione, le decine e decine di pagine dei giornali quotidiani (così facendo, la loro agonia è sicura) proposte per raccontare cronache, superate da televisioni e social network, per accogliere opinioni e testimonianze, anch’esse inflitte dai mass media televisivi e su Internet in tempo reale. La verità è che le agenzie di stampa, gli stessi telegiornali in grave ritardo, sono sostituiti, minuto per minuto, pur con esagerazioni, sviste e approssimazioni, da twitter e da altri analoghi strumenti. Alle 3 e 36 di quella notte fatale, mi sono svegliato, chissà perché, anche se non mi trovavo in un luogo terremotato: ho acceso il telefono,per tutta la notte e fino a metà mattina, ovviamente angosciato e insonne, ho seguito sul web le notizie, gli aggiornamenti, l’evoluzione degli avvenimenti.
Nei giorni seguenti ho avvertito, come tanti, un senso di fastidio di fronte all’alluvione di parole nei talk show, commenti assurdi, ridicoli, intrusivi, volgari, comunque privi di una pur minima consistenza intellettuale. E rapidamente l’emozione e la commozione si sono dissolte e su Fb è tornata, dominante, la sequela di quelli che tengono molto a pubblicare, oltre alle chiappe e alle tette, anche la torta del compleanno, ricordi insulsi e riflessioni prive di senso. Questa è la vita, bellezza.
LETTERA SUL TERREMOTO / MASCALZONI ALLO SBARAGLIO
Leggo e pubblico volentieri una lettera di un mio amico, eccellente giornalista, ora anziano come me, Ezio Chiodini:
“Da un dossier oggi ampiamente ripreso dal Corriere della Sera appare chiaro come i disastri causati dal terremoto ad Amatrice e dintorni siano per buona parte connessi agli interventi “fraudolenti” messi in atto con la complicità di chi doveva vigilare. Sì, ma chi? Tutti scaricano le responsabilità e appare chiaro che non c’è un’autorità nazionale (e non locale) che possa mettere becco sugli interventi. Ad Amatrice come altrove in passato, il caso L’Aquila, per citarne uno recente. È uno Stato questo, è una democrazia? No, non lo è. È un Paese dove le opere pubbliche ingrassano malfattori a tutti i livelli e in tutte le sedi:nazionali e locali. Non basta dire non era nei miei poteri, nei miei compiti. No, occorre un’autoritàche sia superiore a tutto, anche agli enti locali e ai privati. Certo, si tratterebbe di una rivoluzione Copernicana per l’Italia. Però, di una rivoluzione necessaria che mette al centro dell’azione politica il cittadino e non l’elettore. Eliminare le mangiatoie, controllare il buon impiego dei fondi, e colpire duramente chi sgarra.
Ezio Chiodini”.
RAGGI, LA ROMA DI SPALLETTI E PALLOTTA, LE OLIMPIADI…
In breve e con la crudezza che conoscete… 1. Non conosco Virginia Raggi, sindaca di Roma, ho accolto con entusiasmo la sua nomina e quella della Appendino a Torino, come un’opportunità di rinnovamento totale, nella sciagurata politica italiana. Oggi ho qualcosa da dire alla Raggi: l’estetica è anche etica, nel mondo della comunicazione di oggi. Disapprovo totalmente perciò la sua assenza ai funerali, e comunque l’estraneità al dolore delle tante famiglie romane, una settantina, che hanno pianto i loro morti. Assente, sempre. Abbiamo interpellato l’ufficio stampa stamattina, ci è stato detto che Raggi era presente ieri ad Amatrice. Un po’ tardi, le polemiche erano giustamente divampate, con proteste e commenti impietosi e significativi. 2. La Raggi farebbe bene a dire finalmente, senza se e senza ma, di essere assolutamente contraria al progetto delle Olimpiadi a Roma nel 2024. Le esitazioni contribuiscono a creare disinformazione, incomprensione, perdite di tempo. No e basta! Ci vuole tanto, alla luce delle sue dichiarazioni durante la campagna elettorale?
Colgo l’occasione per aggiungere qualche parola sulla Roma. Non voglio essere volgare, non dirò che il signor Spalletti mi sta sulle scatole, mi limito a dire che la sua saccenteria è sempre più insopportabile. Il disastroso inizio stagionale della Roma è in gran parte colpa delle sue scelte. E invece Spalletti si presenta in ogni conferenza stampa con i suoi predicozzi sorridenti, come se avesse inventato lui il gioco del calcio, come se le responsabilità fossero sempre di altri, e mai sue. Intanto, l’emerito presidente d’oltreoceano, Pallotta, continua a dire ovvietà perché gli interessa, ormai tutti lo hanno capito, solo un obiettivo: le licenze per costruire lo stadio. (Anche in questo caso la Raggi farebbe bene ad uscire dal suo riserbo e a dire con chiarezza se darà i permessi o no!).
Sono contrario alle Olimpiadi, in parte anche al nuovo stadio, penso – come quasi tutte le persone di buon senso – che prioritari, a Roma e per la sindaca, siano tanti gravissimi problemi che conosciamo.
Infine due parole: Luca di Montezemolo (sapete ciò che penso di lui) ha detto che se il progetto olimpico sarà approvato, lui si tirerà fuori senza problemi. Ma perché non lo fa subito? E c’è da credergli, in un Paese che vede un premier – Renzi – dire, in un primo tempo, che in caso di no al referendum si sarebbe dimesso e avrebbe chiuso la sua carriera politica, e poi, negli ultimi giorni, quando la sua sconfitta pare probabile, contraddirsi disinvoltamente e dire che aveva sbagliato, non c’è alcun motivo che lui si ritiri?!? Ma lo è o lo fa? Ed è lui a far tutto da solo o c’è qualche grossolano assistente a dargli questi disastrosi consigli nella comunicazione?
LETTERE / NELLA STAGIONE DEI FUNGHI…
Ho letto su Fb la lettera di Chiodini, e anche questa su un bel diverso argomento, di un altro caro mio amico, grande giornalista che lavorò con me al “Corriere d’Informazione”, quando ebbi il privilegio di dirigerlo, negli anni settanta. Si tratta di Guido Vigna, divertiamoci con il suo racconto:
“Questa mattina, nella mia quotidiana scorribanda tra i boschi che si è conclusa con un bottino quale non ricordavo da anni, mi sono imbattuto in un fungo tra i più strani e rari. In mezzo secolo di escursioni per i funghi ne ho visti non più di cinque o sei. Lo considero raro, le guide, invece, scrivono che è piuttosto frequente; però, le guide, sono state scritte, quasi tutte, qualche decennio fa, o anche prima, quando il clima era diverso e l’inquinamento non era prepotente come oggi. E quindi…Comunque sia, il fungo per me raro nel quale oggi mi sono imbattuto è, dico il nome scientifico, il phallus impudicus, meglio conosciuto come satirione. Il nome gli viene dalla forma. Il satirione ricorda alla perfezione un pene o, per esprimerci come Giacomo Leopardi quando scriveva agli amici, un cazzo. E, come un cazzo, se ne sta impettito, anche per 20-25 centimetri, sino a quando non crolla o perché divorato da qualche lumaca o perché il suo tempo è finito. L’unico fungo che è altrettanto impettito e talvolta anche più alto, sino a quando il cappello non si apre, è la lepiota procera, meglio conosciuta come mazza di tamburo o cappellone. Il phallus impudicus non è commestibile, ha un odore tutt’altro che gradevole, che si fa sentire anche a una certa distanza e attira mosche e altri insetti.
Guido Vigna”.
31.08.2016