Si dice già che la legge che penalizza i giochi verrà modificata. Com’é noto, il governo ha deciso uno stop “a qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni ed internet”. Divieto anche “alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale”.
Raramente si sono viste determinazioni governative tanto irragionevoli e autolesionistiche. All’insegna di un ottuso moralismo. Eccoli, in breve. Per numerosi, elementari motivi. Il proibizionismo non ha mai prodotto risultati positivi. Ridimensionare i giochi legali significa consegnarne i ricavi alla malavita. I giochi portano entrate importanti, preziose, nelle casse disastrate dello Stato. Inoltre la legge provocherebbe colpi mortali a moltissimi posti di lavoro, in un Paese già afflitto dalla disoccupazione.
Conclusione? Gli eccessi nella gestione dei giochi sono innegabili. Ma basterebbe che il governo, se fosse all’altezza come in altri Paesi, intervenisse per vigilare e sanzionare i reati, le trasgressioni, le attività illecite e corruttive. Così succede dovunque! Invece, così com’è stata varata, la legge non risolve nulla, anzi provocherebbe solo devastanti problemi. Come risulta dalla rigorosa, e oggettiva, analisi di uno specialista del settore, Fabio Cairoli, leader di Lottomatica.
OGGI VI DICO CHE… LA SQUADRA DEL CUORE
“Dallo stadio calcistico il tifoso retrocede ad altro stadio: a quello della sua stessa infanzia.” (Eugenio Montale)
“Non c’è un altro posto del mondo dove l’uomo è più felice che in uno stadio di calcio.” (Albert Camus)
“Il calcio è l’arte di comprimere la storia universale in 90 minuti.” (George Bernard Shaw)
“Gli uomini. Chiedi loro come era vestita la sposa e rispondono “Di bianco”. Di un gol in uno stadio descrivono persino il fruscio dell’erba e il sibilo del pallone nell’aria.” (Fabrizio Caramagna, scrittore)
ATTUALIZZANDO… IL RICORDO DEL GRANDE TORINO
Si può cambiare tutto nella vita, però mai la passione per la squadra di calcio. Il tifo per la “nostra” squadra di calcio nasce quasi sempre da un impulso di cuore, indimenticabile. Per me è stato così e ve lo racconterò. Ma vorrei ricordare, prima, le moltitudini di tifosi del Torino, che si affezionarono alle maglie granata da ragazzini. Per la commozione universale nata da una tragedia, quando – il 4 maggio 1949 – l’aereo che portava a bordo l’intera squadra si schiantò a Superga. Morirono tutti: sono passati quasi settant’anni e quei bambini di allora hanno sempre portato nel cuore il Grande Toro. Perché?
LE RARISSIME ECCEZIONI
Per scherzo, ma non troppo, si dice che nella vita possiamo cambiare tutto – città, casa, lavoro, automobile, perfino moglie o fidanzata – ma qualcosa non si cambia mai: l’amore per la squadra di calcio. Le rarissime eccezioni vengono citate con bonaria ironia: Cesare Romiti, che dalla Roma si convertì alla Juventus, quando si trasferì a Torino per guidare la Fiat; Emilio Fede che dalla Juve passò al Milan, quando andò a lavorare per Silvio Berlusconi.
PERCHÈ DIVENTAI GENOANO
Quanto a me, diventai genoano da bambino, per stima e simpatia per Angelo Franzosi, il nostro portiere. Arrivava da molte stagioni eccellenti nell’Inter: a Milano lo chiamavano Nani, “piccolino”, perché non era molto alto di statura. Mio padre (che però era juventino) mi portava a vedere le partite e io mi piazzavo dietro la porta del Genoa. Una volta Nani si lasciò sfuggire un pallone innocuo in rete e si accasciò a terra in lacrime. Ricordo anche il pubblico genoano, sempre straordinario, lo applaudì a lungo. Da allora, genoano per sempre!