“Non si deve credere che la verità resti la verità quando le si toglie il velo” (Jean Baudrillard).
ATTUALIZZANDO…
Vi propongo ciò che scrive Riccardo Ruggeri.
“A 24 ore dalla sentenza Cassazione vs. Berlusconi mi pare corretto verso i lettori prendere una posizione inequivoca. Eccola. Spero che la sentenza venga confermata, check che Berlusconi si dimetta da senatore, health che non faccia cadere il governo Letta, discount e, visto che lo desidera, rimanga nella vita politica (Grillo-Casaleggio style). A questo punto come italiano che ama il proprio paese potrò finalmente rilassarmi, assistere ai festeggiamenti degli antiberlusconiani e alla tristezza (passeggera) dei berlusconiani. Finalmente, si uscirà da questo periodo ignobile, governato dagli ignobili “pro” e dagli ignobili “contro” Berlusconi. Il caso ha voluto che fra i tanti andasse a sentenza definitiva il processo Mediaset, quello della frode fiscale.
Felici i magistrati (da lui battezzati politicizzati) per essere riusciti in zona Cesarini a farlo condannare, felici i magistrati (senza aggettivi) perché la legge ha fatto il suo corso regolare, e si è giunti a sentenza. Felice Napolitano che nulla doveva fare e nulla ha fatto.
Compiaciuti i grandi giornali del triangolo Milano-Roma-Torino che vedono finalmente sorridere i loro editori. E ci credo, questi e tutte le élite del paese hanno trovato il Madoff da offrire in pasto all’opinione pubblica per le mostruose frodi fiscali perpetrate negli ultimi cinquant’anni. Felice seppur sconsolata, la Sinistra, che però ha subito l’onta di dover ringraziare i magistrati per abbattere un avversario politico, dopo aver per vent’anni disprezzato i suoi concittadini che non votavano per lei, ma per lui (ricordiamo tutti l’osceno “editto” di Umberto Eco nel 2001).
Dopo la ovvia delusione del momento, immagino felice anche Berlusconi. Potrà andare in vacanza sereno, uscire dallo scomodo ruolo di imputato, per entrare in quello meno stressante di condannato. Per di più per un reato ben conosciuto e apprezzato nel paese: la frode fiscale. Dice di voler continuare a fare politica, in effetti è stato condannato l’uomo Berlusconi, non il Leader. Anzi, mi immagino come sarà strutturato lo “zoccolo duro” della sua prossima campagna elettorale, tutta giocata sulle frodi fiscali dei suoi simili. Per quelli come me, iscritti idealmente alla Congregazione degli Apoti (di prezzoliniana memoria), si aprirà un periodo eccitante.
Senza più impegni parlamentari e di governo, ma solo di leadership politica, riconosciuto sia come Milite Ignoto sia come Madonna Pellegrina del Centro-Destra, Berlusconi si avvierà a una serena, operosa vecchiaia politica.
Una sintesi che aiuti la pacificazione del Paese si impone, suggerisco una riflessione di Jean Baudrillard: “Non si deve credere che la verità resti la verità quando le si toglie il velo” quindi la verità non esiste nuda. Si cerchi di andare in pace.”
QUANDO… MARISELA FEDERICI E ALBERTO SORDI
Da giovane, la bellissima Marisela (venezuelana, molti la credono argentina) era “innamorata”, come una fan, di Alberto Sordi. Ma non riusciva a conoscerlo. Chi abbia appena sentito parlare di lei, sa bene che non si ferma di fronte a nessun ostacolo. Finalmente, un giorno, riuscì a procurarsi il numero di telefono di casa di Albertone. Rispose, diffidente, una delle sorelle dell’attore. Impetuosamente, ma con molta grazia, Marisela inventò uno bugia e riuscì a farsi passare Sordi. “Alberto, sono pazza di te, debbo assolutamente incontrarti!” è la sintesi di una lunga performance con cui la ragazza convinse il comico, frastornato: addirittura riuscì a dargli appuntamento nella sua splendida casa, in via XXIV Maggio. Quando arrivò, Sordi fu accolto da un domestico in livrea e introdotto in un grande salone, i muri tappezzati di quadri e di fotografie di volti femminili: donne anziane per lo più e, comunque, anche se giovani, non propriamente seduttive. E Albertone, curiosissimo, non aveva mai visto, prima, Marisela. Finalmente lei apparve: radiosa, irresistibile. “Ammazza, Marisè” esplose Albertone. “Sei proprio tu?! Già me stavo a preoccupà, davanti a ‘sta galleria de mummie!”
BASSA SOCIETA’? BOH. VI PARLO DI GIANIN, CON DEDICA A ROSSELLA
Mentre Carlo Rossella (O’Hara) si gode e centellina gli inviti, tra yacht e castelli, del grande editore Burda a Capalbio – alta società – vorrei raccontarvi, più modestamente, di Giovanni Bonelli detto Gianìn, genovese, mio amico del cuore. Negli anni sessanta, settanta e ottanta fu il padrone della Liguria, come braccio destro dell’onnipotente ministro, e big della Dc, Paolo Emilio Taviani. Non si muoveva foglia, da Spezia a Ventimiglia, che Gianìn non volesse: fu per venticinque anni prima segretario provinciale e poi regionale dello scudo crociato. Non amava la mondanità, era riservatissimo. Però, in incognito, non di rado frequentava, con il suo stile dimesso, i locali notturni (allora si chiamavano tabarin) e nel week end spariva da Genova: pochi sanno che aveva un amico albergatore che, a Campione, gli teneva sempre una camera a disposizione. Nel casinò dell’enclave era di casa, ma anche a Montecarlo, Cannes, Beaulieu e Deauville lo conoscevano bene – Gianìn! Io sui giornali lo avevo battezzato “il gatto”, per la sua colta e sapiente astuzia. Sarebbe stato accolto in qualsiasi salotto rosselliano, col tappeto rosso, Gianìn. Ma preferiva starsene sornione nell’ombra, dietro Taviani, in politica, e nel tempo libero preferiva i suoi discreti divertissement. Ora, è ultraottantenne: al casinò va ancora, ma dalle sale esce e torna a dormire a mezzanotte, all’ora in cui, ai tempi, arrivava. Non prima di passare al bar, non più per un’ultima flûte di champagne o per un doppio whisky, ma per farsi preparare una camomilla o una tisana (la bustina la porta sempre con sé), per conciliarsi il sonno. Ieri, forse sinceramente intristito, mi ha comunicato di voler rinunciare alle nostre scorribande d’agosto in mezza Europa: preferisce godersi i nipotini nella sua casa in campagna. Ma Carlo Rossella (O’ Hara) sbaglierebbe a considerarlo un uomo afflosciato. L’astuzia è sempre quella, idem la generosità cristiana, sempre acuto l’ingegno nelle analisi politiche. Mi rassegno all’idea di dover consultarlo non più sul suo adorato “trente et quarante”, ma solo sui post democristiani, i post comunisti o per capire qualcosa del suo conterraneo Beppe Grillo.
SU RAI 5, UN DOCUMENTARIO SU GENOVA E IL CALCIO
Grazie a una segnalazione del prezioso Donato, ieri sera ho scovato su Rai 5 un programma sulla storia di Genoa e Sampdoria. Come appassionato di calcio, una delizia. Come genoano, immalinconito che il Genoa fosse confuso con la Sampdoria. Come giornalista, penso che gli autori avrebbero fatto bene a consultarmi. Con occhio neutro, non critico, penso che si poteva fare di più: come si fa, a lasciar fuori, ad esempio Gianni Brera? O, anche, un Antonio Bettanini? Rai 5 ha un bel palinsesto, è in crescita… Provaci ancora, Sam!
29-07-2013