“O’Padreterno/pe stà cu a ggente/gira p’e Tavern./M’hanno ditto ca a Salierno/’n’a trattoria porta poroprio o nome mio, stuff t’ant’è ca songo Dio/Voglio j proprio a vedè/E ditto e fatto arrivaje subito cà Truvaie Ciro e Peppino/O’ pesce frisco e meglio ancora ‘o vino/Bravi dicette io cà nun songo sulo./Mangiaie, Parlaie cu a ggente, fu cuntento/Dicette è d’uopo che ora vada per altri impegni imposti/E se penzate a me dicit o paternostro/A Peppe ca l’accumpagniaie a porta facette nu sorriso e le dicette: io cà ce torno/Ma voglio portà tutt’o Paradiso!” (Mimmo Cuoco, “Trattoria d’o Padreterno”, scritta il 5.6.2000 nel medesimo locale)
ATTUALIZZANDO…
Sono stato in costiera amalfitana (con questo titolo da sette anni il mio amico Alfonso Bottone organizza un premio di lettere e altre arti), e ho fatto tappa a Salerno. E qui, un altro mio amico estrosissimo, Peppe Orza, per dimostrarmi sia il suo affetto sia il suo potere, ha tenuto aperto un ristorante, erano le quattro del pomeriggio, e qui mi ha offerto un sontuoso pranzo – che ricorderò non solo per i cibi genuini e prelibati. In questa trattoria, il cuoco Mimmo tredici anni fa ha scritto una delle sue poesie, quella che ho trascritto qui sopra, che da tempo è diventata il biglietto da visita dei due simpatici soci, Ciro e Peppino. I lazzi, i frizzi e anche gli (apparenti) insulti tra i due e Peppe, meriterebbero di entrare in una commedia in stile Eduardo De Filippo. A tratti, parole incomprensibili, però da parte di tutti e tre mimica irresistibile. Per di più, mi sono state regalate le acciughe sotto sale, di cui sono ghiottissimo (un giorno vi farò l’elenco di tutti i miei sfizi, in modo che possiate imitarmi: in primis i capperi con il gambo) e una bottiglietta di colatura di alici. Così, ne approfitto per proporvi la ricetta degli spaghetti alla colatura di alici. Spaghetti quanto basta per voi e gli invitati, olio, aglio, pomodorini e mezzo cucchiaio di colatura, per persona. Meglio abbondare, due cucchiai se siete in tre. Non mi resta che darvi l’indirizzo perché se passate da Salerno e non vi fermate, per laico o religioso rispetto, alla Trattoria d’o Padreterno, o siete pazzi, o troppo sobri per i miei gusti. Piazza Flavio Gioia, 12, tel 089239305, chiuso il martedì, prenotate a nome di Peppe, o anche mio ormai, e siate felici.
NOSTALGIE (NON SOLO) GASTRONOMICHE. ATRANI…
Sempre nel delizioso week end in costiera ad Amalfi, mescolo il sapore dei magnifici ristoranti con il piacere di nuove conoscenze e amicizie. Venerdì sera sono stato intervistato, per presentare il mio libro, da uno straordinario esemplare umano. Marcello Napoli (in compagnia della moglie, una splendida insegnante di lettere) gioielliere, giornalista del Mattino e, soprattutto, eccezionale (per me) in quanto bibliofilo. Su questo tema ci siamo intesi subito, mi sono bastate poche chiacchiere per capire che ne sa più di me. Sono certo che da ora in poi avremo una fitta corrispondenza.
La sera dopo, sabato, Bottone ci ha portato sulla spiaggia affollatissima di Atrani: qui ero chiamato a consegnare il mio premio “Socrate 2000, per il ritorno al merito”: prescelto, quest’anno, è stato Simone Cantagallo, con un gran curriculum alle spalle, oggi a Gtech. Sfidando l’impazienza del pubblico, che aspettava presumo soprattutto una sfilata di moda, ho cercato di spiegare a modo mio quale sia la superba qualità del comunicatore: tutti noi, consapevoli o no, cerchiamo di dare un senso alla nostra vita; i bravi comunicatori, i più bravi, tentano di dare un senso alla vita dell’azienda per cui lavorano, in particolare, e anche a quella dell’amministratore delegato che rappresentano. Ho anche aggiunto che un buon comunicatore deve esprimere divulgativamente al meglio ciò che sta facendo il suo leader…
Ad esempio: Monti col suo governo è stato afflitto da una pessima comunicazione. Ha fatto ciò che è possibile per evitare il fallimento italiano. Ma non è stato capace, evidentemente senza assistenza, di comunicare, senza il freddo tono professorale. La razionalità lo ha danneggiato. L’errore cruciale è stato quello di infliggerci un regime ad acqua e pane secco, come era indispensabile, ma di non darci una sola parola di speranza, di non riuscire a compattarci nel dovuto spirito di sacrificio. Ricordate Winston Churchill, quando chiese al popolo inglese di seguirlo “con lacrime e sangue”? Sacrifici, ma annunciava l’indispensabilità di opporsi al nemico Hitler, per salvare l’indipendenza dell’Inghilterra. Da noi, ci sarebbe bisogno di uno straordinario comunicatore. Perché per decine di anni ogni governo ci ha derubato con fiscalità insostenibile, il denaro pubblico è stato razziato dai soliti noti, e quando il Paese ha raggiunto la soglia del default, per estrema beffa è stato chiesto a noi, popolo bue, di stringere ancora la cinghia e di aiutare il bilancio dello Stato a risanarsi con i nostri contributi. Pazzesco! E da una parte la Casta continua a non essere castigata dal minimo sacrificio, dall’altra non c’è neanche un bravo comunicatore che ci esorti alle ristrettezze e ai sacrifici, ma dandoci una parola di speranza, indicandoci quando questa via crucis finirà.
Infine, a cena a “Le Arcate”…
A “LE ARCATE” ALTRA POESIA CON IMPULSI RELIGIOSI
“E si ll’apostole, pè caso, l’Ultima Cena a facevano a “Ll’Arcate”…/annanze a chisto mare, ‘a luna, ‘e stelle, guardanne st’affresco ra natura/mangianne ‘e scialatielle, na ‘mpepata, na frittura…/state sicuri che a Cristo Giuda nun l’avesse maje tradito!”. Questa, con il titolo “L’ultima cena”, è una poesia scritta da Maria Maddalena Buonocore e pubblicata, con altre, nel menù del ristorante (che ha una ‘unica’ collocazione sulla spiaggia e sul mare, di Atrani). Ho così scoperto, in costiera, una singolare miscela di eccellente cucina e di devota ispirazione religiosa. Eccovi altri quattro versi, in questo caso firmati da Rita Frasca: “Che bella festa fanno sti Tranise/int’a nu vico astritto ‘o Paraviso./‘A festa loro ‘a fanno c’ ‘a devozione/e teneno pe’ avvocato ‘o sarchiapone…”. Il titolo è “O sarchiapone”. Conoscevo il sarchiapone esclusivamente come la bestiola, nell’esilarante sketch di Walter Chiari, inserita misteriosamente in una borsa, durante un viaggio in treno, per far paura agli altri passeggeri. Ad Atrani ho saputo che il sarchiapone è il piatto tradizionale della festa di Santa Maria Maddalena, il 22 luglio, protettrice del paese. Una zucca lunga ripiena, svuotata, fritta e poi cotta al forno con pomodoro.
IL CASO MARCHIONNE, A TAVOLA CON DANIELA BRANCATI
Daniela Brancati è una giornalista intelligente e adorabile, capisce di politica come pochi, è stata la prima donna a dirigere un telegiornale (il Tg3 nel 1994). Oggi i direttori al femminile sono almeno tre: Sara Varetto a Sky, Bianca Berlinguer al Tg3, Monica Maggioni a RaiNews. Vent’anni dopo Daniela scrive romanzi, ma ben conoscendo la sua personalità politica le ho chiesto cosa pensasse del clamoroso incidente, Laura Boldrini che ha rifiutato di incontrare Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat. Daniela mi ha risposto seccamente: “Forse per la Boldrini, presidente della Camera, era un obbligo istituzionale. Ma devo dire che anch’io (scoppiando a ridere, ndr) andrei a un appuntamento con chiunque, però assolutamente mai con Marchionne!”. E perché? “Sarebbe un discorso lungo, ma mi basta l’ultimo episodio: la Fiat che butta soldi in Rcs per tenere il controllo del Corriere, e poi tormenta i lavoratori delle aziende italiane…”
Approfitto dell’occasione per scrivere con chiarezza ciò che penso anch’io di Marchionne. Alla guida della Fiat si è rivelato un manager di intuizione imprenditoriale formidabile e di rigore finanziario. Limitatamente, però, agli interessi suoi e della sua azienda. E che c’è di male? E’ mancata, a mio parere, una terza dimensione: la coscienza dell’interesse nazionale. Faccia quello che vuole, sindacati e governo permettendo, però Marchionne non ci prenda per fessi: sta rimuovendo la Fiat dall’Italia, anziché rilanciarla, la cede in America e all’estero, smembrando, facendo operazioni finanziarie, ecc. Marchionne ha intelligenza e sapienza, ma non ha cuore, né anima, né sensibilità, non è uomo di statura superiore: come un Mattei, per intenderci. Per finire il complesso ritratto, aggiungo che – come manager e pilota – lo vedrei volentieri alla guida di un governo salva-Italia: baderebbe, come ora, al proprio interesse, alla propria fama, ai propri egoismi, ma anche alle ricette utili per rilanciare il nostro Paese. Invece, purtroppo, è alla guida di un’industria privata, che ha avuto aiuti straordinari dallo Stato per avere sviluppo, e poi, per colmare i suoi deficit, e ora se la squaglia alla chetichella, lasciando rovine fumanti.
08-07-2013
*”Elogio del gioco d’azzardo” di Cesare Lanza, editore L’Attimo fuggente, Euro 22. La prima edizione ha avuto una tiratura limitata a opinion leaders e agli addetti ai lavori. Non è, al momento, distribuita in libreria. Chi desiderasse prenotare una copia (fino a esaurimento o per le successive edizioni) può scrivere a info@luce2007.it.