Con Totò forse abbiamo sbagliato tutto! Lui era un genio, non solo un grandissimo attore. E noi lo abbiamo ridotto, contenuto, obbligato a trasformarsi in un uomo comune tarpandogli le ali. (Mario Monicelli)
Addio Totò, addio amico mio. Napoli, questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori e non ti scorderà mai. Addio amico mio, addio Totò.
(Nino Taranto, dal discorso funebre in morte di Totò)
ATTUALIZZANDO… NEL CINQUANTENARIO DELLA MORTE
In questi giorni ricorre il cinquantesimo anniversario della morte (15 aprile 1967) del principe De Curtis. Ha dato sorrisi, letizia, risate a tante generazioni, decine di milioni di ammiratori: ci ha alleggerito, procurandoci buon umore, le asprezze e le fatiche della vita. Per ricordarlo, vi propongo alcune sue celebri battute, da alcuni film, una ricerchina fatta dalla nostra Donatella Liuzzi.
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LA MIA FACCIA NON MI É NUOVA
(Fermo con le mani, 1937):
· Toglimi una curiosità, tuo zio è sempre morto?
· La mia faccia non mi è nuova, ce l’ho da quando sono nato.
· Non mi sono insediato: qui non ci sono sedie.
·Parli come badi, sa!
(San Giovanni decollato, 1940)
· Che cosa ho chiesto a San Giovanni? Un terno? una quaterna? una cinquina? Niente di tutto questo, ma una sciocchezzuola, una bazzecola, una quisquilia, una pinzillacchera: far cadere la lingua a mia moglie.
(I due orfanelli, 1947)
· Chi dice che i soldi non fanno la felicità, oltre a essere antipatico, è pure fesso.
( Fifa e arena, 1948)
· Io non rubo, integro. D’altra parte in Italia chi è che non integra?
· A proposito di politica, ci sarebbe qualche cosarellina da mangiare?
· Lei è un cretino: si specchi, si convinca.
(Totò terzo uomo, 1951)
· Si dice che l’occasione fa l’uomo ladro, ma anche per la donna non ci metterei la mano sul fuoco.
· Vorrei un caffè corretto con un po’ do cognac, più cognac che caffè… anzi, giacché si trova, mi porti solo una tazza di cognac e non se ne parla più.
·Non bevi, non fumi, non vai con le donne; lo vuoi un consiglio? Sparati?
(Miseria e nobiltà, 1954)
·Io non faccio il cascamorto, se casco, casco morto per la fame.
(Totò all’inferno, 1955)
· Se ho fornicato? Io nella vita ho fornicato sempre, mi chiamavano il fornichiere!
(Totò, lascia o raddoppia?, 1956)
· Che mani meravigliose che ha! Ma, mi dica, sono proprio le sue?
(Totò, Peppino e… la malafemmina, 1956)
. Ho un fratello di nome Peppino: io sono il primogenio, lui il secondogenio, ma è un cretino.
· Per andare a Milano ci vogliono quattro giorni di mare, a meno di non andare a piedi.
· Adesso che stiamo a Milano, finalmente, vogliamo andare a vedere questo famoso Colosseo?
(I due marescialli, 1962)
· Lo so, sono vigliacco, ma sono vivo: meglio un vigliacco vivo che un coraggioso morto.
· Questo caffè è una ciofeca! Sull’insegna, invece che «Caffè dello Sport», dovete scrivere «Ciofeca dello Sport».
(Totò cerca casa, 1949)
– Signora, ma come, lei si spoglia così davanti a un uomo maschile?
· Futurista? impressionista? realista? Veramente io sono socialdemocratico monarchico napoletano.
· Lei è venuto per un decesso? Ho capito, vada in fondo a destra.
(Totò, Eva e il pennello proibito, 1959)
– Lei è un cretino, si informi! –
TOTO’, UN GRANDE POETA
Totò è stato anche un grande poeta: il suo poemetto “A livella”, sulla morte che rende tutti uguali, é un capolavoro indiscutibile, di qualità assoluta, universale. Non dico che avrebbe meritato il premio Nobel ben più di Dario Fo. Da quando il Premio per la letteratura è stato attribuito a Bob Dylan, ho perso la stima residua che avevo per il Nobel, inteso come istituzionale e supremo riconoscimento del valore di poeti e scrittori.
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12/04/2017