di Cesare Lanza
Quinta e ultima puntata di giudizi sui giornalisti conosciuti (o letti) nei miei 60 anni giornalismo.
GLI ATIPICI
Clemente Mastella (Ceppaloni, 5 febbraio 1947). Disse ad Aldo Cazzullo che si comportò come un castoro, quando era ministro della Difesa (si dimise e provocò la caduta del governo): «I castori erano considerati una preda preziosa perché si riteneva che nei loro testicoli ci fosse una sostanza magicamente terapeutica. Si narra che un castoro, per evitare la cattura e salvarsi la vita, si strappasse i coglioni e li gettasse ai cacciatori. Ho fatto la stessa cosa: ero assediato da nemici di ogni genere, politici, giornalisti, magistrati… Per salvarmi, lasciai il ministero». Lunghissimo curriculum parlamentare. Ben prima di Beppe Grillo, aveva proposto un tribunale speciale per i giornalisti sfrontati e aggressivi verso il potere. È riuscito a sopravvivere, ora è sindaco di Benevento. Per la simpatia, un vero paraculo meridionale.
Giovanni Ansaldo (Genova, 28 novembre 1895 – Napoli, 1 settembre 1969). Da ragazzo scrivevo a giornalisti famosi, direttori, inviati, importunandoli. Nonostante l’età acerba, mi proponevo come collaboratore. Scrissi anche ad Ansaldo, che dirigeva II Mattino di Napoli. Non mi rispose. Gli scrissi ancora, una letteraccia di protesta. Replicò subito, affabilmente, dandomi del voi e giustificandosi dicendo che scriveva un articolo al giorno. Comportamento incredibile, che ancora ricordo. Gentiluomo.
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Marco Pannella all’anagrafe Giacinto (Teramo, 2 maggio 1930 -Roma, 19 maggio 2016). Dirigevo Contro, nel 1979. Piombò nella mia redazione a Milano e mi disse: «Tu non lo sai, ma sei radicale. Vieni con noi, ti offro una candidatura sicura». Rifiutai sorridendo, lusingato: non era il mio mestiere. Accettando, forse la mia vita sarebbe cambiata. Si definiva (leggo su Wikipedia) radicale, socialista, liberale, federalista europeo, anticlericale, antiproibizionista, antimilitarista, non violento, gandhiano. Carisma irresistibile. Ogni volta che l’ho incontrato, mi sembrava di aver avuto in regalo la visione più bella della vita. Seduttivo. Estroverso.
Massimo Bordin (Roma, 18 agosto 1951). Tutti (0 quasi) quelli che lo conoscono, dicono che abbia un carattere difficile, scontroso: un orso, molto selettivo nei rapporti. Perciò sono lusingato -non ci conosciamo di persona- dall’apprezzamento che mi ha concesso, per questi articoli sui giornalisti, nella sua rassegna stampa mattutina su Radio Radicale. Molto seguita e altrettanto temuta (da lustri si alza alle 5 del mattino per prepararla nel migliore dei modi). Quanto al caratteraccio, basterà dire che entrò in conflitto con Marco Pannella e gli tenne testa, preferendo dimettersi. Senza guinzaglio.
Riccardo Ruggeri (Torino, 6 dicembre 1934). Orfano di un operaio della Fiat, entrò nell’azienda torinese con la stessa qualifica all’Officina 5, fino a raggiungere i livelli più alti come ceo del colosso New Holland, che portò a quotarsi alla Borsa di New York. Manager di assoluta qualità, in senilità si è proposto come scrittore, opinionista, commentatore documentato degli eventi di politica e finanza più importanti, nazionali e internazionali. Una delle colonne della Verità. Acuto e intransigente, educato e rispettoso, ma non fa sconti a nessuno. Studioso.
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Franco Abruzzo (Cosenza, 3 agosto 1939). Ci conoscemmo in Calabria, a Cosenza. Ricordo il giorno in cui sostenne l’esame per la patente. Investì un poveraccio, che si mise a urlare: «Chi è, chi è il farabutto alla guida?». Si formò un capannello e Franco, per gli amici Ciccio, coraggioso come sempre pre, si fece avanti: «Io!». Lo salvammo
a stento dalla furia di quell’energumeno. Ha brillato per molti anni sia al Giorno che al Sole 24 Ore. Nella sua carriera, anche nell’Ordine dei giornalisti, sempre pieno di iniziative. Ha fondato e presiede l’Unpit (Unione nazionale pensionati per l’Italia). Instancabile.
Monica Setta (Brindisi, 5 agosto 1964). Non era mai stata in televisione. La invitai a Domenica in e ne restò religiosamente folgorata, più 0 meno come San Paolo sulla via di Damasco. Da allora ha fatto il possibile, con eccessi e imprudenze, successi e capitomboli, per primeggiare: non si è più staccata dal piccolo schermo, è un amore senza fine. La stoffa c’è, la testardaggine pure, le relazioni aumentano. Perseverante.
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Elio Domeniconi (Sampierdarena, 10 marzo 1932). Il più divertente tra gli intervistatori botta e risposta. Brillante e divulgativo. Ha scelto di sua iniziativa di ritirarsi in una casa di riposo, a Genova. Non è mai riuscito a trattenere malizie e cattiverie, neanche verso amici e parenti. Lazzi e frizzi a strafottere: uno stile più forte di lui. Impertinente.
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Paola Severini (Roma, 12 giugno 1956). Tre matrimoni, il più famoso con Piero Melograni. Sempre impegnata nel sociale, con riconoscimenti in mezzo mondo. Affascinante per tanti aspetti, in particolare per un bon vivant come me che ne apprezza le qualità anche in cucina. Ricordo uno strepitoso breakfast in casa sua, nessun grande albergo sarebbe riuscito a essere competitivo. Me la presentò Antonio Ghirelli. Ricca di idee, spirito di iniziativa, fantasia. Scrittrice, conduttrice radiofonica, ha fondato la rivista (ora quotidiano) Angeli. È lei che è riuscita a portare al Festival di Sanremo il pianista Ezio Bosso, rendendolo famoso in tutto il mondo. Creativa e volitiva.
GLI SGRADEVOLI
Gad Lerner (Beirut, 7 dicembre 1954) Mi ha invitato due 0 tre volte alle sue trasmissioni, tendendomi regolarmente una trappola: tutti (radicai chic, sinistri di salotto) contro di me e il mio modo di far televisione, presuntivamente trash. Con il suo sorrisetto insopportabile, improvvisamente in difficoltà quando in diretta gli telefonò Silvio Berlusconi per dirgli cosa pensava della «sua» televisione. Interdetto, confuso. Però gli invidio qualcosa: un paio di amiche comuni mi hanno detto che è superdotato. Maligno.
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Massimo Giletti (Torino, 18 marzo 1962). Si è dimesso dall’albo dei giornalisti, secondo un annuncio dell’Ordine del Piemonte, dove lui era iscritto, e che ha archiviato così il procedimento disciplinare che lo vedeva incolpato di violazione delle norme sul divieto di commistione tra informazione giornalistica e pubblicità. Sospeso in precedenza varie volte per incaute telepromozioni. Ha lavorato con me a una Domenica in. Litigai perfino con Mara Venier, mia amica, per difendere i suoi spazi. Gli altri autori e io gli cucimmo addosso un ruolo a cui è tuttora abbarbicato. L’unico forse che possa sostenere. Ambizioso, menefreghista: celebre il disprezzo di Lucio Presta verso di lui. Ingrato, sleale.
Mauro Mazza (Roma, 18 agosto 1955)- Rapporti pessimi, con me. Mi aveva elogiato e blandito come autore, poi mi censurò dicendomi chiaro e tondo, senza vergogna, che c’era il veto di non vorrei dire chi (ma sì, diciamolo: Lucio Presta, un mio grande amico, con cui mi trovavo temporaneamente in conflitto, per colpa mia; poi ritornammo in ottimi rapporti). Aveva abdicato al suo ruolo di direttore di Rai 1. Nell’incarico, un mezzo disastro: con lo scudo delle leggi sul lavoro, è illicenziabile: ci hanno provato più di una volta. Tra i primi ad abbandonare Gianfranco Fini, quando il suo sostenitore entrò in difficoltà. Furbetto.
GLI AFFABILI
Silvana Giacobini (Roma, 27 febbraio 1939). La madama ossequiatissima delle cronache rosa, lanciata e affettuosamente valorizzata dall’editore Edilio Rusconi, direttora per lustri di riviste popolari (Eva Express, Gioia, Chi, Diva e Donna). Elegante, curiosa, informata. Con una forte vocazione al comando e all’organizzazione. Signorile.
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Giancarlo Dotto (Valdagno, 1 giugno 1952). Inquieto, sempre in viaggio tra Italia e Sudamerica, cacciatore di notizie, intervistatore educato ma implacabile: m’indusse ad abbandonarmi alla chiacchiera e a dichiarazioni
che provocarono la mia rottura con Paolo Bonolis e Lucio Presta. Intelligente e preparato, minuzioso. Oggi scrive per Dagospia, con mente libera da qualsiasi complesso. Duttile.
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Alfredo Todisco (Catanzaro, 8 maggio 1920 – Milano, 5 marzo 2010). In età avanzata, lo conobbi bene quando ebbe una storia tenera con una mia amica. In grande confidenza con Gianni Agnelli: irresistibili i suoi racconti sull’Avvocato che gli telefonava all’alba, lo convocava per una gita improvvisata in elicottero a Montecarlo o a Venezia oppure per una goliardata di puro divertimento. Mondano.
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Franco Recanatesi (Roma, 5 maggio 1941). Siamo cresciuti insieme, al Corriere dello Sport: tanta gavetta, pochi soldi, poker, ragazze, successi precoci nel giornalismo sotto la guida di Antonio Ghirelli. Incoscienza pura. Dopo 50 anni, quasi tutto è rimasto uguale. Mi dispiace la sua eccessiva venerazione per Eugenio Scalfari e il litigio insormontabile con un mio amico caro, Marco Benedetto. Per il resto, affine in tante cose. Estroso.
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Barbara Palombelli (Roma, 19 ottobre 1953). Dura gavetta, è emersa secondo qualità. Felice matrimonio con Francesco Rutelli. Brillante sul Web, adesso conduttrice e protagonista di programmi televisivi. Non sbaglia un colpo. Disinvolta.
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Luigi Gia (Genova, 1 settembre 1958). Lo assunsi a Genova quando era un ragazzo, intuendo una sua (rara) qualità: la vocazione per la confezione e l’organizzazione. Un tecnico nato, lavoratore affidabile. Fedele.
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Francesco Cevasco (Genova, 13 ottobre 1951). Uno dei miei allievi, a Genova e Milano, città che lo ha visto ricoprire posti di responsabilità all’Europeo e al Corriere della Sera. Eccellente confezionatore di giornali, avrebbe meritato maggior successo (come direttore, onesto, ma poco temerario). Bisognava stimolarlo. Al Secolo XIX gli chiesi di raccontare senza soggezione e convenzionalità, da cronista, una tradizionale processione di Genova. Ne uscì un pezzo di irresistibile effervescenza. Ironico.
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Tommaso Besozzi (Vigevano, 20 gennaio 1903 – Roma, 18 novembre 1964). Ahimè, non l’ho conosciuto, ma è un obbligo rendergli omaggio. Memorabile il suo reportage sulla misteriosa uccisione del bandito Salvatore Giuliano, uscito il 16 luglio 1950 sull’Europeo con un titolo rimasto celebre: «Di sicuro c’è solo che è morto» (che oggi quasi tutti i colleghi scambiano invece per l’incipit del pezzo). Non abboccò alle tante, contraddittorie, versioni ufficiali. Una lezione di giornalismo – la cautela – di valore universale. Scettico.
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10.01.2017