Altri ci hanno provato, sovaldi e anch’io vorrei dire la mia opinione sull’elezione, salve fulminea, di Papa Francesco e quelle del presidente della Repubblica e del nuovo capo del governo italiano. Per due mesi, i nostri vecchi e nuovi politici, insieme con moltitudini di giornalisti, conduttori televisivi, tuttologi, esperti e viandanti di varia caratura, e quasi sempre di minima credibilità, si sono arrabattati a perder tempo, o a ingannarlo divertendosi pure, con montagne di trame, ipotesi assurde, facezie e ragionamenti sconclusionati (mi inserisco anch’io nello sterminato elenco).
Qui, oggi, vorrei trattare un argomento, che mi sta maggiormente a cuore. Come sanno tutti i miei cari (amici, parenti, affezionati lettori), sono agnostico – purtroppo! – e assolutamente privo di fiducia, rispetto al dono della fede. Parlo e scrivo, quindi, da non credente. Premesso questo, evviva il Vaticano, evviva la Chiesa, evviva come in breve tempo i cardinali in Conclave siano riusciti a muovere un passo importante, per uscire, in maniera persuasiva, dalla crisi della loro Istituzione.
Riportiamoci al giorno precedente la nomina di Carlo Bergoglio al Pontificato. La Chiesa era sconquassata da drammi senza precedenti nell’epoca moderna. Orribili scandali di natura sessuale, speculazioni e scempio delle finanze, lotte intestine tra i maggiori rappresentanti del clero, ai vertici più alti e nei gradini più bassi… e ogni vergognoso episodio raccolto senza indugio e, giustamente, senza indulgenza, dai mass media e da libri di terribile denuncia. Le clamorose dimissione di Papa Ratzinger, una decisione traumatica che non accadeva da secoli e secoli, sono apparse ai più, fedeli a parte, come un poco apprezzabile segno di resa di fronte a queste straordinarie difficoltà. Cristo aveva portato la sua croce fino in fondo, Ratzinger non ce l’ha fatta. Vero è che sul piano umano, il suo cedimento, il suo atroce sentimento di impotenza, sono comprensibili e giustificabili. Benedetto XVI era in possesso di un documento, di cui pochissimi sono a conoscenza, devastante comunque a quanto si sa per i risultati dell’indagine che lo stesso Papa aveva affidato a tre decani e conoscitori della Chiesa. Ratzinger dunque non ha retto più, ha deciso di andarsene. Sul piano umano, ho detto; sul piano etico, ben consapevole di non avere alcun diritto e ancor meno qualità per predicare in casa altrui, addirittura poi nel luogo dove le prediche ci vengono quotidianamente dedicate e anche inflitte, ritengo che il Pontefice tedesco non abbia scelto la decisione più giusta e apprezzabile. E tuttavia tra i milioni di credenti, fedeli e seguaci, pochissime sono le voci di protesta e di dissenso. Ha prevalso un sentimento generoso di comprensione e solidarietà. Perché? La Fede, rieccola, spiega tutto. ‘Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare!’. Senza scomodare Dante: come in tanti altri infiniti casi, a cominciare dai nostri dolori più insopportabili, dai dubbi più inquietanti, per i credenti la Divina Provvidenza ha deciso e stabilito un indirizzo. Lo Spirito Santo ha voluto così, amen.
Per noi poveri laici, per noi desolati agnostici, che purtroppo non siamo mai (ripeto, purtroppo!) rassicurati e confortati dalla fede, il giudizio è diverso: dobbiamo fare i conti con la realtà. E per me Benedetto XVI ha lasciato le sue pecorelle in una condizione di indeterminatezza e confusione. Si è arreso, ha passato mano. Comunque sia, a prescindere dalle opinioni, questa era dunque, e non altro, la condizione della Chiesa, alla vigilia del Conclave.
Forse Ratzinger non poteva fare altro, con le poche forze che gli restavano e lo scempio a cui era obbligato a guardare, senza grandi possibilità di interventi, ogni giorno. Forse, immedesimandomi nel pensiero e soprattutto nel cuore di un credente, è stata la sua fede a suggerirgli le dimissioni: a consentirgli che si stabilisse uno scenario diverso, per arrivare a una svolta e all’arrivo di un nuovo pastore di Dio.
Ma ora lasciamo da parte la distinzione tra la fiducia incrollabile dei credenti e lo scetticismo realistico degli agnostici. Ciò che mi preme sottolineare è che la Chiesa, l’Istituzione-Chiesa, ci ha dato una lezione memorabile, probabilmente storica. Nella condizione che ho descritto, i cardinali sono entrati in Conclave in uno stato con evidenza apparente, ma anche reale, di contrastanti indirizzi, lotte intestine, confusione non solo religiosa. Hanno usufruito, è vero, di un paio di settimane di segreti e non segreti conciliabili fra di loro, prima di entrare nel segreto delle mura vaticane. Ebbene, in poco anzi pochissimo tempo, sono riusciti a designare il successore di Pietro e a farlo sapere al mondo. Sorvolo, anche per non essere noioso, su ciò che è stato detto e scritto, a me pare con eccessiva enfasi: hanno avuto, i cardinali elettori, il privilegio di essere assistiti dal sostegno e dal conforto dello Spirito Santo.
Lo schiaffo del quasi coincidente (e successivo!) teatro politico è cocente, non abbiamo attenuanti. Per l’elezione del Presidente della Camera, la brava e promettente Laura Boldrini e del Presidente del Senato, il più discusso ma inatteso e comunque affidabile Pietro Grasso, abbiamo vissuto un giorno di luce. Per il resto: due mesi buttati al vento mentre l’Italia, o la maggior parte di essa, è allo stremo; divisioni, lotte, intrighi di poteri inconciliabili; miserie e orribili retroscena finalizzati per lo più ad ambizioni e interessi personali, e forse anche a loschi progetti; l’incapacità palese di avere la pur minima idea per uscire dalla crisi. Una situazione invereconda di stallo, mentre la gente si suicida, i fallimenti esplodono dovunque, la disoccupazione dilaga; nessuno è riuscito a pronunciare qualche parola di fiducia, davanti all’indispensabile problema da risolvere: la ricostruzione. Tutti i partiti cosiddetti vecchi, e forse sono anche decrepiti, sembrano indifferenti, e temo per molto tempo ancora invulnerabili, rispetto ai sentimenti di sfiducia del popolo; e il nuovo movimento, guidato da Beppe Grillo, incapace di mediazioni, propenso soltanto a distruggere, senza nessuna proposta costruttiva.
Papa Francesco si è affacciato al balcone di piazza San Pietro e ha subito conquistato le folle. Si è subito capito che nella Chiesa stava cambiando qualcosa di importante. Il Pontefice, con poche e inusuali parole, ha trasmesso fiducia. Lungi da me l’idea che il Papa possa fare cambiamenti miracolosi. Non lo vedo solo come un pastore che si curerà delle sue pecorelle con un trasparente affetto spontaneo, con comprensione del dolore, della sofferenza, della povertà. Penso che Francesco sia – anche – un gesuita di finissima scuola, un uomo che conosce il mondo avendolo frequentato dal marciapiede, un governatore riformista ma inesorabile. Ci vorranno i tempi della Chiesa, certo: non a caso, per riformare la curia, ha designato un comitato che si riunirà per la prima volta ad ottobre… Ma ha dato segnali inequivocabili di cambiamento.
Dalla politica, fino ad oggi, niente di tutto questo. Un blabla insopportabile. E un governo, forse inevitabile, fondato su accordi (le larghe intese) del tutto esclusi dai partiti alla vigilia della consultazione elettorale. Mai una parola di fiducia, mai un incoraggiamento per gli italiani a credere in se stessi, mai una decisione che ci aiuti ad apprezzare il valore del sacrificio, condividendolo con le tante e sempre intoccabili Caste. E qui mi fermo. Prevale il pessimismo, ma la speranza non deve essere abbandonata. Speriamo! Il problema è che noi, noi laici, non possiamo neanche sperare nei miracoli.
27-5-2013