“Secondo me, se va avanti così, va a finire che a votare non ci va più nessuno. No, dico, è una cosa grave. Grave per chi? Per la gente, no. Per i Partiti, nemmeno, tanto rimane tutto uguale.
D’altronde il voto è un diritto-dovere. Anche questa è bella. Che sia un diritto lo abbiamo capito tutti. Che sia un dovere, ultimamente non l’ha capito nessuno.
Che mestiere strano quello del politico. È l’unico mestiere in cui uno dice: «Io sono il più bravo». E se lo dice da sé. E te lo scrive, e te lo grida, nelle piazze, nei comizi. «Io sono l’uomo giusto al posto giusto». Complimenti. Quello che mi piace dei politici è la faccia come il culo.
Ma al di là di chi vota e di chi non vota, al di là dell’intervento, al di là del fare o non fare politica, l’importante sarebbe continuare a “essere” politici. Perché in ogni parola, in ogni gesto, in qualsiasi azione normale, in qualsiasi momento della nostra vita, ognuno di noi ha la possibilità di esprimere il suo pensiero di uomo e soprattutto di uomo che vuol vivere con gli uomini.
E questo non è un diritto. È un dovere”.
(Dal monologo “Il voto” di Gaber – Luporini, 1999)
ATTUALIZZANDO…AL VOTO CHI NON VOTA! / 2. IO NON VOTO DA 25 ANNI
L’ho già scritto molte volte… Fulminato come San Paolo sulla via di Damasco (ma per lui era una questione di fede), cinque lustri fa, quasi d’improvviso, come succede per la nausea che ti prende d’assalto da un momento all’altro, mi disgustai di fronte al Sistema Politico italiano; e da allora non ho più votato. Tuttavia, amo e coltivo il valore del dubbio. Senza dubbi, a cosa ci servirebbero il cervello, il cuore e la coscienza? I dubbi sono infiniti. Credere o non credere, di fronte alla religione. Votare o non votare, di fronte alla politica. Trattare i figli con rigore e affetto, o con severità e senza indulgenza, in famiglia. Aiutare i migranti ed accoglierli in casa o battersi per una soluzione, forse impossibile, globale e sociale, di fronte alla tragedia universale di questi anni. Desiderare la rovina di chi ti vuol male, vendicarsi o perdonare, durante la vita, gli affari, le amicizie. Rileggere un libro classico o scoprire i nuovi scrittori sperimentali, nell’amore per la letteratura. Rimanere in Italia e vivere di precariato, o andare all’estero, quale consiglio dare ai nostri giovani. Godere o far godere, in un incontro amoroso. Più avvincente la roulette o il poker o lo chemin de fer, al casinò. Guardare il calcio in tv o andare allo stadio, o giocarlo, per sentirsi sportivi. Insomma, se si vuole, i dubbi sono infiniti in senso letterale, sono cioè senza fine: profondi, intimi, esistenziali, futili, volgari.
Per 25 anni ho trattenuto il dubbio di cui oggi vi parlo: assolutamente preferibile, per manifestare di fronte a se stessi e allo specchio il proprio disgusto, evitare le cabine elettorali! Ma, oggi, mi piacerebbe discuterne con voi.
AL VOTO CHI NON VOTA! / 3. LA SOLITA PERPLESSITÁ
Gli amici politicamente corretti mi dicono: e se tutti facessero come te? La mia risposta: magari! Una volta la drammatica decadenza di un popolo (come quella che viviamo oggi) si risolveva con catastrofi naturali, rivoluzioni, guerre: in poche parole, eventi che riuscivano a scuotere l’opinione pubblica, a suscitare reazioni condivise, a determinare la voglia di girare pagina. Oggi, a parte il fatto che siamo ingabbiati nel sistema europeo, che limita speranze e iniziative, neanche io ho il coraggio di augurarmi catastrofi, rivoluzioni, guerre. Quindi, secondo l’utopista che mai nascondo di essere, penso che se tutti o la stragrande maggioranza degli italiani si rifiutassero di andare a votare, forse succederebbe qualcosa di importante; forse.
AL VOTO CHI NON VOTA! / 4. LA MAMMA DI REGENI, ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
Fino ad ora, per me, prevale il disgusto. Ieri, sintonizzandomi a caso su “Porta a Porta”, ho ascoltato le parole toccanti della mamma del giovane Regeni torturato e massacrato in Egitto, con il suo appello al governo italiano per un intervento forte. Ho provato vergogna e avevo le lacrime agli occhi… Poi è subentrato il disgusto, insieme con l’indignazione. Dite di Bruno Vespa quel che volete, comunque è un signor giornalista. Ha rivolto a Ernesto Galli della Loggia la domanda giusta: “Cosa si può fare per intervenire con forza presso il governo egiziano?”. L’ineffabile opinionista ha biascicato qualcosa di incomprensibile, si è capito che escludeva qualsiasi intervento rigoroso, men che meno, ammesso che sia un intervento forte, il ritiro del nostro ambasciatore. Si è rifugiato nella ridicola espressione: “Penso a misure alternative”. E Vespa, bravissimo: “Quali, ad esempio?”. Come risposta, la massima goffagine: “Non lo so, non ci ho pensato, mi dia trenta secondi…”. Fantastico: il celebrato pensatore, politologo, tuttologo che va ad un talk show, ignora il dolore di una madre, si infischia della figuraccia mondiale che stiamo facendo, addirittura è impreparato (però è geniale, gli bastano trenta secondi per riflettere, di fronte ad una domanda cruciale). Diciamo la verità: non vi passa la voglia di ascoltare personaggi che straparlano e raccontano minchiate, come l’emerito professore? Anche per queste (piccole?) ragioni non vado a votare: sic stantibus rebus, non credo nella rinascita di un Paese finito, anche culturalmente, come il nostro; non credo che siamo in grado di rinnovare la classe politica, governo e opposizioni, che ci rappresenta.
AL VOTO CHI NON VOTA! / 5. CAIRO E ALTRE TV, LO SCEMPIO DEI TALK SHOW
Bruno Vespa è apprezzabile, fa il suo mestiere: ha un’identità, anche di recente ha dichiarato di aver scelto di essere sempre positivo, governativo, in difesa delle istituzioni. Si può non condividere, ma rispetto la professionalità. Intorno a lui, lo scempio del talk show è evidente: credo di essere stato tra i primi, se non il primo, a denunciarne la volgarità, l’insipienza, l’inutilità, la nocività. Salverei – parzialmente – Enrico Mentana, Lilli Gruber, Nicola Porro e pochissimi altri. Il problema cruciale, nei talk show, è di riuscire a dare fiato alla vox populi, così la chiamo, ma l’espressione è antica. Ne parlai con Urbano Cairo, che apprezzo come imprenditorie per il fatto che risana le aziende, le fa funzionare, con un braccino molto corto e molto saggio taglia i costi, ma non licenzia nessuno. Quanto alla televisione, temo di avervi dedicato una fiducia mal riposta: temo che anche per lui dare visibilità e ascolto alla vox populi significhi invitare, come fanno spesso le sue conduttrici e i suoi conduttori, i rappresentanti urlanti, spesso inattendibili e contraddittori, delle opposizioni. Ma non è questo il punto: la vox populi va cercata all’interno dell’Italia che non vota, dell’Italia esasperata e disgustata; lì bisognerebbe andare a trovare qualcuno in grado di esprimere accuse e proteste (ammesso che ci sia qualcuno disponibile a perdere la faccia, proponendosi nei talk).
Ha scritto bene Corrado Augias, qualche giorno fa: il sistema per rendere civili le discussioni televisive sarebbe elementare. Basta spegnere il microfono di chi urla e si sovrappone. Non si fa perché l’audience sale, sempre meno ma sale, di fronte alle risse da simil ubriachi. Caro Cairo, cara Rai, cara Mediaset, care tutte le tv: se volete solo fare audience, l’ira popolare crescerà e prima o poi, un giorno, sarete chiamati a risponderne.
AL VOTO CHI NON VOTA! / 6. UN DUBBIO ESTREMO, UN TENTATIVO…
Tuttavia il dubbio persiste ancora una volta, come puntualmente mi è successo in 25 anni, fa capolino. Non so se riuscirò a respingerlo anche questa volta. Mi è venuta una minima idea, da sviluppare qui, in questo diario. Al voto chi non vota! Sono elezioni amministrative, si vota più per il valore delle persone che per il caos, le oscenità, le chiacchiere dei partiti. Mi chiedo e vi chiedo: esistono persone meritevoli del mio e del vostro voto? Dove e perché? Se mi rispondete, ne sarei felice. Anche perché, in relazione a quanto ho scritto nel precedente paragrafo, il problema è mettere una croce sulla Casta esistente e, se è possibile, se è giusto, se è persuasivo, provare a riportare al voto quella metà d’Italia – me compreso – che si tura il naso e non vota ormai da tempo più per nessuno.
P.S. LA NAZIONALE DI CALCIO IN RAI / UNA BUFFONATA
Non c’entra niente, o pochissimo, con quanto scritto finora, ma la buffonata è troppo grande, non resisto, devo segnalarla. Ieri alle 23, canale Rai Sport 57, ho assistito al post partita della invereconda sconfitta subita dalla nazionale in Germania. Uno show paracomico inaspettato: interferenze di musiche e scherzi, James Bond, canzoncine, etc. La Rai ha l’esclusiva della Nazionale e così se ne occupa! Non ha ancora capito che il calcio è un argomento sacro, in Italia, una messa cantata e, all’occorrenza, la predica di un prete qualificato?
C’erano temi importanti, da ex cronista ve li indico volentieri: 1. Conte è ancora meritevole di guidare la Nazionale, non è meglio esonerarlo subito, visto che ha annunciato il suo addio sfacciatamente, due mesi prima del campionato europeo? É lo stesso “mister” che abbandonò la Juve qualche giorno prima dell’inizio del campionato… É affidabile? 2. Subito dopo la sconfitta per 4 – 1, lo stesso Conte ha detto di essere indeciso per molte convocazioni. Il presentatore Rai ha tentato tenacemente di discutere i ballottaggi, nonostante lo strepito e le interferenze ridicole da parte della regia. Non si è capito nulla. 3. Infine: anche i calciatori italiani più popolari per la loro combattività si sono battuti con fiacchezza, senza voglia e senza forze. È lecito (mal)pensare che i club siano intervenuti, raccomandando prudenza, alla vigilia del ritorno in campionato? Se (mal)pensare in Rai non si può, che diavolo, almeno discutere l’argomento.
Queste sciatterie in Rai, servizio pubblico, e altrove, mi fanno accapponare la pelle. Non solo per le sciocchezze, ma soprattutto per il dilettantismo, l’inutilità. Se volete far ridere, almeno chiamate un Crozza o la signora Virginia Raffaele, che furoreggiò a Sanremo.
cesare@lamescolanza.com
30.03.2016