“L’onnipresente bruttezza del mondo moderno, buy cialis misericordiosamente velata dall’assuefazione, riappare brutalmente alla nostra prima anche minima angoscia”. (Milan Kundera, “L’arte del romanzo”, 1986)
ATTUALIZZANDO… DA BRUXELLES, TRE LEZIONI
Prima lezione: è impossibile difendersi. Non dico niente di nuovo, ma è bene tenerlo a mente: contro il terrorismo è possibile prendere cautele, cercare metodi e iniziative di prevenzione; è impossibile garantire la sicurezza, in qualsiasi Paese e sotto qualsiasi tipo di governo. Seconda lezione: l’Europa non esiste, è un’utopia, è stata organizzata disastrosamente. Non c’è una lingua comune (problema, questo, già insolubile), non c’è un esercito comune, non c’è una banca in grado di stampare denaro. È un’accozzaglia tra Paesi di diversa storia, cultura, interessi. E tutti gli interessi – basta citare la tragedia dei migranti – sono perseguiti con cinismo, badando solo ad interessi particolari. Terza lezione: le parole senza senso, che spuntano puntualmente ad ogni attentato, prive di intelligenza, ricche di retorica e luoghi comuni. Potremmo, almeno questo, risparmiarci un indecente chiasso, che ci arriva dai giornali – in crollo di vendite – e purtroppo anche dalla televisione. Tutto questo ci spinge, ahimè, all’assuefazione.
CONDIVIDO PANELLA, PAROLA PER PAROLA
Stamattina, a La7, nel caos di chiacchiere, chiasso e sciocchezze di ogni tipo, si è distinto Carlo Panella. Condivido tutto ciò che ha detto, e che più o meno ho riassunto qui sopra per quanto io pensi. Aggiungo: comprendo e condivido anche lo spirito delle sue iniziative per favorire, senza alcuna indulgenza o sottomissione, un dialogo tra i Paesi europei e gli arabi, gli islamici, che guardiamo con diffidenza, anche se sono estranei al terrorismo e a brutalità di ogni genere.
QUATTRO SINDACI PER ROMA, UNA PUNTUALIZZAZIONE…
I lettori, in particolare i miei amici, non perdono occasione per rimbeccarmi e contestare, a volte, la vaghezza e l’incompiutezza di ciò che scrivo. Giusto, accetto ogni critica. Però, consentitemi di dire che ho ripetuto un’infinità di volte che mi piace parlare di ciò che sognerei, di ciò che è irrealizzabile, della mia propensione a schierarmi a favore di battaglie ideali, ma perdenti. (A proposito di ciò che ho scritto sull’Europa, metto le mani avanti. È un’utopia, ma ciò non vuol dire che sarei felice di partecipare a iniziative che favoriscano compattezza, amicizia reale e solidarietà tra gli Stati. L’Unione Europea, per come è stata frettolosamente concepita e varata, non va bene, si potrebbe o dovrebbe migliorare: oggi – ripeto – non esiste).
Ho scritto nei giorni scorsi che Roma è tanto grande e complessa che – mi sembra evidente – un solo sindaco non può essere sufficiente per risolvere tutti i guai. Ce ne vorrebbero almeno quattro, ovviamente dopo aver diviso la città in quattro sezioni elettorali. Amici, so bene che si tratta di un sogno irrealizzabile, se non altro perché le leggi non lo consentono e cambiare la legge apparirebbe anche a me un’impresa non percorribile. Volevo esprimere un concetto, difficilmente contestabile. Tutto qui. Utopia per utopia, per rendere più chiaro ciò che mi piacerebbe, in verità vi dico: eleggiamo pure un sindaco sulla base della maggioranza dei voti; poi mi piacerebbe che il sindaco si assumesse la responsabilità di una parte di Roma in prima persona, e chiamasse a coadiuvarlo altri tre rappresentanti dei vari partiti, almeno uno o due concessi all’opposizione, per governare le parti di Roma restanti. Di più: mi piacerebbe che il nuovo sindaco creasse una sezione di lavoro e di confronto, stabile, per ascoltare le ragioni di quelli – la metà degli aventi diritto al voto – che non vanno alle urne e covano, nutrono, giuste e umane rivendicazioni. Una sorta di vox populi. (E mi sono permesso di dare il medesimo consiglio alle televisioni, che ignorano la voce del popolo e fanno da megafono, anche per le proteste, alla Casta che ci governa, senza attenzione verso quelli che non votano).
CIÒ CHE DOVREBBE FARE IL SINDACO DI ROMA
È utopistico che un sindaco abbia il coraggio di fare ciò che dico? Certamente si, però io insisto perché, se mai avessi avuto il prurito di candidarmi e fossi eletto, questo farei: contro tutto e contro tutti. È utopistico pensare di organizzare un assessorato per dare ascolto alla vox populi? Certamente no. Non è utopistico, ma non avverrà.
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LA MOLESTIA DEI PENSIERI (MONTALBANO O CAMILLERI?)
Lunedì, nell’ultima puntata di Montalbano, un oste si avvicina al celebre poliziotto, notoriamente goloso e buongustaio, inventato da Camilleri, e gli dice: “Commissario, perché oggi non ha neanche toccato questi meravigliosi piatti?”. Risposta: “Perché ho troppi pensieri per la mente…”. E l’oste: “Ha proprio ragione, i pensieri fanno danno, non aiutano né la panza né, se mi permetti, la minchia”. Concordo pienamente, ma se eliminiamo i pensieri, cosa ci resta?
MARIA ALBERTA VIVIANI, ANCHE SE NON FACCIO CAMPAGNA ELETTORALE
Non faccio campagne elettorali, non partecipo a meeting e riunioni dei candidati, per evitare il rischio di vedermi appioppare appartenenze che non ho. Tuttavia, per le imminenti elezioni amministrative, nelle quali la politica dovrebbe contare meno delle qualità delle persone, vi suggerisco un nome, felice per una volta di espormi: Maria Alberta Viviani. È una signora milanese, mia amica dagli anni ottanta, che si presenterà a Milano nella lista Milano popolare per il sindaco Parisi. È una persona seria, onesta e, soprattutto, concreta. Attenta ai piccoli e grandi bisogni di una città che giustamente vuole essere europea, ma ha ancora tanti problemi da affrontare e risolvere. Se arriverà a Palazzo Marino, come mi auguro, si batterà per le esigenze della gente e non, come fanno molti (troppi), per le proprie ambizioni personali.
cesare@lamescolanza.com
22.03.2016