“Volete credere in ciò che non è perché non riuscite a credere in ciò che è. Desiderate lasciarvi commuovere da coloro che non esistono perché quelli che esistono vi lasciano freddi… non siate così schifosamente egoisti.” (Josephine Hart, “L’oblio”, Feltrinelli 1997).
PAPA FRANCESCO. VOLETE VEDERLO DA VICINO?
Se avete occasione, meglio come ospiti, di passare dalla chiesa di Santa Marta e accedere alla mensa, con un pizzico di fortuna potrebbe capitarvi di sedere a tavola, fianco a fianco con Papa Francesco. Questa è infatti una sua frequente abitudine, come ai vecchi tempi argentini Francesco ama consumare il suo pranzo con semplicità, possibilmente in compagnia di chi capita, senza formalità.
CALCIO DA RADDRIZZARE, HA RAGIONE PAOLO BONOLIS.
Bonolis, popolarissimo conduttore televisivo, ha suscitato un pandemonio, protestando per un incredibile arbitraggio della partita Inter-Atalanta, finita 3-4. Paolo è tifosissimo dell’Inter, così come io sono tifosissimo del Genoa: perciò posso comprendere e condividere, virgola per virgola, il suo sfogo. Il calcio è marcio e pieno di problemi, è arrivato il momento di raddrizzarlo, oppure il giocattolo più amato dagli italiani piccoli e adulti rischia di finire in rovina, per mancanza di credibilità.
All’ultimo secondo della partita tra Inter e Atalanta, l’interista Ranocchia ha sbagliato in modo grossolano una facile occasione da goal, a trenta centimetri dalla porta. E questa è la difesa, strumentale, dei dirigenti del mondo del calcio e degli arbitri italiani: “Sbagliano tutti, ad esempio Ranocchia ha sbagliato un goal facilissimo, quindi perché non dovrebbero sbagliare anche gli arbitri?”. E’ una sciocchezza. Le differenze evidenti sono due. La prima: gli errori sono errori, si possono giustificare. E si pagano. Ranocchia ha sbagliato un goal, togliendo il pareggio alla sua squadra, così come Hernanes ha sbagliato un rigore, togliendo alla Lazio una probabile vittoria. E così via: gli episodi sono innumerevoli. Ma sono errori. L’arbitro Gervasoni, a meno che non abbia avuto visioni celesti o infernali, ha regalato un rigore all’Atalanta, inventandosi letteralmente un fallo di mano del difensore interista Samuel. Ebbene, Gervasoni era vicinissimo a Samuel: il pallone non ha neanche sfiorato il giocatore dell’Inter! La seconda differenza: agli arbitri è proibito parlare, difendersi, lasciarsi intervistare. Nessun arbitro ammette mai di aver sbagliato, cosa che placherebbe e calmerebbe i tifosi. Perché non lo fanno?
E’ difficile, lo dico da tifoso, non dare ragione a Bonolis: “Non puoi più credere nella buona fede, è tutta una commedia…”. Ma il problema più importante è un altro, la questione arbitrale, diciamo così, si potrebbe risolvere facilmente: 1. Arbitri stranieri. 2. Sorteggio per le gare che gli arbitri dovranno dirigere. 3. Moviola in campo. Perché non vengono presi questi elementari provvedimenti? Ma debbo dare ancora ragione a Bonolis: con questi provvedimenti, i vertici del mondo del calcio perderebbero il controllo del gioco. A me sembra l’unico modo per restituire credibilità al nostro sport più amato, impedire a tifosacci come me e Bonolis, e ad altri milioni di appassionati, di pensare male.
Altra sciocchezza mi sembra quella di dire: via dal mondo del calcio chi non crede alle regole e agli arbitri. E perché? Perché rivendichiamo il diritto, pagando il biglietto allo stadio o per le riprese televisive, a un calcio pulito e trasparente? Se non si cambiano le regole, cari amici, sicuramente ce ne andremo via, stufi di risultati poco convincenti, scommesse, trame, ricorrenti inchieste sulla inarrestabile calciopoli. Ma ce ne andremo non certo perché saremo cacciati. Ce ne andremo per disgusto.
APPEAL. 1 IL VALORE DI UN BRAVO COMUNICATORE
Questa rubrica è seguita, tra gli altri, da tanti comunicatori: molti (dicono!) mi stimano perché, appunto, attribuisco grande importanza alla comunicazione. In sintesi, per me un ottimo comunicatore è quello che, in termini corretti, riesce a rendere persuasiva la materia di cui si occupa, quasi sempre a beneficio, come portavoce, del suo leader. Di più: sono straordinari in particolare quelli che riescono ad attutire i difetti del ‘capo’, a renderlo addirittura simpatico o affascinante… Due esempi, tra i tanti possibili? Giovanni Malagò e Luca di Montezemolo. Conosco discretamente tutti e due, perciò temo che prendano come uno sberleffo o una limitazione la mia sincera opinione. Montezemolo fu un asso nella manica degli Agnelli, in anni terribili, alla Fiat. Poi, bravo com’era anche nelle sue personali relazioni e affettività, ha avuto una carriera di inverosimile e non giustificata dimensione: ad un certo punto fu più o meno contemporaneamente Presidente della Fiat, degli industriali, di Rcs, della Ferrari e della Federazione Editori… Ha avuto il grandissimo merito di saper circondarsi di collaboratori fidati ed efficienti, è stato bravissimo nell’esporsi poco nelle situazioni difficili e a saper tradurre perfettamente (come diceva Montanelli di se stesso e di altri giornalisti) in maniera efficace ciò che non aveva capito quasi per niente, rendendolo però intellegibile agli interlocutori. Malagò oggi è Presidente del Coni a discapito del bravissimo Pagnozzi che avrebbe fatto certamente assai meglio di lui (Pagnozzi è sostanza, esperienza; Giovanni è seduzione, affabulazione). Malagò ha conquistato la sua poltrona con una irresistibile seduzione dei votanti – pochi – per il potere massimo nello sport italiano. Come comunicatore, Malagò non è inferiore a Montezemolo: tutti ricordiamo le sue leggendarie telefonate all’alba con Gianni Agnelli, che desiderava approfondire qualsiasi tema gossiparo su Roma capitale e non solo. Abitudine divertente perché l’Avvocato era un interlocutore brillantissimo, ma anche faticosa perché Malagò avrebbe certo preferito sonnecchiare fino a metà mattinata, con i suoi adorati labrador accucciati ai piedi del letto.
APPEAL. 2 NON E’ VERO CIO’ CHE E’ VERO, MA…
“… ciò che appare!”. Era una delle frasi paradossali preferite da Gianni Agnelli. E c’è una profonda verità, se pensiamo all’efferata società in cui viviamo, in cui a qualsiasi livello si da più importanza all’apparenza che alla realtà. Esempi? Monti avrà commesso certamente molti errori, però in circostanze tremende e non affrontate da altri ha gestito la barca italiana, evitando o quanto meno rinviando il naufragio. Eppure, rischia di passare alla storia come uno dei premier più antipatici e incapaci. Se avesse avuto a fianco, come portavoce del governo, un Montezemolo o un Malagò, non sarebbe stato così. Berlusconi? Senza di lui, il Pdl rappresentato da Alfano era precipitato ai minimi storici. E’ riapparso il Cavaliere e il Pdl ha ripreso quota in maniera ancora determinante. La riscossa è attribuibile ai meriti, forse, di un personaggio che abbiamo ben conosciuto da decine di anni, prima per le tv e poi in politica? Certamente no. Il recupero elettorale è stato determinato dalle straordinarie qualità di comunicazione di Berlusconi: non è da tutti promettere il rimborso dell’Imu, i condoni globali; non è da tutti andare nel bunker di Santoro e diventare il capo comico, al posto del conduttore, spolverando la poltrona dov’era seduto Travaglio, eccetera eccetera. Comunicazione che sconfina nell’illusionismo, nel grande teatro popolare, nella capacità di saper vendere se stessi e la propria merce. Si intende che, al contrario di Monti, l’ex premier non aveva bisogno di collaboratori nella comunicazione: da sempre, su questo terreno sa fare meglio di tutti.
MINIMALISMI. NON INSULTATEMI SE…
… in piena tragedia italiana mi permetto di dare, compulsivamente, un po’ di spazio a due mie piccole fissazioni. La prima: evviva, ieri sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia è riuscito finalmente a concludere in prima pagina il suo articolo, senza orribili rinvii, fastidiosi per i lettori, all’interno del giornale. La seconda: Virman Cusenza, direttore del Messaggero, ha restituito alla prima pagina l’oroscopo di Branko. Non sono tanto presuntuoso da pensare che lo abbia fatto dopo la mia accorata critica. Fatto sta, con pieno rispetto dei colleghi di Via del Tritone, che l’oroscopo di Branko è certamente un appuntamento graditissimo a moltitudini di lettori. C’è chi lo detesta, c’è chi, come me, lo adora. In ogni caso: non è vero, ma ci credo.
AUGURI A VERCELLONE, HA PRESO LA SISAL
Il nuovo capo della comunicazione Sisal è Pier Donato Vercellone. Ottimo professionista, alle spalle un buon curriculum: Burson-Marsteller, Università Cattolica, Comune di Milano, Telecom Italia, Nike. Nell’ambiente si dicono cose egregie di lui. Buon segno?
09/04/13