“My life is finished/ many years ago/ beacuse I didn’t try/ your eyes in love for me./ Only now your eyes/become my dream/ and I should like/ to live for you/ some years again.” (c. l., cialis è una mia poesia)
ATTUALIZZANDO… IL PIACERE DELLA SPUDORATEZZA
Molti miei amici mi rimproverano la spudoratezza, in particolare contestano che io mi abbandoni, qui, a rivelazioni o confidenze intime. Hanno buone ragioni, almeno due: la mancanza di pudore mette in soggezione, spesso, chi legge e chi vede; e altrettanto spesso si tratta di confidenze che interessano a pochi, pochissimi. Ciononostate, il mio piacere massimo, in vecchiaia, è stato quello di aver preso, una quindicina di anni fa, la decisione di dire e scrivere tutto ciò che mi passi per la mente. Ovviamente, mantenendo il rispetto per gli altri: avrete notato di recente che, anche nel caso dell’affronto subito dall’editore e dal direttore del Corriere dello Sport, mi sono espresso con gentilezza, con un po’ di ironia, senza escludere, come d’obbligo, l’autoironia (me ne occupo ancora qui sotto, e spero che sia l’ultima volta). Negli ultimi quindici anni, però, ho anche notato che facevo una certa fatica a dire o scrivere ciò che mi riguardava nell’intimo. Ad esempio, neanche i miei più cari amici sanno che, come fanno segretamente o no quasi tutti gli italiani, scrivo poesie. Le regalo e le disperdo, sarebbe una faticaccia assurda raccoglierle, non sarebbe di giovamento, sono certo, a nessuno per qualità letteraria: spero che valgano qualcosa almeno per le persone, si è trattato sempre e comunque di creature femminili, a cui le ho dedicate. Senza dedica, ecco un altro muro che resiste di fronte al pudore, pubblico qui sopra l’ultima che ho scritto, un po’ di tempo fa. Come dicevo, ci sono amici – intelligenti e sensibili – che contestano la mia spudoratezza, anche in termini professionali: a chi possono interessare i miei recessi dell’anima, mescolati in un diario – questo – che è incentrato soprattutto su argomenti di discussione pubblica? Non so. Il mio ego è zero a confronto di quello di Massimo Fini, di cui mi occupo qui sotto. Punti di vista, eh! Perciò chiedo scusa in particolare a Gianluca Comin, il censore più severo e forse il più intelligente e sensibile tra i censori: spudoratamente, ne faccio il nome. E aggiungo: dal momento che mi auto psicanalizzo di continuo (che tormento!) la mia analisi è semplice. Mi denudo, racconto cose intime non solo per un ego detestabile, ma anche perché in questi ultimi anni sto cercando di inseguire ciò a cui raramente ho pensato in precedenza nella mia non breve vita… Al di là delle relazioni e degli impegni personali, cerco di creare rapporti umani, profondi, con le persone che mi piacciono; e sono anche alla ricerca di stabilirli con coloro che non conosco, o incontro solo occasionalmente.
MASSIMO FINI, UN LIBRO VANITOSO, STRAZIANTE E COINVOLGENTE
Finalmente ho finito di leggere l’ultimo libro, “Una vita”, di Massimo Fini. Avevo cominciato a febbraio, ho interrotto la lettura, a volte irritato e più spesso emozionato, più d una volta. Ma ce l’ho fatta. E’ uno dei libri più vanitosi, strazianti e coinvolgenti che abbia letto in vita mia. Leggetelo, se avete il coraggio di affrontare verità delicate e di confrontarvi, misurarvi con esse: l’immedesimazione, almeno per quanto mi riguarda, è stata immediata, spontanea. Comincio, da vecchio direttore rompicoglioni, con una osservazione tecnica: il libro è disturbato da una serie di refusi e sviste imbarazzanti, indegni della qualità sia dell’autore, sia dell’editore. Un esempio? Sufficiente – e tutto ciò che vi è legato, sufficienza, sufficientemente, ecc. – si scrive, cazzo, con la i! Ma non si tratta solo di questo, lapsus tanto ripetuto da farmi pensare che non si tratti di un lapsus. Ora, se ne sono capace, vorrei affrontare il libro nel suo spessore. Cominciamo dalla vanità. La mia amicizia con Massimo Fini dura da qualche lustro, ma è atipica: ci vediamo una o due volte l’anno, e a volte neanche, e tuttavia quando ci incontriamo la spontaneità, come succede tra amici, resta intatta, come se ci vedessimo ogni giorno. Spesso prendo in giro Max per i suoi compiacimenti: non so quante volte ho scritto una sua confidenza, che mi colpì molto. Mi disse, contento di sé e sorridente, che passava buona parte del suo tempo a leggere e rileggere compulsivamente gli articoli e i libri che aveva scritto. Fantastico. Di questa vanità, il libro è stracolmo, fin dalla copertina: una manciata di fotografie del viso del mio amico, ritratto dall’età più tenera fino a quella attuale. Sorvolo, bonariamente, sui numerosi spunti e pretesti, a cui durante il suo racconto gioiosamente Massimo si affida per raccontare ed esaltare inezie di sé, esibirsi nella descrizione e nelle opinioni, di cui è palesemente orgoglioso. Sorvolo perché in realtà, conoscendolo, e ancor più indagando nella sua anima attraverso la lettura di questo libro, sono certo che la vanità, cento volte superiore alla mia spudoratezza, è in realtà una cruda ricerca di verità su se stesso, seguendo un percorso, impervio e contraddittorio, alla fine del quale in realtà egli non si ama, ma si odia, o quantomeno si detesta, illimitatamente. E da qui, dalla vanità, passiamo fluidamente al coinvolgimento e a rivelazioni strazianti per il lettore, ammesso che il lettore abbia desiderio, come Massimo, di non risparmiarsi nulla, pur di cercare il senso della vita e i nascondigli bui, le torbide contraddizioni, i perversi istinti, la costante minaccia di autodistruzione che a questa ricerca siano legati. Ecco. Le pagine più coinvolgenti e quasi insostenibili, per me, sono quelle dedicate al “non senso” della nostra esistenza: esattamente come i miei più affezionati seguaci sanno, la mia filosofia di vita. La stranezza è che, con Massimo, di questo non senso in tanti incontri non abbiamo parlato, eppure è la tenaglia che ha frenato i giorni belli della nostra vita e ha afflitto, portandoci a terribili depressioni, ai momenti più dolorosi, o inerti. E questo, se mi consentite, è la soglia di un pudore che, tra amici, a tu per tu, non abbiamo mai osato affrontare e violare. Adesso, il non senso, l’ho ritrovato nel libro – ed è stato un pugno al cuore. Non voglio esagerare nelle lodi, anche se “Una vita” per me è il libro più interessante e importante che Massimo abbia scritto, e Dio sa, o più modestamente Massimo per primo sa, quanto siano interessanti e importanti tutti gli altri. Ecco allora una annotazione critica, anche se forse critica non è. Massimo scrive di se stesso di non essere un romanziere, ma un giornalista… Concordo. Questo libro, a metà tra il giornalismo e il romanzo (il romanzo della sua vita), ne è la dimostrazione. Può apparire contraddittorio, incompiuto: non riesce ad essere lineare, ed è difficile farne la sintesi, perché in realtà si tratta di una auto confessione, sul lettino dello psicanalista, con Massimo – a proposito del suo ego – che è allo stesso tempo l’analista e l’analizzato, il medico e il paziente. Le duecentocinquanta pagine sono un fluido inaspettato di evocazioni ed episodi di vita reale, misti a opinioni e ricordi taglienti di personaggi anche molto conosciuti, e naturalmente la maggior crudezza Massimo la riserva a Massimo, a se stesso. Impressionanti, per me, sono il capitolo dedicato alle sue tentazioni, o forse è meglio dire curiosità ed esercitazioni, omosessuali – con qualche elusività perdonabile, perché mai riferita a se stesso, ma, per rispetto, agli occasionali interlocutori, in quegli incontri. Molto coinvolgenti anche i frequenti momenti in cui il mio amico si abbandona ad accennare, altre volte a raccontare, la sua costante compagna di viaggio, la malinconia. La curiosità omosessuale mi è giunta del tutto inaspettata, la malinconia no, ne abbiamo parlato tante volte, e comunque, condividendola al di là del comune gusto per il fancazzismo, l’avrei avvertita.Concludo, come ho cominciato, con una nota severa da ex direttore: se Massimo mi avesse fatto leggere il testo prima della pubblicazione, gli avrei consigliato di ridurre la gran quantità di citazioni di suoi vecchi articoli (splendido, comunque, il ritratto di Nurayev). La vanità va bene e in parte infinitesimale la condivido, ma c’è un limite: Fini non solo cita i suoi articoli, ma addirittura aggiunge le date! Presupponendo, forse, che qualche suo accanito fan si precipiti a compulsare archivi e biblioteche?
CORRIERE DELLO SPORT/ LETTERE E DOMANDE… PERO’, FINIAMOLA!
Da Aldo Repetto, vecchio collega e amico, ho ricevuto questa lettera: “Caro Cesare, ti leggo sempre con tanta attenzione. A proposito della tua vicenda con Corsport, mi ritengo fortunato ad aver avuto – nella mia lunga vita all’ANSA – un direttore come Sergio Lepri (a molti sconosciuto…) il quale ha resistito per almeno due volte (queste sono quelle che in seguito ho saputo….) alle “richieste” di avere la mia testa per notizie (vere!) ma sgradite. Altri tempi. Ciao Aldo”. Ho scelto questa lettera, tra le tante, perché fa riferimento a un punto che mi sta a cuore: una volta, direttori ed editori non si sarebbero comportati, come si sono comportati Amodei e De Paola, in questo incidente che mi ha riguardato: essere esonerato per aver riportato, ovviamente non nella mia rubrica sul Corriere dello Sport ma in altra sede, cioè qui, una indiscrezione che riguarda la possibile cessione di Tuttosport (giornale edito dallo stesso editore del Corriere dello Sport). Come ho detto, mi viene da ridere. Per di più, l’indiscrezione era circolante e anche già pubblicata. E Aldo Repetto ha ragione: Sergio Lepri, come altri, era guidato da altri criteri e da altra mentalità. Colgo l’occasione per soddisfare anche coloro che, in amicizia o in astio, mi invitano a non dare ulteriore spazio a questa bagatella. Giustissimo: con tutto quello che succede nel mondo… Finiamola!
PAOLA SALUZZI, UN INFORTUNIO ANALOGO CON SKY
Ho letto che la bravissima Paola Saluzzi ha avuto un infortunio analogo al mio, nel suo caso con Sky. Ha pubblicato un tweet, definendo tra l’altro “pezzo di imbecille” il pilota Fernando Alonso. E Alonso avrebbe minacciato di non interloquire, da ora in poi, con l’emittente. Conclusione: Paola sarebbe stata sospesa da Sky, che al momento non conferma e non smentisce. La diversità consiste nel fatto che io non ho insultato nessuno, la somiglianza con il mio incidente è fondamentale: la Saluzzi non ha espresso la usa opinione in un programma Sky, ma liberamente su Twitter, come io ho espresso la mia indiscrezione non sul Corriere dello Sport, ma in questa mia personale rubrica, qui. (E poi, il fatto che Tuttosport sia oggetto di desiderio da parte di importanti editori, non mi sembra, a dirla tutta, una indiscrezione scandalistica o irridente!). In attesa di sapere meglio ciò che è successo, mando comunque un grande abbraccio a Paola, per stima e simpatia.
EXPO, ALLARME PER I BIGLIETTI FALSI E PER I TRASPORTI
Credo che ci occuperemo nei prossimi giorni, e per mesi, di Expo 2015. Ci sono notizie contraddittorie sui biglietti: da una parte si annuncia allarme e timore per i biglietti falsi, truffa a livello mondiale, si raccomanda di attenersi ad acquisti fissati ai prezzi ufficiali, 32 e 27 euro. Dall’altra, si nota che i biglietti sono in vendita attraverso canali alternativi, ad esempio Groupon, a prezzi scontati, e non è un buon indizio. Come regolarsi? E non è tutto. Scrivo da sempre che un crollo annunciato è quello che riguarda i trasporti. Mi dicono che il responsabile delle linee urbane giura che non aumenterà di una sola unità i bus e i dipendenti, se prima non avrà ricevuto i finanziamenti richiesti. Di recente, avevo riferito la vergogna di Porta Garibaldi, dove tutti gli ascensori (nuovi!) erano fuori servizio. Un amico romano, di ritorno da Milano, mi dice che per acquistare un biglietto della metro – e siamo in un periodo normale, non durante il boom dell’Expo – bisogna sottoporsi a code lunghissime, estenuanti. Ripeto: il paradosso è perfido, maggiore sarà l’afflusso dei visitatori, ovvero maggiore sarà il successo turistico, e maggiore sarà il disastro per l’organizzazione dei trasporti. En passant, ricordo che, secondo i dati ufficiali, spesso poco attendibili, per andare in pareggio bisognerebbe vendere 24 milioni di biglietti.
MILENA GABANELLI, UN INTERESSANTE REPORT SULL’ANAS
Milena Gabanelli è, per quanto riguarda le vicende italiane, l’Oriana Fallaci, che a suo tempo fu una leggendaria narratrice e intervistatrice su guerre, protagonisti e intrighi di varia importanza, in campo internazionale. Con una differenza, che per me va a tutto vantaggio di Gabanelli: Milena non si mette in mostra, mai. Ieri, domenica sera, c’è stata una puntata formidabile di “Report”, dedicata all’Anas. Con Pietro Ciucci nel mirino. I mass media italiani sono stati invasi da querele sue e del suo portavoce, la materia è interessante non solo per l’informazione, a questo punto, ma anche per la magistratura e, aggiungerei sottovoce, per il costume dei nostri tempi. Premesso che avrei visto volentieri la signora Gabanelli al Quirinale, come voce indipendente e garante dei diritti dei comuni cittadini, pubblichiamo su www.lamescolanza.com il testo di “Report” di ieri, parola per parola.
13.04.15