OGGI VI DICO CHE… QUEL REGALINO DI RIENZI A MORETTI

“Moretti? Tante chiacchiere, ma non credo proprio che abbia il coraggio di andarsene, neppure se il Governo gli taglierà lo stipendio del 30% come promesso…”. Ne è convinto Carlo Rienzi, presidente dei Codacons, associazione italiana dei consumatori, che non crede alle dichiarazioni rilasciate in questi giorni dall’ad di Trenitalia Mauro Moretti, di voler lasciare l’incarico dopo che il governo ha annunciato di voler diminuire i compensi per i manager. E come mai Mauro Moretti non invita più i Codacons ai vari tavoli dei servizi tra Trenitalia e utenti. “Perchè? La risposta è semplicissima: due anni a seguito di migliaia di segnalazioni di servizi igienici non funzionanti a bordo dei treni, abbiamo consegnato a Moretti un pacco con all’interno un cesso, un water… ma era nuovissimo e lo avevamo scelto ad hoc” (Nadia Francalanci, intervista a Carlo Rienzi, “Il giornalettismo”).

 

 

 

ATTUALIZZANDO… BRAVURA, SCALTREZZA E ARROGANZA DI UN MANAGER

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Carlo Rienzi racconta il seguito della disputa con Moretti: “Prima cosa, non ha voluto accettare il pacco; seconda ci ha denunciato alla Procura della Repubblica di Roma per violazione di domicilio, denuncia penale, perché eravamo entrati nell’atrio della sede di Ferrovie, in piazza della Croce Rossa a Roma; terza, non ci ha più invitato a nessuna consultazione. E quest’ultima è la cosa più grave che Moretti non avrebbe mai dovuto fare. A parte l’atteggiamento puerile che ha adottato a seguito di questo nostro “regalo”, lui non doveva permettersi di escludere la nostra associazione, che assieme ad altre tre rappresenta la cittadinanza italiana, perché i tavoli di consultazione sono tra lo Stato e gli utenti e non sono certamente “affari” che riguardano la sua persona. Mi spiego meglio. Moretti, quando si siede a quel tavolo rappresenta lo Stato e non se stesso, quindi avrebbe dovuto convocarci proprio come le altre associazioni”.

Rienzi, tagliente, ha poi spiegato la sua posizione: “Il Codacons si è reso subito disponibile a pagargli il biglietto aereo di sola andata per qualsiasi Paese del mondo Moretti decida di andare. Abbiamo optato per pagargli l’aereo e non un biglietto del treno perché c’è il rischio che il treno si fermi e lui rimanga, contro le sue volontà, sul territorio italiano… Già, perché serve davvero del coraggio a rilasciare quelle dichiarazioni quando si è potenziato l’Alta velocità a scapito di tutto il resto della rete ferroviaria. Moretti ha soppresso i treni regionali costringendo gli utenti a viaggiare solo sulle Frecce e quindi a pagare un biglietto più “salato”. E poi, se vogliamo parlare anche del potenziamento dell’Alta velocità, dobbiamo dire che Moretti ha scelto di fermarsi a Salerno, escludendo dall’Italia le altre regioni del Sud. E perché lo avrebbe fatto? Perché non aveva un rientro economico. Però con questa scelta ha contribuito ad aumentare il divario tra Nord e Sud, un divario sociale e anche economico. E’ molto semplice dire ai cittadini italiani “mi merito questo stipendio stellare perché ho ripianato i debiti dell’azienda” senza spiegare che ci è riuscito con il 20% dei contributi dello Stato, quindi con i soldi degli stessi cittadini… E poi non parliamo di quante denunce si è preso per aver violato le leggi di libera concorrenza da parte di altri fornitori di servizi ferroviari italiani e stranieri… Mi auspico che Moretti se ne vada davvero via. Ma ci scommetto un altro cesso che lui non lascerà mai quella poltrona neanche se gli taglieranno lo stipendio del 30%…”.

Conclusione? Colgo l’occasione, visto che su Moretti mi sono espresso con severità, per riassumere ciò che penso di questo manager atipico. 1. La bravura, nel settore ferroviario in cui ha sempre lavorato, gli è riconosciuta (con entusiasmo o a denti stretti) dalla maggior parte degli osservatori. Non sono tanto presuntuoso da poter sostenere il contrario. 2. Gli attribuisco anche una notevole scaltrezza. Ho il dubbio che, con l’ottima operazione dei treni Freccia Rossa, Moretti si sia procurato anche un alibi, una eccellente immagine presso una clientela di elite, che fa anche opinione. Ma i disservizi nella palude del territorio, dove si eludono e si ammazzano i sacrosanti diritti dei pendolari e dei lavoratori obbligati a prendere un treno ogni giorno per sopravvivere, come dobbiamo considerarli? 3. Poi c’è il potere: Moretti ne ha acquisito in quantità industriale, in misura tale da permettersi di infischiarsi dei politici e delle Istituzioni. Si diceva che potesse diventare ministro dei trasporti. Poi Renzi, il rottamatore, ha scelto altre strade e ha mostrato di non aver timore delle intemperanze del “dittatore” delle Ferrovie. Mauro c’è rimasto male? E’ stato il suo “ego” a spingerlo verso quella provocazione sui tagli dei compensi? 4. Concludo: infine, c’è l’arroganza. Moretti può anche avere qualche ragione (il suo stipendio è assai inferiore a quello di tanti altri, in rapporto anche alle sue responsabilità), ma l’arroganza esibita di continuo, anche di fronte al capo del governo, non è sostenibile, accettabile.

 

 

 

CARIGE / UN FANTASMA SI AGGIRA SULLA LANTERNA. MALACALZA, BONOMI E ALTRI

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Nella battaglia, aperta e oscura, per la conquista del controllo di Carige, si fa strada il nome di un nuovo potente italiano, Malacalza, con alleanze da definire. Bonomi e altri nomi, eclatanti e no, dietro le quinte. Di Carige, seconda solo a Monte dei Paschi per l’avventurosa gestione che ha portato le due banche alla crisi e a una inevitabile svolta, mi sono occupato per segnalare la disfida tra i potenti che dominavano; il risultato è che sono stati fatti fuori tutti e che la magistratura ancora indaga su aspetti non trasparenti. Adesso, sembra inevitabile l’ascesa di Malacalza, imprenditore di spessore, di bosco e di riviera. Il mio consiglio (non richiesto) alla città di Genova è che, sia se si tratti di una malacalza o di una buonacalza, tutto avvenga senza favole degne della Befana, ma alla luce – prima e non dopo – del sole. O, quanto meno, della Lanterna, simbolo della Genova che amiamo.

 

GIORNALI / L’INVETTIVA DI TRAVAGLIO, LA PROVOCAZIONE DI FELTRI

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Segnalo il miglior articolo del giorno, l’invettiva di Marco Travaglio sul “Fatto” contro la vecchia classe politica che è accorsa a pavoneggiarsi, alla prima del film di Walter Veltroni su Berlinguer. Non condivido alcuni giudizi, ma il pezzo è un documento da antologia per la passione morale che esprime e la ferocia del linguaggio. Segnalo anche la fantastica provocazione di Vittorio Feltri, un genio del giornalismo: i figli di Berlusconi debbono candidarsi alle elezioni? Sì, dice Vitt, tutti e cinque. Commento senza ironia: se la battaglia elettorale dell’Italia berlusconiana deve essere combattuta con la bandiera di un marchio, siano i cinque figli, che portano lo stesso cognome del padre, a esaltarlo e diffonderlo. In tutte le circoscrizioni. Certo, però, le complicazioni non si esaurirebbero… Quale circoscrizione a quale figlio/a? Come stilare le priorità? Come valutare i risultati, dopo l’apertura delle urne? E non c’è il rischio – in caso di flop – di trascinare l’intera dinastia nel tracollo?

 

DIVERTISSEMENT / IL TANGA (FINTO) DELLA MINISTRA BOSCHI

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A “L’Aria che tira”, bonariamente la bella e brava conduttrice ha proposto il tema del fotomontaggio, fatto da un giornale tedesco, per attribuire un finto tanga alla ministra Boschi, nell’atto della firma e del giuramento, di fronte a Napolitano, per la formazione del governo.  Gustoso il siparietto, e mi sarebbe piaciuto dire la mia: Beha implacabile, Santanchè sdrammatizzante, Rondolino sinuoso…  Ma siamo sicuri che lo scherzetto (volgare, come tanti ormai) del giornale tedesco sia più impertinente di quella battuta di Silvio sul culone inchiavabile della signora Merkel? E davvero crediamo che possa interessare che il fotomontaggio, o la battutaccia, possano interessare alla gggente???

L’IMPORTANZA DI NON APPARIRE IMPORTANTE. E L’INTENSITA’, IL DECORO…

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Un’amica mi chiede tempo, prima di fissare un incontro, perchè è in attesa di definire appuntamenti “importanti”. Le rispondo, senza ironia e senza risentimenti, che prendo atto di non essere considerato ugualmente importante. Un altro amico mi chiede scusa per i suoi ritardi perchè sta vivendo una fase “intensa”. Un altro ancora si dice deluso per certi comportamenti nell’azienda in cui lavora: perchè non c’è più il “decoro” di una volta.

Cavoli! Cavoli? Cavoli! Scrivo tanto, ma non ho abbastanza tempo per scrivere tutto ciò che mi piacerebbe. Regalo quindi a qualche maestro, o artigiano, scrittore o scriba, l’idea di compilare un dizionario delle parole insopportabili o insostenibili: ad esempio importanza, decoro, intensità. O anche un solo libro legato a riflessioni su ciascuna, misteriosa, parola. Che cosa è importante, oggi? Che cosa è decoroso, che cosa significa intensità? Un aiutino: sono parole abusate nel calcio e in politica, a rimorchio, in tivù.

Prometto di acquistare almeno cento copie, per regalarle ai tanti italiani, amici o no, che detestano retorica, slogan, modi di dire, enfasi, eccetera (chiedo scusa, anche il vizietto, mio in questo caso, di cavarsela con l’antico “eccetera”).

 

 

 

*Ma sì, quante volte debbo ancora dirlo? Scrivetemi ciò che volete, ma indirizzate acesare@lamescolanza.com. Sarà un piacere leggervi e rispondervi, qui o privatamente.

 

 

26.03.14