“Noi desideriamo essere governati in modo totalitario? Questa ipotesi spiegherebbe molti comportamenti e tanti discorsi e silenzi. Nei paesi non comunisti quella che io chiamerò provvisoriamente “la sinistra” ingigantisce con le sue critiche tutti i difetti delle società liberali a tal punto da presentarle come la maschera di una realtà sostanzialmente totalitaria, e minimizza i difetti delle società totalitarie fino al punto da farle sembrare liberali, almeno nella sostanza. Il presupposto è che le società totalitarie siano per natura buone, benchè per il momento non rispettino i diritti dell’uomo, e che quelle liberali siano per natura cattive, benchè gli uomini conducano una vita meno infelice e più libera” (Jean-Francois Revel, “La tentazione totalitaria”, Rizzoli, 1976).
ATTUALIZZANDO… UN TASSISTA E LE DIFFICOLTA’ DI RENZI
Nel tempo necessario per andare, a Roma, dal quartiere Vescovio a Prati, un tassista intelligente e loquace, un romanaccio arguto nella tradizione di Pascarella e Trilussa, mi ha illustrato la sua analisi dell’attualità politica italiana. “Dottò, qui ci vorrebbe un dittatore. Renzi andrebbe benissimo. E’ giovane, è vergine e non ha fatto cazzate finora, è pieno di bbone intenzioni… Ma non riuscirà a fà gnente, senza ‘na bella dittatura. Qualsiasi cosa c’ha in mente de fà, glielo impediranno in Parlamento, i burocrati, i mangiapane a sbafo, i ladri, i corrotti e tutti quelli, voi dottò li chiameresti i poteri forti, che non vogliono che gnente cambi! Me sò spiegato, dottò? O forse nun mi sono capito?” “Sì. Lei vorrebbe un dittatore bravo e onesto…” “Manco pe’ gnente, dottò. Li dittatori bravi e onesti nun esistono. Vorrei ‘na dittatura temporanea, tanto per rimette le cose a posto. E mentre lasciamo campo libero a Renzi o a quarcun altro che fa piazza pulita, dobbiamo subito pensà ad allevacce un bravo giovane democratico, me spiego?, che poi ci liberi dar dittatore. Perchè li dittatori prima o poi se montano le teste, e a noi l’olio de ricino e le manganellate dopo un pò’ ce stufano.”
UN ALTRO PUNTO DI VISTA SULLA ROTTAMAZIONE
Oggi ho deciso di dare spazio a voci fuori dal coro. A parte la complessa strategia del tassista, direi tanto sanguigna quanto utopistica, mi piace questa provocazione riferitami ieri mattina al Caffè delle Arti (ogni volta che ci vado spero di ritrovare Luigi Abete in tenuta da ciclista, per il cappuccino), da una saggia vecchietta. Mi ha detto che lei non è d’accordo per la rottamazione. L’ho incoraggiata dicendo che io, un settantino, penso che alla mia età sia giusto fare un passo indietro, però rosico al pensiero che si faccia avanti un giovane imbecille. E la vecchietta si è illuminata. “Vorrei chiedere a Renzi e a lei: mettiamo che devi farti un’operazione delicata al cuore, cosa preferisci, una equipe di medici anziani, bravi e pieni di esperienza, oppure una squadra di chirurghi giovani, entusiasti, determinati, che un intervento al cuore l’abbiano visto solo in televisione?” Le ho risposto, pur con il mio scarso attaccamento alla vita, ciò che potete immaginare. Non so quale sia la risposta di Renzi…
IN MORTE DI RESNAIS. UNA TARDIVA CONFESSIONE
E’ morto, a 91 anni, Alain Resnais, uno dei maestri della “nouvelle vague”. Ho letto, con la consueta ammirazione, l’articolo rievocativo firmato su “La Repubblica”, dalla più bella e brava critica cinematografica, Irene Bignardi. E ho deciso di farvi una dolorosa confessione. A Genova, a fine anni cinquanta, frequentavo il liceo Andrea Doria: eravamo un gruppo di ragazzi ubriachi di cinema, le nostre discussioni a volte duravano fino all’alba, in una birreria di piazza De Ferrari. Quando uscì, nel 1959, “Hiroshima mon amour”, eravamo entusiasti e ci riempivamo la bocca di ingenue sciocchezze. Un pregiudiziale entusiasmo, privo di radici e di contenuti. Oggi, per onorare a modo mio la figura del maestro, voglio confessare che del film non avevamo capito nulla. Parlavamo per frasi fatte, per sentito dire, per mostrarci competenti. Due anni dopo, quando uscì “L’anno scorso a Marienbad”, ci concedemmo – povero Resnais – il bis. Per giustificazione, rimettendomi all’indulgenza di Irene Bignardi e della corte, posso invocare un’attenuante: della nouvelle vague, Resnais era il regista più sottile, il più raffinato e, consentitemi, il più indecifrabile – almeno per adolescenti della nostra età. E i miei preferiti restano Truffaut e Malle. Però, concludo questa mortificante confessione con un’autentica sciocchezza da vecchio coglione: quei ragazzi del liceo Doria avevano (anche senza aver capito granchè) fame di cultura, di cinema, di dibattito, di confronti. Oggi, non mi sembra che i sedicenni abbiano quella stessa passione, verso il cinema, o altro. Forse mi sbaglio, ditemi dove sbaglio. Smentitemi, vi prego. Non per castigo, ma per piacere, voglio rivedere “Hiroshima”, “Marienbad” e l’ultimo di Resnais (mi dicono, stupefacente), “Aimer, boire et chanter”.
MARINELLA, LA SEGRETARIA CHE TUTTI VORREBBERO
Incredibile ma vero, Maria Latella (sempre informatissima), dà notizia sul Messaggero che Marinella Brambilla, la storica segretaria di Silvio Berlusconi, è stata licenziata. Non riesco a crederci. Tutto il mondo (non solo politico, economico, editoriale…mezzo mondo davvero) ha avuto modo di conoscere Marinella, la perfetta assistente del Cavaliere, e di apprezzarne la qualità, l’efficienza, la rapidità, l’educazione, la devozione al suo capo. Non voglio esprimere giudizi. Posso dire che ho conosciuto Marinella quando era una ragazzetta e da allora ho sempre apprezzato la sua laboriosità e la sua personalità tenace di stile lombardo (a cinquant’anni ha voluto diventare madre!). Mi dispiace che sia trattata così, e ha fatto bene Maria Latella a esprimere l’ansietà dei fedelissimi di Berlusconi. dopo Galliani, dopo il maggiordomo, dopo Marinella, chi sarà il prossimo ghigliottinato? Non oso fare nomi…
03-03-2014
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