OGGI VI DICO CHE… NON SI E’ MAI TROPPO VECCHI.

“Gli anti-Roth. Non si è mai troppo vecchi per scrivere. Smettere? Perché dovremmo? Non siamo gente da pensione: da Walcott a Salter,  da Ferlinghetti a Camilleri e Trevor quelli che non mollano si raccontano a Repubblica”. (Un articolo di Antonello Guerrera, La Repubblica, 27 marzo 2014).

ATTUALIZZANDO… NEL MIO PICCOLO, SONO FELICE.

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Questo interessante reportage nasce dalla dichiarazione di Philip Roth, che a ottant’anni ha rinunciato a “battagliare con la scrittura”, dando la preferenza al nuoto e al ricevimento di ospiti nel week end. Molti ottantenni e anche novantenni replicano dicendo che, per scrivere, non si è mai troppo vecchi. Nel mio piccolo, consentitemi di esultare. Non sono uno scrittore all’altezza di quei nomi altisonanti, però togliermi il piacere di scrivere, per ragioni di vecchiaia, è un pensiero che mi metterebbe ulteriore malinconia nel cuore. Grazie dunque a Camilleri, 88 anni, e a Ferlinghetti, 96, e a tanti altri, per le loro repliche all’annuncio di addio, un po’ vanitoso, da parte di Roth. Dice bene Ferlinghetti: “Perché continuo a scrivere? E allora perché non mi chiedete per quale motivo continuo a respirare?”. Se poi capirò di aver esaurito ogni voglia e una pur minima capacità di critica, smetterò di scrivere anche queste pretenziose note, “alle cinque della sera”. E’ l’ultimo rifugio sarà la lettura. Oppure dovremo dire addio anche a questo tipo di godimento intellettuale?

CARIGE, DOLOROSO ADDIO AD ANDREA D’ANGELO E GUIDO ALPA.

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Sulla Carige continuano, anzi sono incessanti, i mormorii: sulle aspirazioni (morbide, mi dicono fonti autorevoli) di Malacalza, sulle strategie di Bonomi, sul pressing di altri piccoli e robusti finanzieri. Oggi mi limito a una malinconica osservazione: alcuni giorni fa diedero le dimissioni – dai loro ruoli in Fondazione e Banca – il professor Andrea D’Angelo e il professor Guido Alpa, due eminenti giuristi. Campioni di bravura, efficienza, integrità… Una conferma secca di una desolante realtà italiana: la meritocrazia conta poco o niente, i migliori non solo se ne vanno all’estero, ma quelli rimasti in Italia si tengono ben lontani dalla politica, dall’amministrazione, dalla burocrazia e comunque da qualsiasi riferimento istituzionale, vicino al Palazzo e ai suoi frequentatori. Preferiscono uscire di scena, come nel caso di Alpa e D’Angelo, con discrezione, facendosi da parte, pur di non condividere compromessi e scelte sbagliate. E al loro posto chissà chi subentrerà. Vale la pena di ricordare il nodo cruciale di Carige: per ripianare il deficit, la Fondazione dovrebbe procedere a una forte rivalutazione finanziaria; e questo, a me pare una mossa obbligatoria, porterebbe la Fondazione a una riduzione drastica del suo predominio in azioni. Una prospettiva che ai vecchi vertici (Flavio Repetto) e purtroppo anche a quelli nuovi non sorride affatto.

LA DINASTIA BERLUSCONI, AGGIORNAMENTI.

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Pier Silvio Berlusconi, da anni leader di Mediaset, esce allo scoperto e dice: “Entrare in politica? Perché no?”. Gli fa eco il padre, Silvio: “Barbara in politica andrebbe bene, è stronza come me, anzi come sua mamma…”. E la mamma è Veronica Lario, separata, in attesa di divorzio. Ogni giorno una puntata nuova, in una saga che non ha nulla da invidiare a quelle dei reali d’Inghilterra e a quella, ultimamente un po’ dimessa, del Principato di Monaco.

IRENE PIVETTI: “ECCO PERCHE’ FUI ELETTA ALLA CAMERA…”

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Nel 1994, a soli 31 anni, Irene Pivetti fu nominata Presidente della Camera. Festeggia la sua elezione con una divertente intervistina a Repubblica. In modestia, dice di essere stata nominata per terza scelta. Il primo candidato era Speroni, ma Berlusconi si oppose: “Non possiamo eleggere quello che va in giro con giacche tutte colorate”. Poi, c’era Maroni – che preferì optare per il ministero degli Interni. E allora toccò a lei… Ricevette una telefonata da Bossi che le disse: “Vai a presiedere la Camera”.

Sono sempre stato un fan di Irene, che invitavo a Tele Lombardia, prima che diventasse celebre. Mi è sempre piaciuta la sua disarmante sincerità, un particolare fascino femminile fondato sul candore. “Quando ricevetti la telefonata di Bossi, stavo guidando in piazza Castello a Milano: per poco non andavo a sbattere”. Non ha nostalgia del potere (a cui arrivò, a mio parere, troppo presto), non ha più visto Bossi, ha una società che promuove il made in Italy in Cina, apprezza Renzi con cautela.

LA NUOVA REPUBBLICA NON E’ PER MIOPI.

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Oggi ha debuttato la nuova Repubblica, ristrutturata graficamente. La cifra generale è elegante, raffinata. Discutibile la scelta di proporre molte pagine incentrate su un solo argomento. Ma il vero problema, ahi ahi, e invoco Ezio Mauro di correre ai ripari al più presto, è l’utilizzazione di caratteri e corpi pressoché illeggibili. Con la prepotente affermazione del web, è prevedibile che i giornali di carta stampata diventino sempre più fogli di opinione: le notizie ormai sono anticipate e si trovano dovunque. La lettura del giornale stampato dovrebbe essere, quindi, facilitata per un pubblico probabilmente adulto, maturo, riflessivo. E se uno fa fatica a leggere, è obbligato a cambiare giornale. Esattamente come succedeva e ancora succede in televisione: si cambia canale, quando la trasmissione è visivamente difettosa o disturbata.

 

 

27.03.14

 

cesare@lamescolanza.com