“Le alluvioni di domani le stiamo preparando oggi. Mentre proclamiamo lutti nazionali e stringiamo le mani ai parenti delle vittime, sei milioni di italiani vivono in zone ad alto rischio. Ma intanto si continua a cementificare. Ecco la storia esemplare della Liguria…” (Ferruccio Sansa, “Il Foglio Quotidiano del lunedì”, 2 dicembre 2013)
ATTUALIZZANDO… PICCOLI TIFOSI CRESCONO. L’ITALIA E’ QUESTA?
Scrive Stefano Agresti in prima pagina sul “Corriere dello Sport”: “…la domenica dei bambini in curva al posto degli ultrà che fanno i cori razzisti, solo che i ragazzini – portati a popolare le curve di Torino con una iniziativa certamente lodevole – insultano per tutta la partita il portiere dell’Udinese. Piccoli tifosi crescono. Male.” Aggiungo: malissimo. E mi chiedo: l’Italia dunque è questa? Forse commettiamo l’errore di dividere gli italiani tra buoni e cattivi, o tra quelli che potrebbero e dovrebbero fare cose buone, e quelli che pervicacemente fanno cose disprezzabili? O forse dimentichiamo gli intrugli, le mescolanze, la mancanza di confini tra Italia per bene e Italia per male? Forse la decadenza – questa sì, indiscutibile – del nostro Paese nasce da un virus pestilenziale, invisibile e distruttivo, che ormai ha contagiato quasi tutto e tutti? Ha ragione Sansa: le catastrofi di oggi nascono da errori e da avidità dissennate di ieri; e le catastrofi di domani sono innescate da errori, avidità e ipocrisie di oggi: mentre da una parte si grida all’orrore e si compiangono retoricamente le vittime, contemporaneamente (contemporaneamente!) si preparano altre scelleratezze. E la metafora delle gradinate di Juventus-Udinese è anch’essa eloquente: si scacciano gli ultrà, colpevoli di cori razzisti e violenti; si dà spazio ai bambini, dodicimila bambini, considerati come creature innocenti… La coreografia è straordinaria, ma i bambini urlano qualsiasi tipo di insulto al portiere e ai giocatori avversari, dunque “nemici”. Molti saranno gli ultrà di domani, o peggio ancora. Mi piacerebbe sapere se qualcuno – al momento di radunarli allo stadio – abbia detto a quelle migliaia di bambini di tenere un atteggiamento educato. O, poiché al peggio non c’è mai limite, se qualche appassionato funzionario non li abbia
incoraggiati a inveire contro la squadra avversaria.
CORRIERE DELLA SERA. LA SITUAZIONE. QUALE SANTO SALVERA’ VIA SOLFERINO 28?
Sono stato a Milano un paio di giorni e ho raccolto qualche informazione. La vicenda è nota, e riassumo per chiarezza, aggiornando i miei appunti. 1. Il cda del Corriere della Sera ha venduto il complesso di via Solferino e di via San Marco a una finanziaria, che presto se ne disferà – presumibilmente – vendendola a sua volta a chissà chi. 2. L’operazione è decisa e compiuta, nonostante la gagliarda opposizione dei sindacati e quella, prestigiosa, del direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli (qualche mese fa, disse a me esplicitamente: “Finché sarò in carica, da qui non me ne andrò mai”!). 3. Per stoppare la clamorosa cessione, sembra che ci sia una sola possibilità: le Belle arti, o il Comune o la Provincia (o tutte e tre insieme) potrebbero esercitare un’opzione di priorità, mettendo sul tavolo 120 milioni, di cui 30 immediatamente. Ipotesi irrealistica sia perché i milioni mancano, sia perché manca la volontà politica (il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia aveva inizialmente, e debolmente, manifestato una certa solidarietà ai sindacati del Corriere.) 4. RCS si è assicurata l’affitto di via Solferino per nove anni, ma sembra che con i soliti cavilli questo termine, peraltro imminente, possa essere aggirato, con decadenza immediata dell’affitto. In ogni caso, nessuna salvaguardia per la parte del complesso che riguarda via San Marco. 5. La cessione è diffusamente considerata inevitabile, per motivi finanziari e cioè per l’indebitamento raggiunto dall’editrice, negli ambienti di banche e di analisti che ho potuto consultare. 6. Tuttavia i giornalisti del Corriere sono giustamente irritati e avvelenati (e qui esprimo ancora una volta la mia solidarietà) perché le sventure dei bilanci hanno una origine precisa: l’avventuroso acquisto, per una cifra spropositata, di un’altra casa editrice in Spagna. Il Corriere, di per sè, non ha bilanci preoccupanti. 7. Da notare che all’interno di cda e azionisti l’unico dissenso fermo è stato espresso dagli eredi Rotelli e un flebile “distinguo” è arrivato da Giovanni Bazoli, il quale – proprio con una letterina al Corriere – ha scritto di aver pensato che la dismissione riguardasse solo San Marco, e non anche Solferino.
BATTAGLIA PERDUTA? FORSE NO. FERRUCCIO, EDITORIALISTI, VOLETE DARE UNA MANO?
Una via di uscita forse si potrebbe ancora trovare, se questo Paese avesse capacità di reagire. Vedi sopra: mentre si piangono le tragedie di oggi, impunemente si preparano quelle di domani! Potremmo, per una volta, cambiare tendenza e mostrare una spina dorsale diversa? Il sindacato ha fatto e fa ciò che può. Le voci di sostegno sono scarse e deboli. Si dice che il direttore del Corriere abbia rinnovato il suo contratto per due anni, forse per tre. Da un po’ di tempo la sua voce non si sente. Ferruccio, vuoi tornare a dire parole ferme e chiare, pubblicamente, come peraltro hai fatto davanti al cda? E ai tuoi illustri editorialisti. Salvo il coraggioso Dario Di Vico, nessuno ha affrontato l’argomento, nessuno ha scritto quattro parole. Perché? Quasi ogni giorno, mi diverto a prendere in giro gli editorialisti del Corriere, i quali – non tutti, ma quasi tutti – pubblicano alluvionali articoli di fondo, che non si chiudono in prima pagina, ma sfociano senza ritegno nelle pagine interne. Ebbene? Nessuno di voi, maestri della penna ma traditi dalla prostata per le pisciate, come si dice in gergo, che quasi quotidianamente ci appioppate, nessuno di voi – domando e dico, alla Totò – sente l’obbligo di scrivere dieci parole in croce per difendere la storia del Corrierone? Queste: il Corriere non deve essere cacciato da via Solferino! Nove parole, neanche dieci, con un punto esclamativo se volete… Forza Panebianco, forza Della Loggia, Mieli, Sartori, Romano, Severgnini, Polito, e via dicendo, non escludendo scrittori, opinionisti, eccetera! Nove parole per noi posson bastare… (musica sottofondo di Lucio Battisti).
JOVANE, TAGLIATESTE MA PAPA’ ESEMPLARE
Pietro Scott Jovane è l’amministratore delegato di Rcs, quello che firma i tagli di testate e giornalisti (con la morte – sinceramente – nel cuore, così mi dicono) e adesso firma la storica cacciata del Corriere da via Solferino. Per amore di oggettività, debbo dire che non conosco il manager – di cui tutti dicono un gran bene – e non posso valutarlo, ma ho appreso di lui – nei giretti milanese, da ex cronista più che da ex direttore – tratti umani
coinvolgenti. Intanto, è un generoso – al di là delle origini, in parte scozzese. Ma poi e soprattutto ha un’abitudine sconosciuta, come padre. verso i propri due figli poco più o poco meno che decenni. Ogni giorno scrive loro una mail, qualche volta con dei video, in cui racconta ciò che ha fatto e che vuol fare, dando conto di tutto. Un diario straordinario – per ora non recapitato ai due ragazzi – che permetterà a suoi figli di conoscere il loro papà per ogni aspetto, quando saranno maturi. Dopo questa stupefacente scoperta, due domande. La prima: perchè Ferruccio de Bortoli – uscendo dalla sua cardinalizia freddezza – e Pietro Scott Jovane – scendendo dalla sua manageriale distanza – non si comportano come padri di famiglia, in questa drammatica e umana vertenza, e non si rivolgono ai giornalisti del Corriere con una lettera o un incontro pubblico, in cui non solo spieghino le loro posizioni, ma anche si chiedano se sia possibile evitare questa pagina nera dell’editoria italiana? Seconda domanda: ho sentito che i rapporti De Bortoli/Jovane non siano i più teneri, oggi. Perché non la scrive Jovane, questa lettera, indirizzandola anche a De Bortoli (è vero o no che il suo contratto è stato rinnovato? Chiedo en passant), nei modi più umani e sensibili, senza affidare i segreti ai suoi figli per l’anno che verrà?
02-12-2013
cesare@lamescolanza.com