“Tutti abbiamo un paio di ali, ma solo chi sogna impara a volare” (Jim Morrison).
ATTUALIZZANDO…
Io non sono sicuro che tutti abbiamo un paio di ali. Forse, per lo più, una sola; e l’altra è spezzata. Spesso mi esprimevo con una citazione (al momento non ricordo di chi e non voglio cercarla), quando incontravo – raramente – una ragazza che mi ispirasse un approccio poetico: “Tutti e due abbiamo un’ala e l’altra è spezzata, se ci abbracciamo e abbiamo fiducia l’uno nell’altra, è possibile che riusciremo a volare…” Jim mi aiuta a precisare: è la condivisione di un sogno che aiuta a volare… E’ un sogno “nostro” che ci aiuta ad andare verso l’alto. “I have a dream”…
ELOGIO DI MARISELA
Una mia amica, Marisela Federici, è stata ferocemente attaccata dai mass media e dai tanti censori che spuntano dovunque, nella nostra società ipocrita e servile, tutti pronti a processi sommari tipo western e a emettere sentenze e giudizi non richiesti. Da come sono state proposte le cose, Marisela sembrerebbe indifendibile: in una trasmissione tivù, intervistata, non ha mostrato comprensione per chi suicida e ha fatto l’elogio, in apparenza superficiale, di una certa qualità di vita. E’ caduta in una trappola: era convinta, afferma, di dover dare le sue opinioni sul tema della qualità e dello stile della vita; invece le sue battute sono state inserite in un confronto tra i privilegi dei ricchi e i sacrifici dei poveri. Non so se sia esatto, non ho visto la trasmissione, sono stato colpito (impressionato) dalle lame taglienti che hanno massacrato, dialetticamente, la mia cara amica. E desidero portare un mio lieve contributo a sua difesa.
Marisela non è la “regina dei salotti” romani, com’è stata descritta innumerevoli volte per tanti anni; e men che meno è l’orribile riccastra descritta, giudicata e giustiziata da tanti opinionisti professionisti, privi sempre di dubbi nelle loro pregiudiziali e banali analisi (mai una perplessità su se stessi). Ebbene, Marisela è tutt’altro. E’, per prima cosa, una donna assolutamente libera di mente. E ha il coraggio di esprimere le proprie idee senza paura di niente e di nessuno, e – purtroppo, forse – senza ascoltare i consigli prudenti di chi le vuole bene. E’ una signora colta, ironica e autoironica. Ama ciò che è bello, che si tratti di un fiore o di un quadro, di una poesia o di una musica; e apprezza e incoraggia ciò che è positivo e creativo, ciò che può giovare agli altri, ama e sostiene l’ingegno e il talento. Il suo fascino è quello di essere “diversa”, in tutto: nell’andare controcorrente, nel non avere soggezione verso il potere, ovvero verso certi meschini potenti. Non ha neanche nascosto, offesa e annoiata dai tanti sciocchi pettegolezzi, la sua diversità negli affetti e nei rapporti sentimentali. Certo, non mi identifico in alcune sue abitudini, come quella di abbigliarsi di tutto punto, in qualsiasi occasione: quando m’invita (e sono sicuro di trascorrere con lei e i suoi invitati un paio di ore prive di noia e ricche di arguzie), mi presento nella sua casa vestito come sono abituato, jeans, sandali, una camiciola, la barba incolta. E’ anche una provocazione, ma ben conosco la tolleranza assoluta di Marisela. E perciò mi sono indignato di fronte al ritratto che è stato offerto alle moltitudini dei telespettatori. Lei è impulsiva, e non è un difetto perchè emozioni e sentimenti che le escono di bocca sono innocenti e sensati; può sembrare un’aristocratica leziosa dell’Ottocento, invece è una persona semplice, diretta. Sognare, avere fiducia che si possa fare sempre meglio, essere attenta all’importanza dei particolari: è intrisa di queste convinzioni.
Come concludere il mio elogio? Una, dieci, cento Marisele! Se ci fossero, ci allieterebbero la vita. Ma non è possibile. La mia amica, nella sua umanità, non è un esemplare raro: è unica.
UN SOGNO A BORGO PIO, COME DIVENTARE AUTISTA DEL PAPA
Renzo Cestiè è un romano “de Roma”, di Borgo Pio. La sua storia me l’ha accennata brevemente un comune amico Giorgio Chessari, un manager di televisione e cinema (è romanista e io l’ho paragonato a De Rossi, cioè uno di classe superiore che sa fare tutto: salva dal gol la sua squadra sulla linea di porta, corre a impostare e a interdire, tira fucilate e svetta di testa e fa anche gol; ed è pieno di passione, la squadra di De Rossi più che la Roma è la Nazionale!).
Ecco, dunque, come Cestiè è diventato l’autista di Francesco. Quando si aprì il conclave, Renzo ebbe l’ordine dal Vaticano di andare a prendere all’aeroporto il cardinal Bergoglio, che arrivava dall’Argentina. Per prima cosa, come succede nei film e nei romanzi, Cestiè arrivò con un bel quarto d’ora di ritardo: si profuse in scuse (“una gomma bucata”, non so se sia vero), ma Bergoglio gli battè una pacca sulle spalle e gli disse: “Non importa, andiamo a prenderci un buon caffè”. E l’ex ragazzo di Borgo Pio, ritrovando la prontezza del suo quartiere: “Eminenza, però non qui all’aeroporto. La porto io a Fiumicino, so io dove fanno un ottimo caffè.” E così fu.
Poi, dopo qualche settimana, Cestiè vede alla televisione il neo pontefice e grida ad amici e familiari: “Ma quello è er cardinale che avevo preso io all’aeroporto.” E qualche giorno dopo, dal Vaticano, un’altra telefonata. A Cestiè dicono che papa Francesco lo ha scelto come suo autista personale. (Chi lo vuole, lo intervisti per saperne di più: senza dimenticare Chessari…).
09 – 09 – 2013
cesare@lamescolanza.com